lunedì 31 marzo 2014

Missioni parrocchiali a Marineo, tema: "Chiesa - Famiglia di famiglie"


di Nino Di Sclafani
Lunedì 31 marzo si conclude l'esperienza delle Missioni parrocchiali.
Per quattro lunedì successivi nei quindici cenacoli allestiti nei vari quartieri i rappresentanti di associazioni, movimenti e confraternite hanno animato con canti, preghiere e catechesi, gli incontri con i numerosi marinesi che hanno risposto all'invito. L’ultimo incontro ha per titolo: "Chiesa - Famiglia di famiglie". Si tratta di una riflessione che si inquadra nell'ambito più generale a cui si è ispirata l'intera iniziativa delle Missioni. Come detto al centro dell'azione di evangelizzazione proposta dalla Parrocchia c'è la famiglia. Così come la famiglia rappresenta la piccola chiesa domestica, luogo di preghiera, convivialità ed iniziazione cristiana, l'insieme di tutte le famiglie costituisce la comunità ecclesiale, quel popolo di Dio che, posto alla sequela di Cristo, ha l'onere di proclamare con le parole e con la testimonianza il lieto annuncio del Vangelo. Questo stimolo consentirà anche di fare una verifica sulla disponibilità ad accogliere il compito dell'evangelizzazione come comunità ecclesiale, nell'unità e nella concordia, senza personalismi o rivalità, che non possono essere espressione di quella fraternità a cui siamo chiamati. Vi attendiamo numerosi.

sabato 29 marzo 2014

Lavori di ristrutturazione del plesso Calderone, Ribaudo sollecita il Miur


di Piazza Marineo
Il Miur sta esaminando la rimodulazione del progetto al fine di sbloccare l’iter dei lavori di messa in sicurezza ed efficientamento energetico del plesso scolastico "Don G. Calderone" di Marineo, già finanziati con un importo di 350 mila euro nel 2010.
A dare la notizia è il deputato nazionale del Pd Francesco Ribaudo. “Sollecitato il mio intervento da un gruppo di maestre di Marineo, che chiedevano come mai i lavori di sistemazione dei locali scolastici di via Agrigento ancora non partissero – spiega l’onorevole Ribaudo –, ho scoperto che la procedura di gara per il progetto esecutivo era rimasta ferma per cinque mesi in attesa di un visto dell’ufficio tecnico del Miur. La richiesta era stata regolarmente presentata dall’Istituto comprensivo di Marineo alla Regione nel mese di novembre, ma da allora se ne erano perse le tracce, senza che nessun amministratore locale si premurasse di seguire la pratica. Dopo la segnalazione delle maestre, le proteste di qualche genitore e i chiarimenti avuti con la dirigente scolastica, sono intervenuto presso il Miur che mi ha assicurato l'esame dell'istanza già nei prossimi giorni, evitando alla scuola di Marineo la perdita di questo importante finanziamento che rientra nel programma straordinario di azioni finalizzate alla messa in sicurezza delle scuole siciliane previsto dai Fondi Fas”.

venerdì 28 marzo 2014

I denti del giudizio universale, mostra di Daniele Greco e Nino Greco


di Piazza Marineo
Sarà inaugurata presso la Gadam di San Marco d'Alunzio (ME), domenica 6 aprile alle ore 17.30, la mostra personale “I denti del giudizio universale” di Daniele Greco e Nino Greco.
La Gadam (Galleria d'Arte Antonino Meli) ha scelto di ospitare i due giovani di Marineo che si sono fatti notare nel panorama artistico siciliano e internazionale per la loro originalità, per la sagacia e per l’irriverenza delle loro opere, esposte anche a New York. “L’allegoria da cui nasce il titolo della mostra ‘I denti del giudizio universale’ – raccontano Daniele Greco e Nino Greco – è un modo per non far dimenticare che per ogni azione vale il principio di causa-effetto e che quindi qualsiasi nostra manovra storta prima o poi ci si ritorcerà contro anche nel modo più strano e inaspettato”. Il linguaggio artistico utilizzato dei due artisti infatti si allontana dall’arte tradizionale, avvicinandosi di più ai colori e alle fantasmagorie della street art, per mostrare, con velata ironia, i non-sense della nostra società: “La mostra nasce con l’intento di evidenziare una serie di tumori sociali che stanno paralizzando il nostro modo di vedere e interpretare una serie di fenomeni che nel loro assoluto squilibrio vengono visti e accettati come episodi ‘normali’. Il percorso parte da una serie di lavori che, con una cifra stilistica molto sarcastica, mettono a nudo realtà inquietanti come quelle degli allevanti intensivi, quindi del maltrattamento degli animali, o di vere e proprie epidemie mediatiche che si diffondono con una velocità allarmante”. Le loro opere sono caratterizzate da una profonda nitidezza, ottenuta attraverso colori monocromatici brillanti e vivaci, che abbagliano e stupiscono l’osservatore, però è proprio dietro questa apparenza di divertimento e spensieratezza che si nasconde il disagio e l’inquietudine delle nuove generazioni. Sarà possibile visitare la mostra d’arte tutti i giorni a partire dal 6 aprile fino al 4 maggio dalle 9 alle 13 e dalle 15.30 alle 19.

giovedì 27 marzo 2014

La Società PVR chiarisce la propria posizione sui progetti Cimitero


di Società P.V.R. Costruzioni s.r.l.
L’azienda PVR Costruzioni s.r.l. di Marineo chiarisce la sua posizione nei confronti del Comune di Marineo in risposta alle invettive subite dai concittadini marinesi su alcuni blog. 
La PVR Costruzioni s.r.l. ha di recente proposto al Comune di Marineo la realizzazione di due interventi in project financing, entrambi riguardanti il settore cimiteriale di Marineo, con l’obbiettivo di risolvere le difficoltà che si sono di recente manifestate. La prima finanza di progetto, presentata lo scorso 19 giugno, propone la costruzione e la gestione di nuovi colombari in vetroresina da realizzarsi presso l’attuale Cimitero Civico del Comune di Marineo. La seconda finanza di progetto, invece, presentata lo scorso 25 luglio, propone la costruzione di un nuovo cimitero comunale. Per quanto riguarda il primo progetto di finanza, la proposta prevede la realizzazione di nuovi loculi nell’attuale cimitero la proposta della PVR garantisce la realizzazione di 127 nuovi posti. Considerato che il fabbisogno Comunale è pari a n°65 posti / anno, la realizzazione di tale progetto garantirebbe al Comune per circa 2 anni le sepolture necessarie. La strategia di esecuzione dei lavori proposta nel progetto è quella di garantire sempre e comunque al Comune di disporre di almeno 6 loculi pronti per il loro utilizzo, ovviamente fino a quando non si saranno realizzati tutti i 127 loculi previsti. “Secondo quanto fissato nella convenzione proposta - spiega Paolo Costa, socio PVR - il Comune di Marineo non dovrà mai pagare anticipatamente per la realizzazione di alcun loculo se non dopo averli venduti, e pertanto è facile intuire che si realizzerebbero, secondo progetto, 127 loculi a costo zero per il Comune, che appunto li pagherebbe solo dopo averli venduti, utilizzando gli stessi introiti degli utenti finali. In riferimento all’iter procedurale della proposta, purtroppo, è doveroso segnalare come dal giorno in cui questa è stata protocollata sono passati circa 9 mesi, e la nostra azienda ad oggi non ha mai ricevuto alcuna comunicazione in merito a questo progetto. Mi preme anche segnalare al riguardo, che nel consiglio comunale dello scorso dicembre, e quindi dopo 6 mesi dalla presentazione del progetto, è stata formulata dall’amministrazione comunale una proposta di richiesta di finanziamento, da effettuarsi tramite mutuo, per la realizzazione di solo una parte del totale dei loculi previsti nel nostro progetto. La proposta, ovviamente, ci ha lasciati alquanto perplessi, e da cittadini ci siamo domandati come si potesse preferire un ulteriore indebitamento da parte del Comune, che in qualche modo avrebbe dovuto restituire le somme richieste con il mutuo, anziché agevolare un progetto più consistente e a costo zero per le casse comunali.” Per quanto concerne invece il secondo progetto di finanza, la proposta prevede la realizzazione e la gestione di un nuovo cimitero di Marineo, ubicato lungo la strada di collegamento con i Bagni di Cefalà Diana, nel rispetto di tutti i requisiti e gli standard di legge, con l’obiettivo di soddisfare il fabbisogno comunale per i prossimi 50 anni. “Sono passati ormai 8 mesi circa dalla data di presentazione di questo progetto - continua Paolo Costa - e per quanto concerne l’iter procedurale della proposta ci siamo imbattuti in un percorso contorto che ci ha scoraggiato come accadrebbe nel caso di qualunque imprenditore onesto che si rapporti con certi labirinti della burocrazia. Infatti, dopo avere ricevuto lo scorso 31 luglio da parte del Comune di Marineo una missiva che comunicava l’attivazione della procedura amministrativa, nominando il responsabile unico del procedimento l’architetto Giuseppe Sciortino, successivamente tramite “voci di popolo” siamo venuti a conoscenza del fatto che il Comune di Marineo aveva autorizzato la convocazione di un’assemblea cittadina inerente il nostro progetto, senza convocare però la stessa azienda proponente e quindi negando di fatto la possibilità agli stessi cittadini di esprimere eventuali perplessità alla PVR e a quest’ultima di chiarire qualsiasi dubbio in quella sede. Riteniamo molto grave tale mancanza da parte del Comune di Marineo perché ha determinato uno scollamento tra i cittadini di Marineo e una storica realtà imprenditoriale del territorio, provocando la disinformazione in merito alle scelte progettuali dell’azienda stessa. Nel frattempo sono decorsi i 3 mesi entro i quali, secondo quanto previsto dall’153 comma 19 del d.lgs 163/2006, l’amministrazione comunale avrebbe dovuto pronunciarsi sulla sussistenza del pubblico interesse della proposta presentata, senza la quale l’iter non può andare avanti. Dopo oltre 5 mesi, e quindi abbondantemente dopo la scadenza dei termini per legge, con una lettera del 30-12-2013, ho sollecitato tale valutazione ai sensi del sopra citato art.153 comma 19 della Legge. Abbiamo più volte sollecitato il sindaco per mandare avanti le procedure burocratiche per le due proposte presentate, non avendo mai più avuto alcuna notizia della prima, mentre per la seconda attendiamo ancora la valutazione a norma sempre del famoso art.153 comma 19 della Legge. Il Primo Cittadino di Marineo per tutta risposta, pur potendo usufruire dell’offerta di PVR, ha ordinato sia l’acquisizione temporanea di sepolture di privati cittadini per far fronte ad emergenza pubblica, sia la famosa proposta del mutuo per la realizzazione di solo una parte dei loculi cimiteriali del primo progetto. E’ incredibile come si provi di tutto tranne che prendere in esame il nostro progetto! Infine, sempre nella lettera del 13-02-2014, manifestiamo la nostra disponibilità a fare un incontro, entro 10 giorni, nella casa comunale, alla presenza del Segretario Comunale, affinché vengano chiarite le ragioni di una condotta a nostro parere ostruzionistica portata avanti dall’amministrazione nei confronti della nostra società. Non avendo ottenuto nessuna comunicazione, e dopo aver provato con tutte le nostre forze a cercare di capire il perchè di questo atteggiamento, il 14-03-2013, dopo un mese e senza avere mai ricevuto riscontro in merito alla nostra richiesta, abbiamo inviato un’ ulteriore lettera che, oltre ad annullare la volontà di un incontro bonario, chiede a norma di legge l’accesso a tutti gli atti comunali inerenti le nostre due iniziative, per iniziare a predisporre, qualora continui questo insignificante e inaccettabile comportamento da parte dell’amministrazione, gli opportuni atti a tutela degli interessi della P.V.R. Costruzioni srl.”

