venerdì 31 gennaio 2014

Marineo, consiglio comunale: la "sofferenza" della maggioranza


di Angela Costa
MARINEO. Ieri sera l’ennesimo teatrino in consiglio comunale. Ancora una volta, purtroppo, dobbiamo prendere atto che per le due maggioranze, la giunta e il sindaco il tempo dei consigli comunali è tempo perso, per cui bisogna, come dice il presidente del consiglio D’Amato “soffrire ancora un pochino”.
E la sofferenza non è data dagli strafalcioni della giunta e del sindaco, ma dal tempo che noi consiglieri di opposizione “perdiamo” per fare ciò a cui siamo stati chiamati. Due erano gli argomenti “scottanti” di quest’ultima seduta: l’interrogazione sullo stato di elusione ed evasione nel nostro Comune e la chiusura della forma associata del Suap (Sportello unico attività produttive). Alla nostra interrogazione il vicesindaco Greco non ha saputo rispondere neppure dopo tre mesi, ripetendoci ancora una volta la volontà di affidare ad una società esterna lo studio e la riscossione degli evasori, rimandando a quanto fatto dalla precedente amministrazione per lo stesso problema. Noi abbiamo saputo rispondere! Sia sugli evasori “stanati”, sulle cifre recuperate e su quella da recuperare a seguito di una causa che il Comune ha vinto. La proposta del sindaco Barbaccia sulla revoca della forma associata del Suap invece ha evidenziato, ancora una volta, l’incapacità di questa compagine che ci amministra e lo scollamento con gli uffici, oltre che la oramai consolidata navigazione a vista. Infatti, l’assessore Salerno ha chiesto il rinvio della proposta perché “proprio oggi il Sindaco di Godrano ha saputo da qualcuno della nostra volontà e ci ha chiesto un incontro sull’argomento”. Inaudito!! Si chiede la scissione di un accordo senza avere prima sentito le parti in causa, senza avere fatto il dovuto passaggio alla Conferenza dei sindaci, senza aver dato modo ai paesi coinvolti di poter giustificare le, eventuali, loro mancanze. Siamo veramente alla frutta. Il sindaco, opportunamente consigliato, ha deciso quindi di ritirare la proposta. Si passa quindi alle comunicazioni e ancora una volta il vicesindaco Greco, nonché assessore ai lavori pubblici, si ritrova impreparato ad una semplice e vecchia domanda: “E i lavori alla scuola media? Quelli da fare con i finanziamenti ottenuti dall’amministrazione Ribaudo?" Ci ha risposto che si riserva di rispondere in seguito! Forse è stato molto impegnato su progetti più grossi (ad esempio quello di 9 milioni di euro del cimitero) per tenersi informato o spronare gli uffici su quei due che servirebbero solo a consegnare ai nostri ragazzi un campetto sportivo e un’area esterna molto più idonea ad una scuola media. Oppure ha ritardato la risposta per motivi molto più gravi. Vedremo.

giovedì 30 gennaio 2014

Marineo, alunni dell'Istituto "Don Colletto" riparano elettrodomestici


di Piazza Marineo
MARINEO. Sabato 1 febbraio, dalle ore 15 alle 19, in via Falcone e Borsellino (Monumento) sarà attivato un “Gazebo amico” a cura dell’I.P.I.A. di Marineo.
Nell'ambito del progetto "Centro assistenza Marineo", gli alunni e gli insegnanti dell’Istituto scolastico “Don Colletto” organizzeranno un punto di raccolta per la riparazione gratuita e il riciclo di piccoli elettrodomestici guasti (phon, ferri da stiro, frullatori…). Inoltre, per l’occasione, sarà attivo un centro informativo che garantirà ai ragazzi delle scuole medie che si diplomeranno quest'anno la possibilità di iscriversi online, in tempo reale, nei tre indirizzi: I.P.I.A, I.T.C. e I.T.E.E. (ex industriale) della scuola superiore di Marineo.

mercoledì 29 gennaio 2014

Marineo, il Pd chiede di divulgare le riprese del consiglio comunale


di Barbara Cangialosi
MARINEO. Le vicende degli ultimi mesi hanno messo in rilievo la necessità di stimolare l’informazione verso i cittadini alle attività politico-amministrative svolte in questo Comune.
Per questo motivo, il Partito democratico di Marineo ha deciso di presentare presso l’ufficio protocollo una richiesta scritta, al fine di registrare e/o mandare in streaming le sedute del Consiglio, già a partire dal primo che verrà convocato a febbraio. La nostra richiesta prende spunto dal parere del Garante della protezione dei dati personali del 28 maggio 2001, in risposta ad una istanza avanzata da un comune italiano e relativa all’uso delle nuove tecnologie per pubblicizzare i diversi momenti dell’attività amministrativa. È lo stesso Garante a precisare che “la diffusione via Internet di alcune iniziative caratterizzate di per se stesse da un obiettivo di ampia conoscenza nel pubblico, come conferenze stampa, riunioni di consiglio ecc., non pone particolari problemi dal punto di vista della legge sulla privacy”, purché i presenti ne siano informati anche attraverso affissione di avvisi chiari e sintetici e non vengano diffusi dati sensibili. Attraverso l’uso delle “nuove tecnologie”, il Partito democratico, intende infatti dare piena voce al diritto all’informazione che pone anche il dovere a tutti i soggetti di informare, informarsi ed essere informati. La richiesta, prende corpo dal bisogno avvertito dalle tante forze politiche presenti nel nostro territorio, di dare a tutti i cittadini la possibilità di partecipare alle diverse scelte, e di far crescere, negli stessi, il senso di consapevolezza e condivisione delle decisioni intraprese, oltre che di avvicinare la politica alla vita di tutti i cittadini.

