giovedì 8 aprile 2010

Dalle sillabe alle sibille...


di Nuccio Benanti
In Elsa Guggino coesistono almeno due aspirazioni. Quella che fa capo ad un progetto scientifico di ricerca sul campo, portato ininterrottamente in Sicilia (e in parte anche in Calabria), a partire dagli anni Sessanta, sulla scia della scuola che ha come capostipite Giuseppe Pitrè, alla quale dichiara di appartenere.

E l’altra di tipo affettivo-esistenziale, che fa da sfondo ad una riflessione più esplicitamente estetica e morale. Nel libro Il corpo è fatto di sillabe (Sellerio, 1993) scrive infatti: «Man mano che prendeva corpo l’idea generale del libro e poi durante la sua stesura, soprattutto nei primi tempi avevo preso l’abitudine di annotare qualche pensiero vagante, sia che riguardasse i miei disagi a fronte e ai margini del lavoro progettato, sia che entrasse nel merito di argomenti che prendevo in esame».
Come il “corpo” citato nel titolo, anche il libro sembra fatto di sillabe, scomponibile in unità foniche minime dotate di un proprio significato. Sono le frasi appuntate nel suo quaderno: quelle degli autori citati, le parole delle persone incontrate, i suoi commenti, le riflessioni personali. Sono soprattutto i dubbi che assillano l’antropologa di fronte all’oggetto di studio (le persone incontrate): lei spesso è costretta a discolparsi di fronte a certe “forzature” dichiarando di «operare in nome della scienza. E qui: ma scienza per chi?». Il mondo della scrittura di Elsa Guggino trova, dunque, i suoi motivi nelle esperienze, nei sentimenti, nei dubbi che da sempre accompagnano l’uomo (in questo caso la donna di scienza e di lettere). E il suo è un disagio provato di fronte a chi pretende di capire, ordinare, classificare l’universo con le proprie categorie di pensiero. (continua)

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