mercoledì 26 marzo 2014

Il premio di poesia Città di Marineo compie 40 anni. Bando 2014


di Piazza Marineo
È stato pubblicato il bando della quarantesima edizione del Premio Marineo, curato dalle Fondazioni Culturali “Gioacchino Arnone”. 
In questi primi 40 anni la rassegna si è già conquistata una prestigiosa collocazione nell’ambito letterario internazionale, con la testimonianza dei premiati che annualmente sono stati i veri protagonisti della rassegna, contribuendo così a qualificare ulteriormente il piccolo centro marinese, luogo ricco di storia e tradizioni. Il Premio si articola in quattro sezioni: poesia in lingua italiana edita, poesia in lingua siciliana inedita, poesia in lingua siciliana edita e sezione speciale internazionale. Tutti i concorrenti dovranno trasmettere le opere entro il 30 aprile 2014 alla segreteria del premio: presso Fondazioni Culturali “G. Arnone”- Piazza della Repubblica 20 – 90035 Marineo – tel. 091/8726931- E mail : info@fondazionearnone.it, www.fondazionearnone.it.
Leggi il bando 2014.

martedì 25 marzo 2014

Broadway: Per Francesco Carbone, contro la frammentazione dei saperi


di Piazza Marineo
Si presenta alla libreria Broadway in via Rosolino Pilo, a Palermo, martedì 25 marzo alle ore 18, "Per Francesco Carbone, contro la frammentazione dei saperi" della collana Nuova Busambra, quaderni di natura culture e società, ISPE editore Palermo.
Il fascicolo ripercorre la vita e l'opera di Francesco Carbone (1923-1999), artista e critico d'arte, sociologo, giornalista, docente all'Accademia di Belle arti di Palermo. A lui si deve la fondazione di "Godranopoli", luogo della memoria della civiltà contadina e pinacoteca d'arte contemporanea, inaugurato nel 1983. Un gruppo di giovani e alcune associazioni stanno realizzando il progetto "Carbone intellettuale poliedrico" per far rivivere la figura e l’opera dello studioso e le sue intuizioni sull'arte, la società, la cultura. Il quaderno pubblica anche un saggio sullo scienziato positivista Gabriele Buccola commemorato da Antonino Buttitta e il discorso di Federico Garcia Lorca all'inaugurazione della biblioteca del suo paese natale, il memoriale del maestro Mimmo Tuzzolino sul 1943. Con l'intervento di Antonino Buttitta, Aldo Gerbino, Pippo Oddo e Francesco Virga.

lunedì 24 marzo 2014

Missioni parrocchiali a Marineo: "Le sfide della famiglia oggi"


di Nino Di Sclafani
Le missioni parrocchiali giungono lunedì 24 marzo al loro terzo appuntamento. Nei quindici cenacoli sarà presentata una catechesi avente per oggetto: Le sfide della famiglia oggi. 
La famiglia soggetto alla base della società e della Chiesa affronta sempre più sfide e difficoltà. Prendendo a riferimento il modello della famiglia di Nazareth si cercherà di seguirne le tappe principali riconoscendo che anch'essa si dovette misurare con grandi difficoltà e prove che non sono poi assai diverse da quelle con cui oggi si misurano le nostre famiglie. L'occasione delle missioni continua ad essere feconda per l'incontro con tante persone che, nel momento dedicato al confronto, prendono parola lanciando spunti di riflessione e testimonianze di vita vissuta che fanno molto riflettere sul grande bisogno che oggi la gente ha di relazionarsi ed aprirsi verso gli altri presentando le proprie sofferenze e i propri turbamenti. Nonostante le numerose occasioni di incontro poste in essere, quasi esclusivamente dalla parrocchia, permangono sacche di solitudine e pessimismo che richiedono una forte presa di coscienza della nostra comunità. Intercettare queste emergenze ci motiva sempre più a portare avanti l'esperienza delle missioni che, si spera, saranno seguite da una frequentazione più assidua con questi fratelli al fine di offrire loro una possibilità di ascolto e confronto. Vi attendiamo numerosi.