martedì 28 gennaio 2014

Nuova Busambra, elette le cariche sociali dell'associazione interzonale


di Piazza Marineo
MARINEO. Si è svolta domenica 26 gennaio, presso il Centro intergenerazionale di Bolognetta, l'assemblea dei soci dell'associazione culturale interzonale "Nuova Busambra", editrice dell'omonima rivista, che esce dalla primavera 2012.
Si è proceduto all'elezione delle cariche sociali per i prossimi due anni. Sono stati eletti componenti del consiglio direttivo i soci Enza Cuccia, Paola Bisulca, Antonino Scarpulla, Francesco Virga, Rosario Giuè, Rossana Lo Pinto, Giuseppe Di Miceli. Alla presidenza è stato eletto Santo Lombino. L'associazione, ufficialmente nata lo scorso anno ha come finalità, tra l'altro, la ricerca e la valorizzazione delle risorse umane, artistiche, culturali, naturalistiche e paesaggistiche della popolazione e del territorio in cui opera; la progettazione e la realizzazione di strumenti di comunicazione a stampa, per via telematica ed informatica per la circolazione delle idee e delle proposte culturali; lo sviluppo della coscienza storica; la realizzazione di laboratori teatrali, la produzione e la circolazione di spettacoli di vario genere.

lunedì 27 gennaio 2014

Una riflessione sull'architettura rurale della Sicilia: u pagghiaru


di Pippo Oddo
MARINEO. Avrei fatto volentieri a meno del termine dialettale se ce ne fosse stato uno solo della lingua italiana atto a fornire un'idea compiuta di pagghiaru o pagliaru (come si dice in talune parlate locali). Ma non c'è, purtroppo. 
Certo, avrei potuto usare la parola "capanna", non senza però mettere prima in guardia i lettori che il pagghiaru è cosa diversa dalla capanna dello zio Tom immortalata dalla penna di Harriet Beecher Stowe. Se per capanna s'intende «piccolo ricovero o costruzione, specialmente di frasca, paglia o legno», bisogna riconoscere che ci sono capanne e capanne, essendo differenti da luogo a luogo i materiali usati e la cultura di quanti le costruiscono e se ne servono. Non tutte le tipologie di capanna possono essere insomma ricondotte al concetto di pagghiaru, forma primigenia dell'architettura rurale siciliana e di altre aree del Meridione d'Italia, indipendentemente dal nome con cui è localmente conosciuto. Scartata dunque questa risorsa del vocabolario italiano, nulla mi vietava di italianizzare la parola siciliana: cosa che hanno già fatto alcuni studiosi autorevolissimi. Ma con quali risultati? I più parlano di "pagliaio", senza tener conto della confusione che la parola può ingenerare. Pagliaio, che mi risulti, significa, quasi ovunque in Italia, ammasso conico o tondeggiante di paglia all'aperto, la riserva per l'intero anno. Si tratta, insomma, di quel prodotto del lavoro umano che i rurali di Sicilia chiamano burgiu. Non ci azzecca quindi nulla con il pagghiaru, direbbe un noto uomo politico molisano. Ma forse la pensava così, già all'inizio del Novecento, il prete folclorista Cristofaro Grisanti, amico di Giuseppe Pitrè. Il quale cercava di evitare, nei limiti del possibile, il termine "pagliaio" allora tanto caro agli studiosi con cui era in corrispondenza. Non a caso parlava di "pagliare" e "pagliarotti" di pastori e – ammesso che non si tratti di un refuso tipografico – anche di "pagliate" di carbonai, «ben costruite, comode, asciutte quasi tukul abissini, e fornite del necessario (anche a difesa della vita) per abitarvi con le mogli e i figli, col pollame, il gatto, i cani, la capra, il maiale e fino agli asini e ai muli». Salvo a lasciarsi sfuggire, a proposito dei segni di guardia in campagna: «Spesso vedi qua, vedi là dei fuochi accesi a tarda sera, dentro e fuori dalle casette, dai pagliai». I geografi che hanno studiato l'architettura rurale dell'Isola hanno invece mostrato di preferire il termine "pagliaro", sicuramente più vicino a quello dialettale, ma non certo privo di ambiguità, tenuto conto che si chiama appunto così in alcune aree dello Stivale il pagliaio, cioè il burgiu. Tanto valeva allora riproporre il nome con cui è stato chiamato per secoli dai contadini e dai pastori di Sicilia anche perché, ce lo ha insegnato Alessandro Manzoni, «il volgo non è poi quel guastafeste ardito nel manomettere le parole e far loro dire le cose più lontane dal loro legittimo significato». Pensandoci bene, il pagghiaru si chiama così forse perché, nella sua forma primordiale, è fatto in gran parte di paglia (che in siciliano si chiama pagghia). La sua vicenda, ancora non del tutto conclusa, è più vecchia della storia. Inizia agli albori della rivoluzione agraria, vale a dire nel momento che, protetto da Demetra, Trittolemo sale sul carro alato che lo porterà in giro per il mondo a diffondere la cerealicoltura e la civiltà. Naturalmente nei pagghiara che si possono ancora ammirare in alcune plaghe della Sicilia e sopratutto all'interno dei parchi naturali (spesso utilizzati come punti di appoggio ai percorsi trekking) si riscontrano anche caratteristiche più elaborate. E c’è pure un mio amico di Polizzi Generosa, ambientalista convinto e appassionato cantautore (Gandolfo Schimmenti detto Moffo), che di recente ha costruito nell’area del Parco delle Madonie un pagghiaru davvero monumentale, provvisto persino di energia elettrica e servizi igienici, nel quale ospita i suoi amici stranieri che amano la natura e la buona musica d’impegno sociale e civile. Ma le tipologie primordiali del pagghiaru siciliano non sono ancora definitivamente scomparse. Vale quindi la pena di descriverle attingendo a man salva a fonti autorevolissime. «Il pagghiaru – scriveva Pitrè nell'ultimo volume della “Biblioteca delle Tradizioni Popolari Siciliane” – è una capanna che dalla terra in su fino a un metro è in muratura primitiva, a secco, e le cui connessure, chiuse o tappate con fango, e da questa base in su, con pali, vanno obliquamente a congiungersi