venerdì 21 marzo 2014

La panchina di Guastella. Dennis DeCesaris: eroe di una guerra inutile


di Ciro Guastella
La famiglia Cesario proveniva da Latina una città della Ciociaria. Vittorio aveva studiato in Italia e prestato servizio nell'Esercito. 
Subito dopo la seconda Guerra si era trasferito in America, rendendosi subito conto che il cognome italiano, che finiva con una vocale, gli impediva di accedere a molti impieghi. Era la realtà di quei tempi: prevaleva un clima politico e sociale che portava a giudicare gli uomini semplicemente dalla provenienza d'imbarco. L'America, generosa quanto mai, ha dimostrato anche i suoi lati negativi quando ha lanciato il contrasto al crimine organizzato prendendo però di mira una intera etnia (quella italiana) nella quale c'era sicuramente una percentuale di gente appartenente a quella risma. Le antipatie e le discriminazioni sono continuate nel tempo: la stampa, la televisione ed il cinema in special modo sono stati responsabili per aver affibbiato all'italiano, e al siciliano in particolar modo, un profilo cinico di uomo dedito alla violenza. Oggi le cose sono migliorate, non si c'è più quello stereotipo che c'era prima, specialmente per la seconda generazione di italiani nati e cresciuti negli States e che ora occupano posizioni di prestigio in tutti i campi: politici, giuridici, finanziari, scientifici, educativi e commerciali. Vittorio Cesario, come tanti altri, americanizzò il proprio nome, cioè cambiò legalmente i suoi dati anagrafici in modo da firmarsi Victor DeCesaris. Dennis DeCesaris era il figlio più piccolo di Victor, un ragazzo molto vivace e solido come una roccia che di statura arrivava a solo mt. 1,53. Verso la fine degli anni '60, Dennis fu invitato a presentarsi all'ufficio di leva (in quell'epoca il richiamo era obbligatorio, mentre oggi arruolarsi è facoltativo). Malgrado la statura, e considerato che la Guerra del Vietnam continuava a falciare migliaia di vite della gioventù americana, a Dennis fu ordinato di partire per il Vietnam. Fu una Guerra inutile, spietata e senza speranze di vittoria, combattuta in una giungla dove i padroni di casa avevano il vantaggio di conoscere il terreno palmo per palmo. Dennis si fece onore durante un’azione sotto il fuoco nemico e riuscì a salvare la vita di tre commilitoni feriti. Egli amava ricordare un altro episodio, quando alcuni soldati di colore gli avevano salvato la vita e riconosceva in loro il coraggio di essere vissuti in luoghi dove la sopravvivenza era una lotta cruda che li aveva preparati quindi ad ogni tipo di sfida. In America la critica contro la guerra in Vietnam intanto aveva raggiunto un alto apice negativo nell'opinione pubblica. Il Presidente Johnson decise di non ricandidarsi alle nuove elezioni e Richard Nixon venne eletto Presidente dopo aver promesso il ritiro completo delle truppe dal Vietnam. Dennis rientrò in Patria con una certa amarezza. L'America ormai odiava quella inutile Guerra e, di riflesso, anche i militari. Così non ci fu alcuna parata o celebrazione per dare il benvenuto ai soldati che ritornavano. Per oltre trent'anni ho lavorato con Dennis. Avevamo un turno di lavoro che ci faceva rientrare verso casa a mezzanotte, viaggiavamo nella metropolitana. Ricordo una sera che ad una fermata del treno venne a bordo un colosso di uomo apparentemente ubriaco con la sigaretta in bocca. Senza esitazione Dennis l'apostrofò: "Se non spegni quella sigaretta io e l'amico mio (additando me) ti rompiamo la faccia". Mentr'io rimanevo esitante, quello buttò per terra la sigaretta scusandosi. I preparativi per l'evento sono in corso, ci troveremo in un ristorante dove si celebrerà il ritiro dopo 40 anni d'impiego di Dennis. Dennis DeCesaris: orgoglioso delle sue origini italiane, medaglia al valore, attivo in tutti i campi, che ha fatto volontariato senza cercare ricompense e che mai si è arreso di fronte alle difficoltà; un uomo che ha amato la sua Patria e crede di aver lottato per difendere il suo onore, finalmente potrà godersi un meritato riposo. Congratulazioni Dennis!

giovedì 20 marzo 2014

Luoghi di Sicilia: il castello-santuario di Santa Lucia del Mela (Me)


di Pippo Oddo
La struttura originaria dell’imponente Castello che, dall'alto del colle Makkaruna, sovrasta la cittadina di Santa Lucia del Mela affonda le radici arabo (837-851), svevo (1228) e aragonese (1332). 
Pur nell’impossibilità di stabilire la data precisa della sua costruzione, tutto lascia pensare che non sia potuto avvenire prima del periodo delle invasioni Musulmane. «Secondo alcune notizie – si legge sul web – , il Castello venne in gran parte distrutto nella guerra di liberazione dal dominio musulmano che il Conte Ruggero d'Altavilla affrontò nei suoi pressi. In seguito fu ristrutturato e ampliato dall'Imperatore Federico II° di Svevia, che sedette sul trono di Sicilia per tutta la metà del secolo XIII. Questo famoso regnante, visto il clima puro, la ricca e florida vegetazione e le boscaglie ricche di selvaggina dei monti vicini alla cittadina, ebbe una vera predilezione per la nostra S.Lucia. Essendo infatti un abilissimo cacciatore, egli dedicava i brevi e rari spazi di tempo che gli impegni di governo gli permettevano a delle battute di caccia sui monti vicini. Lo stesso Federico II staccò il territorio Luciese dalla diocesi di Patti e fece elevare la sede di S. Lucia alla dignità di "Prelatura Nullius" unica in Sicilia, prima in Italia e nel mondo Cattolico». Dall’enciclopedia on line Wikipedia, apprendiamo che «ospitò Federico II di Svevia che poteva dedicarsi alla caccia, suo svago preferito, sui monti vicini ricchi di selvaggina. Lontano dalle ingerenze dei vescovi delle vicine diocesi, nella “sua” Prelatura, poté preparare quella che fu definita la “crociata maledetta”. Nel Castello riecheggiavano i versi delle scuola poetica siciliana e una tradizione popolare vuole che nella prigione, sotto il vano della torre cilindrica (scoperta nel 1967 durante l'esecuzione di lavori), abbia finito i suoi giorni suicida “Pier delle Vigne”, Protonotaro dell'Imperatore, ma caduto in disgrazia; egli proprio a Santa Lucia doveva godere una stima particolare dal popolo, come attesta una via del centro storico a lui dedicata. Ristrutturato ed ampliato da Federico II di Aragona sovente fu teatro di eventi cruenti e sanguinosi. Nel 1600, decaduto alle funzioni di difesa, abbandonato ed in rovina viene ceduto dal proprietario don Francesco Morra principe di Buccheri, a Mons. Simone Impellizzeri, 39° Prelato (1673), che provvede subito alla ristrutturazione». E così nel 1965 il servo di Dio Padre Giovanni Parisi poteva scrivere senza tema di smentite: «Se oggi i Luciesi possono andare meritatamente orgogliosi del loro monumentale castello, continua meta di pellegrinaggi e di turisti, lo debbono principalmente al fatto provvidenziale che tre secoli fa tra le sue rovine venne collocato uno dei più stupendi capolavori che siano mai usciti dal magico scalpello di Antonello Gagini: la Statua marmorea della Madonna della neve. Se così non fosse stato, al presente non avremmo avuto altro che sullo storico colle che un ammasso informe di rovine, muto e solitario testimone di fosche vicende e di tragici eventi di guerra dei secoli passati, come è avvenuto appunto per i numerosi castelli dei paesi vicini. Nel secolo XVII infatti il prestigioso fortilizio era prossimo alla completa rovina, tanto che il 18 gennaio 1644 D. Francesco Morra, Principe di Buccheri, senza molta difficoltà aveva potuto giuridicamente acquistare dal Comune – che non sapeva evidentemente cosa farsene – quei ruderi in contrada Gian-Andrea sul colle Mankarruna». Ad ogni buon conto, potesse palare il castello-santuario di Santa Lucia del Mela avrebbe molte cose da raccontare. Io mi limito a ricordare che da lassù si gode un panorama incomparabile che spazia dalla Valle del Mela alla più pittoresche vette dei monti Peloritani, al Capo Milazzo, alle isole Eolie. Tra le tradizioni più caratteristiche, la Sagra della Capra (5 agosto); fra le sue curiosità agronomiche le ", nasiti", giardini di tipo mediterraneo realizzati dal drenaggio del letto del fiume, e i vigneti che producono il Mamertino, il vino più antico del mondo, conosciuto fin dai tempi della dominazione romana. Notevoli sono inoltre le produzioni ortofrutticole ricavate da piccoli appezzamenti irrigui gestite a part time dalle donne del luogo. In buona sostanza Santa Lucia del Mela è, per molti aspetti, un pezzo di Calabria trapiantata nel vecchio Val Demone. Sì, perché in quest'area e in altri comuni siciliani sono venuti ad abitare in diverse epoche non pochi calabresi che conoscevano bene ii segreti dell'allevamento del baco da seta che nel passato connotava il paesaggio agrario n diverse parti dell'Isola.

mercoledì 19 marzo 2014

Da Agostino a Francesco: umiltà, la strada cristiana che conduce a Dio


di Nino Di Sclafani
Da quando Jorge Mario Bergoglio è divenuto papa si sono moltiplicate le iniziative editoriali che pubblicano gli scritti prodotti durante gli anni di incarico vescovile a Buenos Aires. 
Tra gli editori che già seguivano le opere del cardinale argentino c’è l’Editrice Missionaria Italiana (EMI) che nel suo catalogo presenta numerosi titoli del papa. Uno di questi agili volumetti, dal titolo “Umiltà - La strada verso Dio”, ha per oggetto un commento ad un discorso di Doroteo di Gaza monaco ed abate del VI sec., sulla capacità di suscitare uno spirito di comunione nella Chiesa. Al centro del commento di Bergoglio c’è uno dei temi che più spesso egli ha riproposto nelle sue catechesi e nei discorsi da pontefice: la perniciosa predisposizione, tra i cristiani e nella Chiesa, alla maldicenza ed allo sparlamento. La calunnia, lungi da essere quell’inoffensivo “venticello” di rossiniana memoria, diviene strumento di offesa e umiliazione dei fratelli. Per rafforzare la sua critica Bergoglio ricorre a Sant’Agostino: «Ci sono degli uomini soliti pronunziare giudizi temerari, maldicenti, brontoloni, mormoratori, pronti a sospettare ciò che non vedono e a lanciare addosso all’altro ciò che nemmeno riescono a sospettare» (Discorso 47). Il pensiero di Agostino incontra pienamente il concetto che il papa vuole portare avanti e infatti egli aggiunge: “La mormorazione ci porta a concentrarci sulle mancanze e i difetti altrui; crediamo, in questo modo, di sentirci migliori.” E’ un tema che abbiamo sviluppato proprio in queste serate di missione parrocchiale: calunniando il prossimo si crede di accrescere il personale prestigio, conquistare l’altrui ammirazione e, spesso, sviare l’attenzione dalla trave conficcata nel proprio occhio convinti che l’opinione pubblica sia molto più interessata alla pagliuzza delle vittime della diffamazione. Ciò porta Bergoglio a sintetizzare: “Parlar male dell’altro è un male, poiché non si limita al livello di commento, ma passa allo stadio di aggressione. Sant’Agostino chiama il mormoratore «uomo senza speranza».” E’ drammatico e duro il commento del papa, forte della consapevolezza delle immani sofferenze che queste categorie di persone riescono ad infliggere al prossimo e a se stessi; a riprova della fondatezza del suo pensiero riporta proprio la riflessione di Agostino: «Gli uomini senza speranza quanto meno badano ai propri peccati, tanto più ficcano il naso in quelli degli altri; e li indagano non per correggerli, ma per criticarli. E dato che non possono scusare se stessi, son sempre pronti ad accusare gli altri» (Discorso 19). A questi uomini, dice il padre della Chiesa, è «rimasta soltanto la debolezza dell’animosità, la quale tanto più è fiacca quanto più crede di avere maggiori forze» (Esposizione sul Salmo 32,29) Dunque la soddisfazione momentanea, illusoria, del denigrante è godimento di un momento ma non può nascondere l’intima solitudine di cui egli soffre. E’ un po’ quello che succede a quei solitari autori di stragi che pur di eccellere ed assurgere alla ribalta della notorietà sono disposti a compiere il male assoluto noncuranti della morte e del dolore che arrecheranno ad incolpevoli vittime. La dinamica di questa deriva viene lucidamente individuata da Bergoglio nel commento al discorso di Doroteo di Gaza. In queste persone “prende vigore uno stato di ansietà che è anch’esso un cattivo spirito. Avvezzi a sospettare di tutto, costoro vanno a poco a poco perdendo di vista la pace, che è caratteristica della fiducia nel Signore. La buona soluzione dei conflitti deve passare, secondo loro, per il setaccio del loro continuo controllo. Sono continuamente agitati dall’ansietà, che è il prodotto combinato dell’ira e della pigrizia.” In questo tempo forte di quaresima potrebbe essere un buon proposito, come più volte proposto da Padre Leo durante le omelie, di cercare di sviare la tentazione del “parlar male”; di fare uno sforzo di introspezione per liberare l’anima da quei tormenti, da quelle mancanze, da quelle tare che ci si portano appresso da tempi remoti, che spingono ad indirizzare verso i fratelli l’azione denigratoria. Il successo di questa opera di penitenza non gioverebbe solo alle vittime ma anche agli artefici di questo male che potrebbero scoprire una nuova dimensione di riconciliazione con se stessi, con Dio e con i fratelli.

lunedì 17 marzo 2014

Missioni parrocchiali a Marineo: oggi la Famiglia palestra di virtù


di Nino Di Sclafani
Continua l'esperienza ecclesiale delle Missioni Parrocchiali. Dopo avere approfondito, lo scorso lunedì, il tema dell'Amore di Dio per gli uomini, Amore che deve necessariamente trasmettersi a se stessi ed al prossimo, stasera nei 15 cenacoli allestiti in tutto il paese sarà sviluppato l'argomento: Famiglia Palestra di Virtù.
Indubbiamente la famiglia è stata da millenni la cellula fondamentale della società. Oggi attraversa però una profonda crisi di identità, di funzione e di valorizzazione del suo ruolo. Rivalutarne la centralità aiutandola a superare le minacce che da più parti sembrano limitarne l'azione è un servigio che si rende alla società tutta e dovrebbe, pertanto, essere al primo posto dell'agenda politica. Mai come in questi tempi di crisi economica la famiglia si è rivelata la risorsa mutualistica per eccellenza che surroga le funzioni di welfare che lo stato non è più in condizione di assicurare. Per noi cristiani queste finalità assumono anche altri contenuti, poiché la famiglia è anche la piccola chiesa domestica, luogo della prima iniziazione cristiana, culla da cui si propaga la lunga catena della trasmissione della Fede. La famiglia è chiamata ad essere missionaria ed evangelizzatrice dunque, appunto, una vera Palestra di Virtù. Vi attendiamo numerosi. (Vedi i 15 cenacoli)