in forma conica in alto, componendo l'ossatura del tetto che si copre con strati di paglia (donde il nome) o di frasche, o di strame, o di ginestra. Le basi di pietra non sono costanti; mancano affatto quando esso è semplice ricovero di un guardiano, mandriano ecc.». La tipologia più interessante è rappresentata dal cosiddetto pagghiaru longu, fino a pochi decenni fa presente nelle valli del Platani e del Tumarrano, anche se non assolveva più alla funzione originaria di dimora, temporanea o permanente, di interi nuclei familiari. Conservava tutt'al più quella di rifugio eccezionale. Di pianta quadrangolare, base in muratura a secco, ha il tetto a quattro pioventi; al centro è sostenuto, come ha notato Giorgio Valussi, «da un robusto palo verticale (culonnà) su cui poggia un travicello orizzontale (bastasi) che supporta il culmine del tetto (curmali) e i pali laterali». Questo tipo di pagghiaru occupa una superficie di circa 5 metri quadrati, quanto basta ad ospitare tre giacigli (jazzi), anch'essi di strame e di ginestra, e il focolare composto da quattro pietre in quadrato. A sostenere la pentola un bastone che pencola dal curmali in direzione del focolare. In corrispondenza dei tre jazzi ce ne sono altrettanti a castello, sostenuti di un'impalcatura di legno. L'apertura è una sola ed «è così bassa che un uomo non può entrare o uscire senza far arco della schiena». Quasi tutti i pagghiara presentano questo inconveniente. Ce ne sono però alcuni, a struttura semplice e forma quadrangolare, che hanno un lato completamente aperto. Sono pagghiara per una sola stagione, quella estiva, e privi di porta. In autunno vengono lasciati in balìa delle piogge che, d'inverno li dissolvono. Ben più resistenti e duraturi sono invece i pagghiara 'mpetra del Catanese, costruiti dai pastori con pietre laviche sovrapposte senza nessuna malta. All'esterno possono anche presentare una pianta quadrangolare, ma all'interno hanno tutti forma circolare, come i trulli pugliesi, le tombe a tholos, i sesi di Pantelleria, i nuraghi sardi, i tumoli etruschi, forse per il supposto valore apotropaico del cerchio. Anche i pagghiara a copertura vegetale hanno spesso base circolare. Cerchi e quadrilateri sono anzi le sole forme geometriche che si riscontrano nella base di questi antichi rifugi, da sempre. Ciò ha calamitato l'attenzione di antropologi ed archeologi. Nel pagghiaru di forma quadrangolare con base in muratura a secco Giuseppe Cocchiara ha individuato il sapere dei costruttori delle capanne sicule e sicane, e persino il modello ispiratore della «modesta casa rurale e urbana» del contadino siciliano. Secondo Biagio Pace i pagghiara rappresentano, sì, la continuazione delle capanne sicule e sicane, ma i motivi geometrici della loro base non sono affatto indicativi di una precisa provenienza etnica o culturale, dato che le due forme ricorrenti già si riscontravano nei villaggi neolitici (circolari nelle capanne della gente comune, quadrangolari in quelle dei capi). A suo avviso, la diversità di forma indicherebbe perciò differenti stadi di sviluppo o disuguaglianze sociali. Per Sebastiano Tusa la capanna castellucciana, costruita da ignoti architetti-agricoltori del neolitico, «non doveva molto differire, per aspetto esterno, per conformazione, costituzione ed interni, dal ben noto pagliaio che resiste ancora oggi nelle campagne della Sicilia interna collinare»; dunque «la sopravvivenza di questa forma architettonica trae la sua origine dal radicamento della civiltà castellucciana nel tessuto naturale della Sicilia interna». Vivevano nei pagghiara, fino al 1950, i contadini insediati nell'ex ducea di Nelson. A detta di un testimone privilegiato, il sindacalista della Cgil Epifanio La Porta, si trattava di capanne «circolari alla base, con muri di paglia ed argilla aventi dentro un circoletto per accendere il fuoco e un buco nel tetto per fare uscire il fumo. Insieme agli uomini stavano il mulo e l'asino; tutti insieme in questo unico pagliaio, dove si cucinava, si mangiava, si nasceva, si moriva». A Tudia, nel Nisseno, fino a metà degli anni cinquanta, vivevano nelle stesse condizioni diecine di famiglie mezzadrili. «Questi pagliai – denunciò un contadino a Danilo Dolci – sono stati costruiti, quando noi eravamo piccoli, dai mezzadri; però il padrone obbligava a pagare un contributo di una decina di polli all'anno ad ogni mezzadro perché potesse stare nel pagliaro». Un paio di lustri dopo, nella Valle del Tumarrano, in contrada Musoloco, Giorgio Valussi incontrò «un vero e proprio agglomerato di pagghiara abitato permanentemente da mezzadri e annesso a una casa padronale di cui però erano disponili per i contadini solo le stalle». Non si creda tuttavia che abitare in un pagghiaru fosse la regola, nelle campagne di Sicilia. Tutt'altro. Anche se, fino a pochi anni fa, c'erano molti di questi manufatti, a parte quelli dei pastori e dei carbonai che fungevano da dimora temporanea, quasi tutti gli altri pagghiara assolvevano alla funzione di deposito di attrezzi di lavoro, guardiola e rifugio occasionale contro gli improvvisi acquazzoni. Rimane il fatto, però, che il pagghiaru ha lasciato segni indelebili nella cultura dei Siciliani. Basti ricordare che nella parlata a bbaccagghiu (linguaggio furbesco della malavita dei bassifondi palermitani) pare che si continui a chiamare pagghiaru la camera di sicurezza. Ovunque in Sicilia viene definito scassapagghiaru il delinquente di bassa lega, il ladro di polli, insomma; ed è conosciuto come sperciapagghiaru un uccellino dalla voce trillante e melodiosa, lo scricchiolo, reattino, o forasiepe. Si dice inoltre che tizio ha i capelli a pagghiaru, cioè in disordine; che Filano è un cani di pagghiaru, ossia ozioso; che la tal casalinga tiene la casa a pagghiaru. E c'è persino un vecchio gioco fanciullesco chiamato pagghiaru.

venerdì 24 gennaio 2014

Tares, mozione e interrogazione dei consiglieri comunali di minoranza


di Barbara Cangialosi
MARINEO. In data 22 gennaio i consiglieri comunali di minoranza dei gruppi “Partito democratico” ed “Esperienza e rinnovamento al servizio di Marineo” hanno una mozione ed una interrogazione riguardanti la Tares. 
Nello specifico, l'interrogazione è volta a conoscere i costi dell’affidamento del servizio dal 3 agosto 2013 al 25 gennaio 2014, con relativi costi del personale, compresi gli straordinari pagati al personale ex Coinres. La mozione urgente, invece, tende a impegnare l’Amministrazione a riaprire il termine per le domande di agevolazione e riduzione Tares, scaduto il 20 ottobre 2013, in quanto, a parer dei firmatari, non è stata data ai cittadini una adeguata informazione in merito.

giovedì 23 gennaio 2014

Università popolare di Bolognetta: nuovo seminario sulla Sicilia Romana


di Piazza Marineo
BOLOGNETTA. Si svolgerà dal 12 febbraio al 12 marzo il seminario “La Sicilia Romana” organizzato dall’Università popolare di Bolognetta.
Programma: mercoledì 12 febbraio "Quotidiano e arte nella Sicilia romana", docente Maria Teresa Di Blasi, archeologa presso la Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Catania; mercoledì 19 febbraio "Le ville romane", docente Emanuele Di Giampaolo, archeologo; mercoledì 26 febbraio "Viabilità in Sicilia in epoca romana", docente Marina Congiu, archeologa; mercoledì 5 marzo "La monetazione romana", docente Orazio La Melfa, studioso di Numismatica; mercoledì 12 marzo "L’alimentazione nel mondo romano", docente Miriam Cerami, studiosa di Storia dell’alimentazione. Previste visite guidate a Piazza Armerina (Villa del Casale) e a Termini Imerese (resti monumenti romani). Coordinamento: Alfonso Lo Cascio, presidenza regionale SiciliAntica. Le lezioni si svolgeranno presso la biblioteca comunale di Bolognetta, con inizio alle ore 16.30. L'ingresso è aperto a tutti.

mercoledì 22 gennaio 2014

Corleone, incontro con l'Ispettore Marineo: Il papiro di Teossena


di Piazza Marineo
MARINEO. Verrà presentato a Corleone venerdì 24 gennaio, alle ore 20.30, presso il pub Strange days (piazza Santa Maria) il volume "Marineide. Il papiro di Teossena" di Ioan Viborg.
L'incontro è promosso in collaborazione con l'associazione Corleone Dialogos. Insieme all'autore interverrà Lorena Pecorella, modera Silvia Madonia. E' il quinto volume della saga di gialli umoristici pubblicata da Navarra Editore e dedicata alle irresistibili avventure di Marineo, l'ispettore più divertente della storia letteraria. All'ombra della rocca di Castropietro i misteri si susseguono: ma, con la sua proverbiale ironia e con un acume senza pari, Marineo riesce a svelare i piani delittuosi di nemici sempre più aggressivi. Tra inattesi ritorni e nuove conoscenze, i colpi di scena non mancano mai. “Con Marineide – dice l’editore Ottavio Navarra – abbiamo vinto una scommessa: quella di pubblicare una serie di gialli in cui l'elemento classico dell'enigma da svelare si coniuga con una scrittura vivace, colorita e densa di espressività. L'autore è riuscito a conquistare un'ampia fetta di pubblico, che segue con affetto e attende con ansia l'uscita dei nuovi episodi”.

martedì 21 gennaio 2014

L'angolo della poesia, Laura La Sala: Violu senza luci


di Laura La Sala
MARINEO. Notti cunfusa: ventu e acqua timpulia pampini arbuli porti e pinseri.
Mi susu sbattuliàta, comu si m'avissiru pigghiatu a timpuluna. Lu scuru nta lu tempu nfusca testa e fogghi ammunziddati nta strati e marciapedi. Frana la terra, rumpi puru la spiranza a la jurnata di jri avanti senza tanti stenti. Ma addinocchia puru lu murali, nun c'è violu, ca porta suli. Si spera sempri a 'u spiragghiu ca dassi caluri nta la vita, nta lu cori, senza campari sempri a tantuni. Comu l'orbu ca nun vidi mai coluri e aspetta lu miraculu di ncelu.

lunedì 20 gennaio 2014

Legge elettorale, Ribaudo: "Errore di Renzi legittimare Berlusconi"


di Franco Ribaudo
MARINEO. Ritengo che Matteo Renzi abbia commesso un grave errore politico: la nuova legge elettorale doveva essere discussa prima all’interno del partito che guida, poi con gli alleati di governo e, infine, con tutti gli altri partiti che intendono dare il proprio contributo in Parlamento.
Iniziare da Berlusconi, avere avuto la fretta di rimetterlo in campo e di riconoscerlo ancora quale interlocutore credibile è stato sbagliato. Non perché il leader di Forza Italia è un pregiudicato in attesa che i giudici gli dicano dove deve trascorrere i prossimi anni della sua vita, ma soprattutto perché ci eravamo già abituati all’idea che quel ventennio berlusconiano fosse stato archiviato, un arco di tempo sul quale grava la responsabilità politica di avere portato il nostro paese sull’orlo del baratro. Riesumarlo, anzi risuscitarlo significa averlo rimesso in corsa per divenire ancora una volta il nostro principale avversario. Non credo che gli elettori delle primarie abbiano voluto dare questo mandato a Renzi. E’ questo il cambiamento di verso che ci dobbiamo aspettare? In realtà, il nostro partito ha già una proposta ufficiale di legge elettorale, che è stata votata e approvata dagli organi direttivi. Il segretario aveva, quindi, il dovere di proporla senza dare in pasto agli avversari queste nuove tre proposte prive di paternità. Ritengo che la nuova legge elettorale debba rispondere a tre principi: costituzionalità, accogliendo le indicazioni della Consulta; la doppia preferenza di genere, come ci chiedono gli elettori; assicurare la governabilità e la rappresentanza. L’unico sistema che può rispondere a quanto sopra é una legge proporzionale, con doppio turno di coalizione. Al primo turno vengono assegnati l’80% dei seggi su base proporzionale ai partiti che superano il 5%. Al secondo turno viene attribuito il premio di maggioranza del 20% dei seggi alla coalizione dei parititi che raccolgono il maggior numero di voti. Non serve imitare altri paesi europei, l’Italia ha dimostrato di non essere un paese bi-polarista ed è, quindi, sbagliato accanirsi nel mutuare altri sistemi. Credo che sia più semplice creare un sistema elettorale che aiuti un processo bipolare favorendo l’aggregazione delle forze politiche su programmi di governo chiari, dove è possibile indicare anche surrettiziamente l’uomo che guiderà il governo.