domenica 16 marzo 2014

La storia di Totuccio Migliaccio e l’ultima corsa del Suparbanu


di Pippo Oddo
L’idea di raccontare la storia di Totuccio, per l’anagrafe Salvatore Migliaccio (Campofiorito 1/02/1919 – ivi 25/02/1983), si profilò d’improvviso nella mia mente sul finire del 2012, quando appresi dai mass media che in una gelida notte di fine autunno a New York l’ufficiale di polizia Lawrence Deprimo, 25 anni di Long Island, aveva regalato un paio di stivali nuovi di zecca al senzatetto scalzo Jeffrey Hillman. 
La scena fu immortalata da uno scatto di una turista dell'Arizona, Jennifer Foster, che spedì la foto al Dipartimento di polizia di New York. Il quale non perse tempo a caricarla sul proprio profilo Facebook. Nel giro di poche ore, su quell’immagine si registrarono quasi 2 milioni di “Mi piace” e ben 20.000 commenti. Appena una settimana dopo il clochard tornò a circolare a piedi nudi nel cuore della Grande Mela. Ad un certo punto un cronista del New York Times gli chiese dove avesse lasciato gli stivali e lui, forse nelle grazie di Bacco, dichiarò in palese stato confusionale: «Li ho nascosti. Valgono un sacco di soldi. Potrei rischiare la vita». Il caso presentava parecchie analogie (ma anche non poche differenze sostanziali) con la vicenda del nostro Totuccio. Ma a botta calda, pur essendo animato dal proposito di dimostrare che in fin dei conti tutto il mondo è paese e che non ci sono poi differenze abissali tra l’umanità derelitta della più grande metropoli statunitense e quella di un paesino della Sicilia rurale interna – chissà perché –, preferii sfogare il mio bisogno di comunicazione raccontando su Facebook la storia del bizzarro scemo di Cefalà Diana, Giuseppino Malacria. Storia che commosse molti lettori, non ultimo dei quali Antonino Schimmenti (per gli amici Nino), che però mi fece notare (con tutto il garbo di cui è dotato) che, da buon villafratese, io avrei dovuto narrare anche la vicenda umana di Totuccio, sul quale lui stesso, sua madre e alcuni suoi parenti avrebbero potuto fornirmi dei particolari interessanti e poco conosciuti. Cosa che ho avuto modo di verificare presto. Accingendomi a colmare questo vuoto narrativo, tengo a precisare che le informazioni ricevute dalla famiglia Schimmenti hanno trovato un sorprendente riscontro in quelle ripescate a fatica dal fondo dei miei ricordi personali. Dovevo ancora compiere sette anni quel memorabile martedì grasso del Quarantasette, quando incontrai per la prima volta il povero minorato psichico di Campofiorito, che abitava a Villafrati da un paio di mesi. A mettermi sulle sue tracce era stata l’eco del corteo carnevalesco che schiamazzava all’angolo della strada di casa mia marciando verso una catasta di legna dove sarebbe stato messo al rogo il “Nannu”, pupazzo di paglia simboleggiante il Carnevale. Mi portai d’istinto fuori e, dopo che la chiassosa processione scomparve alla mia vista, ritornai tutto giulivo dentro con le scarpe imbrattate di fango. «Ma chi è funnacu, sta casa?», mi sgridò la mamma dandomi un sonoro ceffone, cui ne sarebbero seguiti per certo altri, se mio padre non fosse stato svelto a frapporsi fra me e lei. Mi guardò le scarpette e notando che, oltre ad essere sporche, erano anche vecchiotte, papà mi prese per mano e mi accompagnò da un nostro parente calzolaio (mastro Peppino Messina, che abitava all’estrema periferia del paese, al confine con la strada nazionale) per farmene fare un paio su misura. Prima d’arrivarci, passando dall’abbeveratoio della via Procida, mio padre mi pulì le scarpe e mi fece pure sorridere ripetendo in tono scherzoso le parole della mamma: Ma chi è funnacu, sta casa? «Papà chi è u funnacu – gli chiesi –, a stadda?». Papà mi accarezzò i capelli: «Ci su i staddi dintra u funnacu ma ci dorminu puru i cristiani». (Ci sono le stalle dentro il fondaco ma vi dormono pure le persone). E mi spiegò che l’unico fondaco del paese si trovava proprio accanto alla bottega dello “zu Pippinu u scarparu”. Quando ci arrivammo me lo mostrò. Potei così farmi una prima vaga idea sulla funzione cui assolvevano quegli stallaggi fungenti anche da locanda, dove sostavano (per passarvi la notte, rifocillarsi e far riposare le bestie) i carrettieri, alcuni dei quali trasportavano a Palermo zolfo estratto nelle zolfare dell’Agrigentino e del Nisseno. Di più, ebbi modo di vedere da vicino Totuccio. Affondava i piedi ignudi nel fango della via Stazzone e portava sulle spalle un covone di fieno destinato ai cavalli ospitati nelle stalle del fondaco gestito da donna Giovannina Mendola, vedova Schimmenti. Il nome della proprietaria l’avrei però appreso solo di recente dalla viva voce dei suoi nipoti Nino Schimmenti e Raffaella Maggio. Quel giorno fu già tanto se realizzai che mai a memoria d’uomo s’era visto a Villafrati una persona lavorare senza scarpe ai piedi. Solo gli anziani ricordavano, per averlo sentito dire ai loro padri, che prima c’erano dei contadini che invece degli scarponi chiodati portavano le “pezze da piedi”. In seguito avrei anche appreso che i pastori transumanti provenienti dai lontani Nebrodi calzavano scarpe di pelle di suino nero con il pelo, dette “zampitti” o “scarpi di pilu”. Ma Totuccio, che pure all’età di dieci anni era stato colpito da una grave forma di menengite che ne aveva compromesso l’equilibrio psichico, conservava pur sempre la lucidità necessaria per restare se stesso. Non si era lasciato incantare da nessun tipo di calzatura quando abitava nella sua Campofiorito e si guadagnava la pagnotta rifornendo d’acqua potabile la caserma dei carabinieri e le poche famiglie agiate del paese, e non aveva certo cambiato idea alla soglia dei ventotto anni, quando decise di mettersi in cammino con il cavallo di San Francesco verso Villafrati, dove arrivò stanco morto e con le estremità inferiori sanguinanti. Ad accoglierlo con calore fu una sua vecchia conoscenza: l’appuntato dei carabinieri Vincenzo Maggio (genero della proprietaria del fondaco), che aveva prestato servizio per diversi anni a Campofiorito. E fu sempre lui ad offrirgli la possibilità di guadagnarsi qualcosa collaborando con sua suocera nella gestione del fondaco; lui a procurargli l’alloggio in un cantuccio di una “pagghialora” (fienile) di donna Giovannina, sita in via Stazzone, n. 2; lui e sua moglie a mettergli a disposizione una branda, un pagliericcio, una lattiera, alcuni piatti d’alluminio e qualche altro piccolo oggetto. In compenso, Totuccio si mise a servizio dei Maggio e degli Schimmenti, cui non fece mai mancare l’acqua potabile che andava ad attingere alla fontanella. Pochi mesi dopo la sua immagine di forestiero educato e servizievole era divenuta familiare ai villafratesi, anche se l’uomo olezzava troppo spesso di vino ed era considerato, se non proprio lo scemo del paese, un povero menomato. Non passò molto tempo e l’appuntato Maggio si trasferì per ragioni di servizio con la famiglia a Firenze. Totuccio si sentì mancare la terra sotto i piedi. Se non se ne tornò subito a Campofiorito fu solo perché nel frattempo aveva stretto ottimi rapporti con donna Giovannina Mendola, che continuò ad ospitarlo nella pagghialora. D’altronde nel fondaco c’era ancora bisogno di lui, anche se i tempi cominciavano a cambiare, erano sempre meno i viaggiatori di passaggio che si fermavano a Villafrati e quasi nessuno trasportava più zolfo col carretto a Palermo. Un paio d’anni dopo l’appuntato Maggio riuscì a farsi trasferire di nuovo in Sicilia per prestare servizio nella caserma di Villafranca Sicula, in provincia di Agrigento. Ma lungi dal portarvi anche la moglie e le due figliolette (Raffaella e Giovanna) in età scolare, decise di farle tornare a vivere a Villafrati, dove lui sarebbe venuto una volta la settimana, compatibilmente con le esigenze di lavoro. Totuccio divenne l’Angelo Custode delle bambine, che ogni giorno seguiva a debita distanza fino a scuola. E si rammaricava quando non poteva farlo, magari perché doveva andare a trovare – rigorosamente a piedi e senza scarpe – sua madre e la sua cara sorella Giacomina a Campofiorito cantando a squarciagola “Mamma son tanto felice”… Quanto grande fosse stato l’affetto di Totuccio verso le figlie dell’appuntato Maggio, ho potuto notarlo di persona in occasione di una memorabile processione del Crocifisso. La “vara” con il simulacro del Santissimo era (come sempre a mia memoria) portata a spalla per le vie del paese da giovani forzuti e accompagnata da una fiumana di fedeli d’ambo i sessi e d’ogni età che, a piedi ignudi e con grossi ceri accesi in mano, ringraziavano il Redentore per le grazie ricevute. Il momento più bello ed emozionante fu quello della tradizionale “volata degli angeli”. A metà della salita del corso la processione fece sosta e due bambine biancovestite con le ali, imbragate e pendenti da corde parallele, si misero a tessere le lodi del SS. Crocifisso ed esortare il popolo di Villafrati ad avere fede in Lui. Ad una delle due funi era appesa mia sorella Maria, che cominciò a declamare: «Sono stati i peccatori che così ti hanno ridotto…». E l’altra bimba con le ali, Raffaella Maggio, le fece eco: «Essi ciechi nell’orrore ti continuano a flaggellar…». Io tremavo di commozione e di paura che potesse spezzarsi la corda che reggeva la mia adorata sorellina. Ma più di me era commosso e spaventato Totuccio che, appena sentì la prima parola della recita di Raffaella, cominciò a piangere come un vitello orfano e a gridare: «A piccilidda, a piccilidda… ». Quasi tre mesi dopo, l’11 dicembre 1953, passò a miglior vita donna Giovannina Mendola. Totuccio non indugiò a mettersi all’occhiello un bottone nero in segno di lutto. Ne aveva ben donde perché, morta lei, il fondaco chiuse definitivamente i battenti e i suoi figli (nessuno dei quali possedeva cavalli, muli, asini o bardotti) decisero di destinare ad altri usi la pagghialora di via Stazzone. Ma si guardarono bene dall’abbandonare il povero minorato al suo destino. Gli procurarono un nuovo alloggio nella casa disabitata di un loro parente (soprannominato “u capu truncu” perché era stato responsabile del tronco ferroviario Palemo-Villafrati), sita a pochi passi dalla prima, e non gli fecero mai mancare calore umano e qualcosa da mettere sotto i denti. Ma Totuccio non si rassegnò a sopravvivere della sola carità delle famiglie Maggio e Schimmenti. Vuoi per comprarsi il vino di cui allora non sapeva purtroppo fare a meno, vuoi perché s’era prefisso di mettere da parte i soldi per costruire una tomba a Bellanova (Campofiorito), per ospitarvi (oltre alle proprie spoglie) anche quelle della madre e della sorella Giacomina, si mise a servizio degli abitanti del quartiere Casale che avessero bisogno d’avere riempita qualche “quartara” d’acqua potabile. Ma il risultato fu che si attirò le male parole del “calamignaro”, un contadino di Ventimiglia di Sicilia che, per venire a fare l’acquaiolo a Villafrati, aveva acquistato due asini con i relativi basti alla fiera di Santa Fortunata a Baucina. Un destino perseguitava insomma Totuccio, fino al punto che qualcuno cominciò a parlare tra il serio e il faceto di lui come del classico tipo che se si fosse messo a fabbricare “cuppuluneddi pi picciriddi, i picciriddi avissiru nasciutu senza testa”. Oh, manco a farlo apposta, due anni dopo l’acqua potabile cominciò a scorrere, ancorché ad intermitezza, in tutte le case di Villafrati; le “quartare” di coccio furono buttate nelle soffitte o negli immondezzai e, in parte, regalate o svendute a collezionisti della città. E, ironia della sorte, mentre u zu Ninu biccaru (il calamignaru) potè tornarsene a Calamigna con gli asini ben pasciuti e il denaro per comprarsi la casa, Totuccio non aveva neanche i soldi per pagare il biglietto del treno di sola andata per Bellanova. Pressato dal bisogno, cominciò a chiedere l’elemosina in ogni angolo del paese e a prestare per pochi spiccioli opera di facchinaggio alla stazione di Villafrati, dove soprattutto con l’ultimo treno della sera (detto u Suparbanu), tornavano da Palermo non pochi viaggiatori con grossi pacchi e pesanti valigie di cartone legate con lo spago. L’iniziativa si dimostrò subito valida e, dopo poco più di un mese, Totuccio potè vantarsi – con gli occhi rivolti all’edicola votiva del “Saraminteddu”, che considerava il suo santo protettore – che non era mai tornato dalla stazione senza aver portato la valigia ad un cliente e che era sempre stato ricompensato bene. Ma già una settimana dopo, davanti al sagrato della chiesa del Casale, si lamentava che uno degli ultimi galantuomini del paese (di quelli, per intenderci, che pretendevano di essere salutati con tanto di “baciamu li manu”), si era fatto portare dalla stazione alla sua casa al Castello una valigia che sembrava piena di piombo, ma voleva dargli la metà del denaro che gli aveva corrisposto la sera prima un “tintu viddanu d’u Puzziddu” (modesto contadino del quartiere Pozzillo) per un bagaglio molto più leggero. Per pronta risposta, Totuccio agguantò il bagaglio e glielo riportò alla stazione. Da quel momento non ebbe più bisogno di stendere la mano per ricevere l’elemosina dai villafratesi e nemmeno di patteggiare il compenso per il trasporto dei bagagli. Poi, il 1° febbraio 1959, il glorioso Suparbanu partì la mattina col buio pesto per Palermo e non fece mai più ritorno a Villafrati. Frattanto erano successe tante cose. Un anno prima l’appuntato Maggio era stato promosso maresciallo e trasferito alla Legione dei carabinieri a Palermo. E aveva fissato la propria residenza in città. Totuccio si affidò alle cure della famiglia di Benedetto Schimmenti (figlio di donna Giovannina) e in modo particolare a sua moglie donna Gina Calì, che cominciò a trattarlo alla stregua dei propri familiari, fino a farlo sedere ogni giorno a tavola insieme con il marito e i figli e di assisterlo anche nell’amministrazione dei modesti risparmi provenienti dalle elemosine e dai compensi per i lavoretti saltuari. Tra gli introiti più cospicui di cui Totuccio beneficiava in quel periodo merita una menzione speciale il ricavato dell’annuale pellegrinaggio al Santuario di Tagliavia, da dove il nostro ritornava olezzante di carne ovina arrostita, ubriaco fradicio e con un grosso gruzzoletto di denaro in tasca. Denaro che un bel giorno donna Gina gli fece versare in un libretto postale nominativo intestato a lui. In segno di riconoscenza la sera della festa dell’Ascensione dell’anno dopo Totuccio le portò in regalo una bella bandierina colorata di palma nana con l’immagine della Madonna di Tagliavia. Ma tutti gli Schimmenti erano voluti bene da Totuccio. Basti ricordare che un mese prima della soppressione della ferrovia si ammalò gravemente uno dei tanti figli della buonanima di donna Giovannina: Pietro che abitava a Palermo. Totuccio cominciò a fare il diavolo a quattro perché voleva andare a fargli visita. Donna Gina ne approfittò per costringerlo a calzare un paio di scarpe che gli fece preparare alla svelta da mastro Peppino Messina. Da quel momento Totuccio non si vide mai più in giro per il paese scalzo. E quando, l’11 dicembre 1960 (settimo anniversario della morte di donna Giovannina), a Palermo cessò di vivere anche il maresciallo Vincenzo Maggio, il nostro non poteva più avere nessun complesso d’inferiorità per salire sull’autobus sostitutivo delle Ferrovie dello Stato che l’avrebbe portato in città con la fascia nera al braccio. È appena il caso di aggiungere che, con tutti i suoi limiti, a Villafrati Totuccio godeva di grande stima anche da parte degli amministratori locali, che ad un certo momento gli assegnarono l’unica casa di proprietà comunale, sita in via Bevaio, 55. Né erano pochi gli amici che lo proteggevano dagli insulti gratuiti dei ragazzacci e degli adulti saputelli. Per citarne solo uno, oltre che agli Schimmenti, il pensiero vola allo zu Cola, il proprietario del bar di fronte al Saraminteddu, che peraltro fece di tutto per fargli togliere il vizio di alzare il gomito. Ma predicava al vento. Ci riuscì invece, ancora una volta con un mezzo ricatto, donna Gina (ora novantenne) il giorno che si tagliò accidentalmente un dito e Totuccio per consolarla andò a comprarle un gelato al limone. «Perché mi hai comprato il gelato?», gli chiese in siciliano. E lui di rimando: «Comu picchì? Picchi la vogghiu beni». La risposta di donna Gina non si fece attendere: «Si mi vo’ beni, levati u viziu d’u vinu». Detto fatto. Da alcolizzato Totuccio diventò quasi astemio. Certo è – e sfido chiunque a smentirmi – che nell’ultimo quindicennio della sua permanenza a Villafrati Totuccio portava le scarpe e aveva l’alito pulito. A metà ottobre 1982, giorno più giorno meno, se ne tornò al paese natio cantando come al solito “Mamma son tanto felice” e con il denaro in tasca per costruirsi finalmente la tomba. Pochi mesi dopo volò in cielo. Al suo funerale c’erano diversi Schimmenti, che ancora oggi si mantengono in contatto con i Migliaccio di Campofiorito. Ma se lo meritava, povero Totuccio, icona della Villafrati arcaica e contadina, involontario e triste testimone di un passaggio d’epoca unico e irripetibile, che ha portato anche benessere, ma non ci ha certo risparmiato nuove ingiustizie e prepotenze, sprechi, distruzione di risorse e di valori!

sabato 15 marzo 2014

La scomparsa dell'editore Renzo Mazzone, un amico di Marineo


di Nino Di Sclafani e Ciro Spataro
Con tristezza abbiamo appreso della scomparsa dell'editore Renzo Mazzone, personalità che lascia sicuramente un vuoto nel campo della cultura siciliana. 
Nel 1959 aveva fondato la casa editrice ILA Palma con sedi a Palermo e San Paolo del Brasile. Il suo progetto culturale si è subito imposto nel panorama editoriale siciliano distinguendosi con la pubblicazione di importanti autori, spaziando dalla saggistica alla poesia, dalla narrativa alla storia. Forte è stato il legame di Renzo Mazzone con Marineo, avendo curato alcune delle pubblicazioni di Padre Francesco La Spina, nonché la stampa delle antologie del Premio di Poesia "Città di Marineo", di cui seguiva costantemente le varie edizioni da grande appassionato dell'arte poetica qual'era. La sede palermitana della sua casa editrice è stata un luogo di incontro e confronto per i numerosi intellettuali e studiosi ai quali Renzo con il suo sorriso non mancava mai di elargire consigli e suggerimenti. Particolare ed intenso è stato il rapporto instauratosi con noi nel 1987 in occasione della pubblicazione del volume "I moti dei Fasci dei lavoratori ed il massacro di Marineo", progetto editoriale che accolse con entusiasmo e della cui diffusione si fece promotore, con ben due edizioni, insieme con il prof. Francesco Brancato, presso varie istituzioni culturali italiane ed internazionali. La stessa disponibilità mostrò anche pubblicando il saggio "San Ciro da Alessandria d'Egitto a Marineo" scritto da Nuccio Benanti e Ciro Spataro e, nel 1993 il volumetto satirico "Marineo Semi-Serial" di Nino Di Sclafani e Nuccio Benanti. Nel 1992 organizzò a Palermo presso l'Ars Nova una mostra del pittore Mimmo Vitale "il Marinese" curando con il figlio Rean la pubblicazione del catalogo con il patrocinio del Comune di Palermo. Era un artigiano dell'editoria, che prima della stampa, faceva proprio il lavoro degli autori, condividendone forme e sostanza e dispensando consigli che tendessero al bello e all'utile dell'opera letteraria, mai considerata solo un prodotto da vendere. Un intellettuale che con il suo modo di essere mancherà nel panorama culturale siciliano. A lui va il nostro sentito riconoscimento ed il grazie della comunità marinese per la sensibilità dimostrata nei confronti del nostro paese.

venerdì 14 marzo 2014

Da Bolognetta a Modena: giovani, solidali e ribelli del terzo millennio


di Piazza Marineo
Nell'ordine 'protesta', 'rivoluzione', 'opposizione' e a seguire 'resistenza', 'rifiuto', 'insurrezione', 'sacrificio', 'sommossa' e 'solidarietà' sono le parole che i ragazzi hanno indicato come maggiormente associabili all'idea di ribellione.
Quanto invece al personaggio del ribelle ideale i nomi più ricorrenti sono Martin Luther King, Che Guevara, Nelson Mandela e Paolo Borsellino. "La ribellione per i giovani - ha spiegato il presidente del Centro culturale 'Francesco Luigi Ferrari', Gianpietro Cavazza - è per lo più un moto personale". Non a caso, "rispetto al passato, se pensiamo per esempio alle rivoluzioni del '68, sono venuti meno ideali e punti di riferimento, ma per i più giovani c'è ancora voglia di un cambiamento personale talmente forte - ha aggiunto Cavazza - che può coinvolgere anche gli altri e creare movimento". "E' solo la paura che ci blocca, noi abbiamo capito che il futuro era nelle nostre mani e dovevamo fare di tutto per non farcelo rubare" hanno detto al convegno Sergio Guttilla e Angelo Benigno del gruppo 'La rivoluzione delle Matite' nato a Bolognetta, in occasione delle elezioni del 2012, contro il voto clientelare o di parentela. Un impegno attivo che è costato loro anche minacce, superate con il sostegno di un gruppo di giovani impegnati in questa 'rivoluzione' a difesa del voto secondo coscienza.