sabato 18 gennaio 2014

La panchina di Guastella: Paolo Terranova, una vita in equilibrio


di Ciro Guastella
NEW YORK. Finita la terza elementare Paolo Terranova andava a fare da manovale da mastro Carminello. A 23 anni compiuti lasciava Marineo per andare in America dove il giorno dopo l’arrivo trovava subito lavoro in qualità di muratore in una grande compagnia di costruzione.
L’anno seguente incontrò Marta che impalmò nel giro di sei mesi. Da Marta ebbe due figli: Ray e Vincent. A mastro Paolo le cose andavano bene, l’impresa costruiva grattacieli e a lui il lavoro gli piaceva ed aveva un ottimo salario. Un giorno un amico gli consigliò di mettersi una compagnia per conto proprio. Seguendo il suggerimento, fondò una piccola impresa edile che in breve tempo cominciò a crescere ed il lavoro non mancava mai. I figli, dopo essersi diplomati al liceo, si associarono alla compagnia con mansioni manageriali. Ray ricorda che in quell’occasione il padre gli aveva detto: “Dato che vuoi lavorare con me, la mattina tu puoi cominciare a qualsiasi ora vuoi, sempre che ti presenti... mentre c’è ancora buio!”. La famiglia mandò avanti l’impresa per lungo tempo, fino ad affermarsi come una delle più efficienti della zona: ottenevano appalti per nuove costruzioni di case residenziali per conto della Città di New York che, volendo riqualificare quartieri decadenti, metteva nel mercato immobiliare nuove abitazioni, assegnandole con un mutuo a basso tasso d’interesse alle famiglie con reddito minimo. Venne poi il tempo che i figli riuscirono a convincere Mastro Paolo a mettersi in pensione, cosa che all’età di settant’anni fece suo malgrado. Ray e Vincent sapevano che il padre raramente si era concesso qualche settimana di vacanza: infatti mai durante i suoi 47 anni di permanenza in America aveva fatto un viaggio in Italia. Perciò, di comune accordo, i due gli procuravano un biglietto aereo per l’Italia e per visitare Marineo, il paese per il quale sapevano il padre nutriva tanto affetto. All’inizio esitante, ma dietro insistenza, mastro Paolo andò in Italia, dopo qualche giorno si ritrovò a Marineo, dove il paese, la gente e le abitudini gli sembrarono molto cambiati, diversi da come li ricordava. Notava un certo benessere economico, ma tutti si lamentavano, chi per una cosa chi per un’altra. Dopo la permanenza a Marineo ebbe modo di visitare anche altre città italiane, fino a quando giunse il giorno del ritorno in America. Ray e Vincent andarono a prelevarlo al Kennedy Airport. A quei tempi, attraverso grandi vetrate era possibile intravedere l’aereo che si accostava al terminal e quando si fermava, la scaletta su ruote veniva appoggiata al velivolo per permettere il disimbarco dei passeggeri. Mastro Paolo apparve alla sommità della scaletta al seguito di altri passeggeri. Ma, mentre scendeva, vistosamente inciampò in uno dei gradini e finì giù a terra! Dopo aver sbrigato le pratiche doganali, riabbracciò i figli i quali preoccupati gli chiesero se si fosse fatto male quando l’avevano visto cadere dalla scaletta. Mastro Paolo prontamente rispose che no, non era caduto, ma si era invece… buttato a terra a baciare il suolo Americano! Mastro Paolo quando da giovane aveva lasciato l’Italia aveva sofferto per il distacco dalla sua terra natale. Ma questa visita dopo tanto tempo gli aveva fatto comprendere che lui non apparteneva più a quella terra, cosi come quella terra non apparteneva più a lui. In America aveva messo nuove radici, aveva avuto la fortuna di poter assicurare un prospero avvenire alla propria famiglia, crearsi una posizione di indipendenza ed ormai gli era più facile esprimersi in americano. Con tristezza accettava quella realtà che finalmente lo metteva in pace con se stesso: aveva amato la sua terra ma era dovuto andar via per crearsi un futuro migliore e l’America generosamente gli aveva dato questa opportunità!

giovedì 16 gennaio 2014

Fasci Siciliani, su YouTube il promo del documentario "1893. L'inchiesta"


di Piazza Marineo
MARINEO. E' già disponibile su YouTube il promo del documentario "1893. L'inchiesta", un film della regista Nella Condorelli dedicato al Movimento dei Fasci Siciliani.
«L'opera - dice l'assessore alla Cultura Ciro Spataro - ripercorre il reportage del giornalista Adolfo Rossi, inviato de " La Tribuna", nei luoghi dove maggiormente si diffuse la protesta dei lavoratori e soprattutto delle donne. Il documentario è stato prodotto dalla Factory Film con il sostegno anche del Comune di Marineo». L'uscita del film è prevista per giugno 2014. Guarda l'anteprima video

mercoledì 15 gennaio 2014

Guida ai misteri della Vucciria. Palermo: il Cortile della morte


di Pippo Oddo
«… Nello stanzone c’era solo Luigi. Lo sorpresi seduto sul proprio letto con lo sguardo assente ed entrambe le mani aperte sulla testa. Vedendomi cercò di darsi un contegno. Ma non potè nascondermi l’espressione funerea e piuttosto preoccupata. Era la prima volta che lo vedevo così giù di corda e cercai d’appurarne le ragioni.
Ci riuscii dopo aver sudato le metaforiche sette camicie […]. Esordì con una strana affermazione: – Crocifissa abita nel Cortile della Morte. Ora, essendo più che certo che l’infelice capinera era reclusa nella sua gabbia di via Terra delle Mosche, lì per lì mi venne da ridere. Ma una frazione di secondo dopo pensai che forse era più opportuno piangere. I casi erano due: o Luigi si stava prendendo gioco di me o gli aveva dato di volta il cervello. Considerato lo stato in cui si trovava, l’ipotesi più plausibile era quest’ultima. Sicché trassi la conclusione che il macabro toponimo fosse uscito dalla sua fantasia bacata come Minerva armata dalla testa di Giove […]. Ci portammo alla Vucciria, precisamente a piazza Carraffello, alla confluenza di un dedalo di vie e viuzze intestate ai vecchi mestieri. Conoscevo bene il luogo… Ma non sapevo che da un androne sopraelevato rispetto alla piazza si accedesse al cortile della morte. Leggendo la targa, la mia emicrania si decuplicò[…]. Varcai i gradini d’accesso al cortile… e mi ritrovai all’interno di un vicolo stretto, gonfio, ammuffito; tetro come la morte. Andai avanti alla ricerca di una via d’uscita… e stavo per sbattere la fronte contro un muro alto, pieno di lucertole e di salamandre. Guardando il cielo non vidi il sole. Mi girai alla mercè del mio terrore , percorsi a ritroso quel macabro camminamento». Fin qui ciò che ho scritto io nel romanzo che peraltro ha vinto il 1° Premio Mondello ’90 per il libro edito (XI Estate Mondellana) e fu presentato l’8 luglio 1990 da Leoluca Orlando nell’atrio della Biblioteca Comunale di Palermo. Vale la pena di aggiungere che il Cortile della Morte non è una mia invenzione letteraria, ma il vecchio toponimo di un ben individuato spazio urbano d’origine cinquecentesca sito nel cuore del centro storico di Palermo. Ribattezzata Cortile Vecchio, l’area «si sviluppa fra tanti palazzi, alcuni dei quali sottoposti a sequestro preventivo perché a rischio crollo»: parola di Mario Pintagro. Al quale cediamo la parola per saperne di più. A causa del suo estremo degrado, «i residenti hanno comunicato all’amministrazione comunale la loro volontà di donare le aree di loro proprietà con l’unico espresso desiderio che tale spazio rimanga non costruito e destinato a piazza pubblica pedonale, invertendo un processo che avveniva da sempre a Palermo e cioè la privatizzazione di vicoli e cortili, considerati come estensione della proprietà dei vani terreni. “Ringrazio i proprietari dell’area – ha detto l’assessore al centro storico Agata Bazzi – per la sensibilità e la disponibilità dimostrate. Spero che grazie ai piani di riqualificazione cui stiamo lavorando, il loro desiderio possa essere realizzato quanto prima”. Il cortile si trova a una quota di sei metri ma è sovrastato da una cortina edilizia alta venti metri di più, che non favorisce la circolazione dell’aria. Al cortile Vecchio si accede da uno stretto passaggio, il cortile della Morte, a pochi metri dalla fontana del Garraffello. Il cortile si porta una fama decisamente sinistra. Era lì che abitava il boia, un uomo robusto, spesso ex galeotto, cui era affidato l’ingrato compito di tagliare teste ai condannati o passare loro la corda al collo. La piazza, comunque, secondo quanto affermano i tecnici dell’assessorato, presto sarà un grande cantiere. “Oltre a palazzo Rammacca – dice l’architetto Roberto Termini – c’è anche il condominio di palazzo Lo Mazzarino, che ha chiesto di accedere ai contributi previsti dal sesto bando, mentre il palazzo adiacente deve perfezionare la pratica attualmente in stallo”».

martedì 14 gennaio 2014

Marineo, assegnate dal consiglio comunale le civiche onorificenze


di Piazza Marineo
MARINEO. Mercoledì 15 gennaio, alle ore 19.30, presso il castello Beccadelli si svolgerà l’annuale cerimonia di consegna delle civiche onorificenze, da parte del consiglio comunale di Marineo, ai cittadini e ai gruppi che si sono distinti nei vari ambiti della società marinese.
«Le onorificenze - spiega il presidente del consiglio comunale Giuseppe D’Amato - rappresentano il riconoscimento della comunità locale ai cittadini e gruppi che si sono particolarmente distinti in ambito sociale, culturale, sportivo e scientifico grazie alla loro attività costante profusa a favore del nostro paese». Quest'anno, ad aprire l’elenco dei riconoscimenti sarà l’onorificenza assegnata in memoria di mons. Benedetto Rocco, già docente di scienze bibliche alla Facoltà Teologica "San Giovanni Evangelista" di Sicilia. Nel corso della seduta saranno, inoltre, assegnate altri riconoscimenti ai gruppi Il Carro di Elia e In Tabena, al giovane Gabriele Minì, a Francesco Patronaggio, al presidente regionale di Confartigianato Filippo Ribisi e a padre Giacomo Ribaudo (nella foto).

lunedì 13 gennaio 2014

Happy hour con i giovani al castello di Marineo: i 10 comandamenti


di Piazza Marineo
MARINEO. I 10 comandamenti: IV onora il padre e la madre. Giovedì 16 gennaio nuovo incontro al castello di Marineo.