giovedì 13 marzo 2014

Happy hour con i giovani al castello di Marineo: i 10 comandamenti


di Piazza Marineo
MARINEO. I 10 comandamenti: 6° Non commettere atti impuri. Giovedì 13 marzo, ore 21, nuovo incontro al castello di Marineo.

mercoledì 12 marzo 2014

Lotteria, Ribaudo (Pd): "Lo Stato ci ha rimesso i soldi dei contribuenti"


di Piazza Marineo
All’esame della Commissione Finanze il decreto ministeriale per l’individuazione sia del numero che delle manifestazioni da abbinare alle lotterie nazionali da effettuare nell’anno 2014.
“Il parere che viene chiesto alla Commissione – spiega il deputato Franco Ribaudo, Pd, relatore del testo - è obbligatorio ma non vincolante. Il ministro ogni anno emette un decreto con il quale determina il numero di lotterie che si dovranno tenere nell’anno successivo”. Ma se negli anni passati erano produttive, l’ultimo anno lo Stato ci ha rimesso i soldi dei contribuenti. “Da tre anni si fa una sola lotteria nazionale”, prosegue Ribaudo. “E per quanto riguarda l’ultima lotteria la vendita dei biglietti è stata inferiore ai premi distribuiti. La conseguenza è stata che lo Stato ci ha rimesso facendo fronte con i soldi dei contribuenti. Anche perché se fino a qualche anno fa c’era un Fondo rischi, dal 2009 non c’è più”. Quindi anche questa volta il decreto prevede una sola lotteria nazionale. “Anche quest’anno ha confermato una sola lotteria gestita direttamente dallo Stato, ma noi abbiamo suggerito – conclude Ribaudo - che la lotteria, per essere rilanciata, sia abbinata a manifestazioni di rilievo trasmesse in televisione”. La raccolta per il 2013 delle lotterie nazionali (costituite nel 2013 dalla Lotteria Italia e dalle lotterie a estrazione istantanea) è stata complessivamente pari a 9,6 miliardi, con una riduzione di 152 milioni rispetto al 2012, ed un incasso per l’erario pari a circa 1,5 miliardi, con una riduzione di 80 milioni rispetto al 2012”.

martedì 11 marzo 2014

Marineo, scritta intimidatoria sulle saracinesche di una macelleria


di Piazza Marineo
Vernice rossa con croci e una frase intimidatoria ai danni di un macellaio di Marineo.
Sulle saracinesche della macelleria di Francesco Muratore, in via Vittorio Veneto, sono comparse alcune croci e una scritta: "Fatti i cazzi tuoi", realizzate con vernice rossa. Il commerciante ha presentato denuncia ai carabinieri della compagnia di Misilmeri. Nei giorni scorsi, in paese, si era verificato un altro episodio intimidatorio. Un pneumatico imbevuto di benzina era stato acceso davanti all’abitazione di Pasquale Randazzo, in via Agrigento, titolare di una ditta di autotrasporti. Le fiamme avevano annerito l’ingresso della casa ed erano dovuti intervenire i vigili del fuoco e le forze dell'ordine.

lunedì 10 marzo 2014

Marineo, da lunedì 10 marzo prendono il via le Missioni Parrocchiali


di Nino Di Sclafani
La Parrocchia SS Ciro e Giorgio avvia per il periodo di Quaresima un'iniziativa di evangelizzazione attraverso cui la comunità ecclesiale incontra l'intera cittadinanza. Sono stati allestiti 15 cenacoli in tutto il paese. 
Ognuno di questi punti di catechesi (leggi) e preghiera è stato assegnato alle diverse realtà ecclesiali (Confraternite, Movimenti, Associazioni) che hanno curato gli inviti a tutte le famiglie del quartiere assegnato e che si impegneranno nell'accoglienza, nell'animazione e nelle catechesi. Il tema portante delle missioni del 2014 è la Famiglia. Nei quattro lunedì di quaresima in ogni cenacolo saranno sviluppati alcuni contenuti ritenuti portanti per l'attuale fase che sta vivendo la Chiesa in vista anche del Sinodo voluto da Papa Francesco dedicato proprio alla Famiglia. Ecco le tracce degli incontri: Chiamati ad Amare. Famiglia palestra di Virtù. Le sfide della famiglia oggi. Chiesa: famiglia di famiglie. Mai come in questo momento è necessario che la Chiesa si faccia portavoce del disagio sociale e delle emergenze relazionali, valoriali ed economiche che la famiglia sta vivendo in questa congiuntura di crisi. Invitiamo tutti i marinesi a prender parte agli incontri che oltre ad offrire stimoli di riflessione e di preghiera daranno spazio ad un confronto e ad un dialogo anche con i fratelli che per varie situazioni personali si trovano oggi lontani dalla comunità ecclesiale. La spinta all'evangelizzazione è al centro dell'esortazione apostolica Evangelii Gaudium di recente offerta da Papa Francesco a tutti i cattolici. Annunciare Cristo e la Buona Novella del Vangelo deve essere il primo compito di tutti i battezzati e questo slancio deve proprio partire dalle comunità ecclesiali per rivolgersi al mondo ed alle periferie dove vivono gli esclusi, coloro che spesso hanno subito il nostro giudizio e si sono allontanati dalle rispettive comunità. E' giunto il tempo della Misericordia e dell'Accoglienza, dove ogni uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, potrà riassaporare la gioia dell'incontro con Gesù Cristo ed abbandonarsi all'Amore del Padre, sempre disposto a riabbracciare e fare festa per il figlio che ritorna anelando una nuova ripartenza. Si tratta anche di un'occasione assai propizia per chi, inserito nella comunità ecclesiale, avrà la possibilità di rivedere anche l'autenticità della propria Fede e della risposta che siamo disposti a dare al Vangelo di Cristo. Spesso, infatti, ci siamo seduti comodamente dando tutto per scontato, la vita del cristiano invece deve essere caratterizzata dal movimento. La stessa parola Parrocchia trae origine dal termine greco paraoikìa: comunità in pellegrinaggio. Vi attendiamo numerosi.

domenica 9 marzo 2014

Erasmus+, corso di formazione per cambiare vita, aprire la mente


di Barbara Cangialosi
Si è svolto a Roma il 25 al 26 febbraio il corso di formazione organizzato dall’ANG (Agenzia Nazionale dei Giovani) sul Programma Erasmus+, finanziato dalla Commissione Europea ed in vigore per tutta la durata del settennio 2014/2020.
Il Programma, principalmente rivolto ai giovani dai 13 ai 30 anni, mira a coinvolgere 4 milioni di cittadini, e, sostituendo e integrando i sette vecchi Programmi dell’Unione, tra i quali “Erasmus Mundus Programme”, Lifelong Learning Programme (Leonardo, Comenius, Grundtwig ecc.) e “Youth in Action Programme”, ha come obiettivo il supporto all’istruzione, alla formazione, alle politiche giovanili e allo sport all’interno di tutto il territorio dell’Unione Europea. Erasmus+ vuole dare risposta alle linee programmatiche e agli impegni ribaditi nei documenti “Europa 20-20” (portare il tasso di occupazione al 75% nella popolazione tra i 20 e i 64 anni; investire il 3% del PIL nei settori di ricerca, sviluppo e innovazione; ridurre a meno del 10% il tasso di abbandono scolastico; portare al 40% il tasso di laurea tra i giovani), al “Quadro strategico per la cooperazione europea nei settori di istruzione e formazione” (promuovere la mobilità e l’apprendimento permanente; migliorare la qualità e l'efficienza dell'istruzione e della formazione; promuovere l'equità, la coesione sociale e cittadinanza; incoraggiare la creatività e l'innovazione, compresa l'imprenditorialità, a tutti i livelli dell'istruzione e della formazione), e alla “Strategia Europa per la Gioventù” (creare più opportunità d'istruzione e formazione per i giovani; creare più opportunità d'istruzione e formazione per i giovani; sviluppare la solidarietà fra i giovani e la società). Per la sua attuazione, la Commissione ha stanziato ben 14,7 miliardi di euro per il settennio, aumentando del 40% del bilancio rispetto ai precedenti, e del 60% specificatamente nel settore della gioventù. L’86% del budget sarà investito nei settori di istruzione e formazione, il 10% a quello della gioventù, l’1,9% al Jean Monet (sostenere l’insegnamento, la ricerca e lo studio di temi connessi all’integrazione europea)e 1,8% allo sport. Gli obiettivi permanenti del Programma Erasmus+, restano quindi quelli legati alla promozione della partecipazione dei giovani nella società, alla promozione della mobilità internazionale come valore aggiunto nella formazione, al sostegno all’insegnamento di alta qualità, al supporto agli Stati Membri e i Paesi partner nella modernizzazione dei sistemi di istruzione e della formazione professionale, agli sport popolari, e alla ricerca sull’integrazione europea. Fine ultimo delle tre azioni è inoltre quello di contrastare la disoccupazione giovanile, permettendo il potenziamento delle conoscenze, competenze e delle soft skills degli individui, spendibili in un mercato del lavoro in evoluzione. La particolarità del Programma sta nell’essere divisibile in “Key Actions”, azioni chiave, che si rivolgono a soggetti diversi tra loro: KA1 : dedicata alla mobilità degli individui per l’apprendimento (rivolto a studenti e giovani, insegnanti, tirocinanti, youth worker), alla quale verrà dedicato il 66% del budget; KA2: dedicata alla cooperazione per l’innovazione e lo scambio delle buone prassi alla quale verrà dedicato il 29% del budget; KA3: dedicata al sostegno alla riforma delle politiche, alla quale verrà dedicato il 5% del budget. I progetti, a seconda delle Key Actions ai quali fanno riferimento, possono essere presentati da gruppi informali di giovani, associazioni/organizzazioni senza scopo di lucro ed enti pubblici di vario livello. Per presentare un qualsiasi progetto, è necessario possedere il codice PIC (Participant Identification Code), ricevuto previa l’autenticazione ECAS (European Commission's user Authentication Service). Il formulario di qualsiasi progetto è scaricabile e inviabile on-line, attraverso un’E-FORM. Le scadenze variano in base alle sotto azioni. Quelle legate all’ ex programma “Gioventù in Azione” sono identificabili nel 17 marzo, 30 aprile e 1 ottobre per la KA1 e nel 30 aprile e 1 ottobre per la KA2 e per la KA3. In un momento di crisi come quello che gli Stati europei stanno vivendo, gli investimenti previsti dal Programma Erasmus+ costituiscono un’occasione da prendere al volo sia per i giovani, come possibili partecipanti, che per gli enti, come possibili promotori. In un mondo in cui le grandi istituzioni storiche sembrano muoversi troppo lentamente, la mobilità internazionale, l’approccio di apprendimento non-formale e tra pari, lo scambio interculturale, la lotta all’esclusione sociale, la promozione della solidarietà tra individui e l’incoraggiamento alla partecipazione attiva nella società, non possono che rappresentare dei tasselli fondamentali per la costruzione di un’esperienza collettiva di costruzione di un futuro migliore.