venerdì 10 gennaio 2014

Manlio Corselli: I moti dei Fasci dei lavoratori ed il massacro di Marineo


di Piazza Marineo
MARINEO. Tra le tante recensioni che seguirono all'uscita del volume "I moti dei Fasci dei lavoratori ed il massacro di Marineo" di Antonino Di Sclafani e Ciro Spataro (Ila Palma, 1987) riproponiamo quella di Manlio Corselli, professore associato di Filosofia politica e Diritto costituzionale presso l′Università degli Studi di Palermo, pubblicata nel n° 97 dalla rivista "Nuovi quaderni del Meridione" edita dalla Fondazione Mormino di Palermo.
«La produzione storiografica sui Fasci siciliani si arricchisce di un ulteriore contributo la cui caratteristica non è quella, quantunque importante, della pura e semplice celebrazione delle memorie patrie, ma quella più profonda della capacità del saper leggere dentro alcuni eventi che ancora avvertiamo estremamente vicini alla nostra sensibilità e che percepiamo, senza soluzione di continuità, come pezzi del patrimonio storico di questa nostra terra. Il saggio di Di Sclafani e di Spataro, infatti, tratta di un argomento che, per un verso, segna indelebilmente la memoria collettiva del popolo siciliano e che, per altro verso, costituisce non solo una costante degli interessi degli storici italiani, ma anche stimolante materia per rinnovati impegni esegetici. Come nota Francesco Brancato nella prefazione al volume, il significato di questa ricerca trascende l'obiettivo localistico. Esso invece focalizza l'episodio di Marineo privilegiandolo alla stregua di un osservatorio che permette di dilatare lo sguardo ora nel contesto più generale della realtà sociale, economica e politica dell'Isola, ora nella dinamica del procedimento dell'unificazione nazionale con particolare attenzione ai suoi effetti nell'arco dell'ultimo trentennio del secolo scorso. L'intenzione dei due autori è orientata verso una ricostruzione, rigorosamente comprovata dall'ampia massa di documenti riprodotti nell'Appendice, che a partire da Marineo ponga in luce un certo quadro di vita municipale, comune a buona parte degli enti locali della provincia di Palermo, ove gli interessi del potentato sono tendenzialmente conflittuali con i bisogni e le istanze dei ceti meno abbienti. Marineo, pertanto, diventa cifra emblematica delle condizioni in cui versano i comuni siciliani, chiave di lettura dei modi attraverso cui si gestisce l'amministrazione locale e modello interpretativo della mentalità delle classi dirigenti dell'epoca a considerare il buon governo della cosa pubblica subordinato a consolidare lo stato sociale acquisito. Dall'analisi dei due studiosi emerge in maniera chiara quanto sia ristretto il consenso sociale, come in realtà pochissime famiglie siano in grado di condizionare la pubblica opinione, perché l'alternanza nella direzione politica del Municipio sia quasi sempre scandita da sommosse popolari o dall'intervento di commissari straordinari. Appare interessante notare, altresì, il modulo sostanzialmente premoderno che presiede alla organizzazione dei gruppi dirigenti autoctoni, la cui formazione è tutta quanta garantita dalla provenienza da una famiglia cospicua appartenente al ceto dei "civili". Questo sistema di dirigenza politica, di tanto lontana alla democrazia moderna, assicura a Marineo lunghi periodi di egemonia da parte di alcuni protagonisti del luogo che rispondono al nome dei D'angelo, Calderone e Triolo. Sembra anzi che la conquista di una maggiore coscienza democratica e di una più larga partecipazione popolare non possa non realizzarsi senza l'influenza sui ceti subalterni di qualche famiglia prevalente emarginata dalla conduzione degli affari comunali. Gli Autori, con apprezzabile obiettività, non mancano tuttavia di far notare che, sebbene il Fascio marinese si sia giovato dell'apporto di qualche potentato locale per consolidare nell'agone politico del paese i suoi primi passi, esso trovò successivamente una sua forza coesiva e vitalità nelle energie della povera massa dei contadini e nella solidarietà delle forze lavoratrici organizzate dei centri viciniori. "La nascita del Fascio dei lavoratori a Marineo è sicuramente influenzata dalle lotte tra i partiti amministrativi; ma il suo florido sviluppo affonda le radici nel malcontento popolare, contro i gravami fiscali imposti dallo Stato accentratore che aveva deluso le aspettative dei contadini prima con lo stesso Garibaldi e, in seguito, con i vari provvedimenti della destra e sinistra storica." (p.50) La tesi di Di Sclafani e di Spataro sembra voglia far giustizia di una buona parte degli equivoci che si addensano sui Fasci siciliani e dei luoghi comuni a volte ricorrenti in certi disegni interpretativi tratteggiati troppo sinteticamente. Come si evince dalla loro serrata ricostruzione, quella della povera gente di Marineo, dei cafoni nulla tenenti, fu sì una lotta di popolo ma per necessità attinenti alla sussistenza e non già in omaggio ad ideali avulsi dalla loro sensibilità collettiva. Le invocazioni al re, alla regina e alla Madonna, ricorrenti nei cortei testimoniano una fedeltà allo stato unitario e una devozione ingenua che correla la fede a speranze millenaristiche di redenzione sociale e di promozione umana. Se il socialismo viene avvertito da pochi in modo confuso come generica contestazione verso la proprietà privata, la mancanza di legittimazione sociale del Consiglio comunale è invece subito percepita dal popolo come sopraffazione ed angheria fiscale. "Nelle dimostrazioni, a volte, si inneggiava pure al socialismo, senza, però, consapevolezza di ciò che effettivamente esso rappresentava. Socialismo significata, per il marinese, fine dei dazi e dei balzelli, aumento del misero salario, abolizione della leva obbligatoria, dunque modificazioni di elementi e realtà puramente congiunturali, sorte a causa delle critiche condizioni economiche nei primi anni dell'ultimo decennio del secolo scorso. Non era immaginabile, nel contesto marinese, un tentativo di critica e di discussione dell'entità latifondo, o di promuovere nuovi contratti agrari o di avviare un processo di ricorso al credito." (pp.84-85) Alla luce di queste considerazioni, la chiave di lettura adottata dai due autori ha quindi il pregio di storicizzare gli avvenimenti, riproporzionandoli alla realtà in cui si sviluppano, collocandoli nell'ambiente, nella mentalità e nei costumi. E' una lettura dal di dentro, la quale dimostra la bontà di un metodo di interpretazione storiografica che si sottrae alle secche dell'alternativa se il socialismo abbia ispirato o no siffatti movimenti popolari. Sembra pertanto più feconda la strada che batte la contestualizzazione dei Fasci siciliani al problema della riforma dei poteri locali. Lungo questo versante Di Sclafani e Spataro offrono una persuasiva ricostruzione collegando, sulle orme di Sturzo, la questione meridionale a quella delle municipalità». (Manlio Corselli)

giovedì 9 gennaio 2014

1894. Fasci dei lavoratori: la strage di Marineo dal quotidiano La Sicilia


di Piazza Marineo
MARINEO. Sabato 11 gennaio alle ore 18, presso il castello Beccadelli, Comune di Marineo e Cesim organizzano un incontro dibattito sul 120° anniversario del moto dei Fasci siciliani dei lavoratori. I fatti del 1894 raccontati dal quotidiano La Sicilia.

mercoledì 8 gennaio 2014

1893. L’inchiesta: il film sui Fasci siciliani dal quotidiano La Sicilia


di Piazza Marineo
MARINEO. Racconterà anche fatti di Marineo il film “1893. L’inchiesta” sul movimento dei Fasci siciliani dei lavoratori che, tra il 1891 ed il 1894, scosse con le sue rivendicazioni di giustizia sociale l’opinione pubblica nazionale ed europea. L'evento raccontato dal quotidiano La Sicilia.