sabato 8 marzo 2014

Sclerosi multipla, l'8 e 9 marzo a Marineo la Gardenia dell'Aism


di Piazza Marineo
Sabato 8 e domenica 9 marzo, in occasione della Festa della donna, anche a Marineo sarà allestito un gazebo della Gardenia Aism per sostenere la ricerca sulla sclerosi multipla.
I fondi raccolti con Gardenia 2014 saranno impiegati in progetti di ricerca finalizzati a trovare la causa e la cura risolutiva per la sclerosi multipla. Oggi, infatti, grazie ai progressi compiuti dalla ricerca scientifica ci sono terapie in grado di rallentare la progressione della malattia e migliorare la qualità di vita per le persone colpite. Sosterranno inoltre progetti mirati alle donne, ai giovani e alle famiglie al fine di affiancare e rispondere a problemi e difficoltà che si presentano nella vita quotidiana, sociale e lavorativa di chi convive con la sclerosi multipla.

venerdì 7 marzo 2014

Cultura materiale in Sicilia. Marzo e aprile: la zappuliata di lu lavuri


di Pippo Oddo
L’immagine, oramai invero rara, racconta non già una qualsiasi operazione di zappatura di un campo, ma la seconda scerbatura dei cereali, che si effettuava (a seconda dall’altitudine) tra marzo e aprile. 
Vi prendevano spesso, troppo spesso, parte anche dei bambini di sette-otto anni, che erano guardati a vista dal padre e comunque da un adulto che si assumeva l’onere d’insegnar loro a riconoscere le erbe infestanti e a stare attenti a schivare le pianticelle di grano, che anche in erba erano tenute nella considerazione di grazia di Dio. A tale proposito mi limito a dire che a quelli della mia generazione che sono stati iniziati dal padre alla “zappuliata” del grano risuoneranno ancora le orecchie per i ceffoni ricevuti quando confondevano la pianticella domestica (grano, orzo o avena) con una di cereale selvatico e infestante, come la “jina” o il “mazzulinu”. «Con l’arrivo del clima più mite di marzo – si legge nel sito del comune di Lucca Sicula –, i germogli iniziavano la loro crescita e contemporaneamente nel campo seminato, crescevano molte piante infestanti, che avrebbero danneggiato le giovani piante di grano. Per cui si provvedeva ai lavori di scerbatura (Scurritina), l’estirpazione a mano delle erbe estranee. Nel mese di aprile si procedeva al lavoro della “zappuliata di lu lavuri”, cioè il contadino munito di una zappa piccola e stretta (zappudda), liberava il campo dalle seguenti erbe nocive: loglio (giogghiu), Avena selvatica (Jina), aneto (anitu), meliloto (treu), sulla (sudda), malva (marva), papavero (paparina). Per completare un buona annata ci si augurava qualche pioggerellina di aprile, una graduale risalita della temperatura e venti carezzevoli nel mese di maggio».

giovedì 6 marzo 2014

Marineo, irruzione in banca di tre banditi: rapinata l'agenzia Unicredit


di Piazza Marineo
Rapina ieri pomeriggio all’agenzia di Marineo della banca Unicredit, in via Agrigento.
Intorno alle 15, subito dopo l'orario di apertura pomeridiano, tre uomini, uno a volto scoperto e due con il volto parzialmente coperto dal collo alto del maglione, hanno fatto irruzione nei locali dell’istituto di credito. Senza estrarre armi, i banditi hanno intimato verbalmente ad alcuni impiegati di allontanarsi dagli sportelli e attendere all'interno di un locale attiguo. A questo punto, i malviventi si sono fatti consegnare dal direttore e dalla cassiera tutte le banconote e le monete delle casse e si sono allontanati in fretta e furia, prima che scattasse l’allarme, facendo perdere le loro tracce. Sul posto sono subito intervenute alcune pattuglie dei carabinieri, che hanno avviato le indagini per risalire agli autori del colpo. L'importo della somma sottratta non è stato ancora calcolato. Nel mese di luglio i carabinieri avevano arrestato i componenti di un’altra banda di rapinatori che avevano preso di mira la seconda banca di Marineo, il Banco Popolare Siciliano. In quel caso, l'identikit fornito dai presenti, insieme alle immagini dell'impianto di sorveglianza, che riprese le varie fasi del colpo, permisero alle forze dell’ordine di incastrare i rapinatori.

mercoledì 5 marzo 2014

Migrazioni siciliane in America e comunità derivate: mostra a Villafrati


di Piazza Marineo
Domenica 9 marzo alle ore 18 presso il Palazzo Filangeri al Baglio di Villafrati, corso San Marco, si inaugura la mostra “Migrazioni siciliane in America e comunità derivate” (Sicilian crossings to America and derived communities) realizzata dalla Rete dei Musei siciliani dell’emigrazione.
La mostra comprende più di cento pannelli con foto, testi, immagini che narrano le cause interne ed esterne, le conseguenze e le specificità della “grande migrazione” transoceanica che interessò la Sicilia all’inizio del ‘900 e che portò fuori dall’isola circa un milione e mezzo di persone. Interverranno il sindaco di Villafrati, Francesco Agnello, Leoluca Orlando, sindaco di Paleremo, il prof. Marcello Saija curatore della mostra, Santo Lombino della rivista “Nuova Busambra”, Franco Ribaudo deputato al Parlamento. Seguirà “Mamma mia dammi cento lire”, lezione-concerto a cura dell’Associazione “Prospettive” di Mezzojuso e una degustazione di prodotti tipici. L’esposizione, organizzata dagli assessorati alla Cultura ed al Turismo del Comune di Villafrati con la collaborazione dell’Associazione culturale “Nuova Busambra”, potrà essere visitata sino al 17 aprile prossimo.

martedì 4 marzo 2014

Dai Fasci siciliani alla Resistenza: quaderno dell'associazione partigiani


di Piazza Marineo
E' in distribuzione il quaderno n. 2 dell'Anpi Sicilia: Dai Fasci siciliani alla Resistenza a cura di Angelo Ficarra, Istituto Poligrafico Europeo, Palermo 2014.
Questo libro intende avviare una riflessione volta a stabilire un collegamento tra quel rigoglioso movimento di lavoratori di fine Ottocento e la lotta di Liberazione dal nazifascismo. Sia per i Fasci siciliani – che furono la prima esperienza organica di lotta di liberazione del popolo siciliano – sia per la Resistenza – alla quale il Meridione e la Sicilia hanno dato un importante contributo ancora oggi poco conosciuto – è stata negata una memoria popolare. Il tentativo di capire perché è mancata questa memoria apre nuovi scenari di ricerca: in entrambi gli eventi c’è stato un sistematico uso terroristico della violenza, a volte anche ammantata dalla sacralità dello Stato. I Fasci siciliani e le lotte per l’occupazione delle terre costituiscono insieme il più grande movimento di massa impegnato in una lotta di liberazione dalla mafia e dai suoi complici che continua fino ai nostri giorni.