martedì 7 gennaio 2014

Marineo, dal prossimo anno scolastico al via l'Istituto tecnico industriale


di Piazza Marineo
MARINEO. L'Istituto d'istruzione secondaria superiore "Don G. Colletto" - sezione staccata di Marineo - continua ad ampliare l'offerta formativa con l’istituzione di un nuovo indirizzo di studi.
Oltre all'IPIA (Istituto professionale industria e artigianato) e all'ITC (Istituto tecnico commerciale aziendale) già presenti, dal 15 al 28 febbraio 2014 saranno aperte anche le iscrizioni all’ITI (Istituto tecnico industriale) per il settore tecnologico con indirizzo in elettronica ed elettrotecnica, che sarà operativo a Marineo già dal prossimo anno. Il nuovo percorso ha una durata quinquennale e termina con il conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore nell’indirizzo, appunto, di “Elettronica ed Elettrotecnica”. E’ articolato in un'area di istruzione generale che ha il compito di fornire ai giovani una solida preparazione di base conseguita attraverso il rafforzamento degli assi culturali, mentre le aree di indirizzo devono consentire agli alunni di acquisire conoscenze teoriche e pratiche spendibili nella vita, nello studio e nel mondo occupazionale. Quest’anno l'Istituto ha cambiato dirigente. La professoressa Rosa Crapisi, molto attenta alla puntualità, all'ordine e alla crescita della scuola, ha contattato i responsabili delle aziende di trasporti pubblici per concordare orari e percorsi in modo da consentire a tutti gli studenti pendolari di arrivare puntuali alle lezioni. Inoltre, la preside si è prodigata per migliorare la formazione degli alunni con l’apertura di un nuovo e avanzato laboratorio di meccanica (il progetto è già stato approvato e finanziato con i fondi della Comunità Europea, ed è in corso la gara d'appalto per iniziare i lavori). Sono stati acquistate nuove cartine geografiche e dizionari, e attivati progetti e laboratori per l'ampliamento dell'offerta formativa e per l'integrazione e la valorizzazione delle intelligenze diverse: un laboratorio psico-motorio, un laboratorio artistico espressivo e un laboratorio di giornalismo e pubblicità, che lavora per dar voce ai ragazzi, per impegnarli in prima persona nella promozione della loro scuola e nel dialogo con l'esterno e col territorio. Nei giorni di venerdi 24 e sabato 25 gennaio si terrà il consueto “Open Day”: la scuola di Marineo aprirà le porte al pubblico e darà informazioni dettagliate e brocure informative sui percorsi di studio attivati e proposti, renderà visitabili locali scolastici, laboratori, strutture e servizi.

sabato 4 gennaio 2014

Marineo: genuinità e tradizione, fiera dei prodotti tipici del territorio


di Piazza Marineo
MARINEO. Esposizione e degustazione di prodotti tipici il 5 e il 6 gennaio a Marineo.
“Marineo: genuinità e tradizione. Fiera dei prodotti tipici del territorio” è una iniziativa organizzata dalla Pro Loco di Marineo in occasione delle festività natalizie, d'intesa con Confartigianato Marinese e con il patrocinio del Comune di Marineo. Gli stand saranno allestiti lungo il corso dei Mille e rimarranno aperti dalle ore 17 alle 22.

venerdì 3 gennaio 2014

Il valore della memoria: il 120° anniversario dei Fasci Siciliani


di Nino Di Sclafani
MARINEO. Assai opportuna la scelta, fortemente voluta dall'assessore Ciro Spataro, di un passaggio istituzionale nel quadro delle manifestazioni per il 120° anniversario del drammatico epilogo della vicenda dei Fasci Siciliani. 
Nei prossimi giorni avrò modo di ritornare su alcuni aspetti della vicenda storica e sulle complesse implicazioni che il movimento dei Fasci ebbe nella Marineo di fine Ottocento. Ciò che oggi, anniversario del massacro, mi preme invece sottolineare e condividere con i lettori di Piazza Marineo è il valore che può avere in questa ricorrenza il ricordo di quei fatti e di quei morti. Continuo a ritenere valida la lettura fornita nel 1987, assieme a Ciro Spataro, nel nostro saggio dedicato al Massacro di Marineo. Il fascio marinese nacque nel quadro di una feroce guerra tra i partiti-cosche che si contendevano il governo locale. Memori dell'uso fatto durante tutto l'800 del malcontento popolare come arma contro gli avversari politici, anche in quello scorcio di fine secolo ci fu chi ebbe l'idea di canalizzare la palpabile rabbia della gente contro i nemici al governo del paese. Nella nascita della sezione di Marineo il ricorso al socialismo rappresentò un'idea come un'altra per convogliare i malumori del proletariato locale vessato, tra l'altro, da mille balzelli. Quello che i manovratori occulti non si aspettavano fu che, in nome delle aspettative suscitate dalle idee socialiste, il fascio crebbe al di sopra di ogni attesa, catalizzando l'attenzione e la militanza di un migliaio di diseredati che nelle parole di Nicola Barbato, unico vero leader socialista con cui entrarono in contatto, ebbero modo di intravedere il riscatto di secoli di sfruttamento e sottomissione. Si tratta di quel "socialismo istintivo" che, incontrando quasi inconsapevolmente il vissuto ed il desiderio di una vita migliore, diede forza al movimento facendo della sezione marinese una delle più attive del circondario. Purtroppo tutte quelle aspettative si scontrarono nella fredda giornata del 3 gennaio 1894 contro le baionette del regio esercito. Perchè ricordare oggi quell'evento? Vuota retorica? Suggestioni accademiche? Trionfo del politicamente corretto? Nulla di tutto questo. Urge un recupero dei fatti del passato perchè in essi sovente è scritto il nostro presente e, cosa più importante, il nostro futuro. Solo la memoria degli errori del passato potrà evitare all'umanità di ricadere in percorsi già tragicamente sperimentati. "La miseria e la mala signoria furono e saranno sempre i motivi principali delle rivolte". Sono le parole del poeta Mario Rapisardi tratte dall'introduzione del libro di Napoleone Colajanni "Gli avvenimenti in Sicilia" del 1895. Penso che in questi anni di profonda crisi economica molte delle variabili riscontrabili nella vicenda marinese dei fasci si ripresentano inquietanti alla nostra attenzione. Il nostro consolidato benessere vacilla sempre più, sacche di povertà emergono sempre più prepotentemente, il futuro delle nuove generazioni è segnato da precarietà e da oscure prospettive. Anche oggi, come allora, non mancano tasse e balzelli sempre più improponibili per le famiglie stremate. Non è certo la miseria dei nostri avi, ma sappiamo quanto sia amaro avvertire, giorno dopo giorno, l'arretramento, le prime privazioni, l'impossibilità di mantenere il tenore di vita già dato per scontato. A tali drammi si affianca la crescente consapevolezza della "mala signoria" che ha contraddistinto la nostra nazione da parecchi decenni. Si dirà che non tutti i politici sono ladri, ma, a leggere le cronache quotidiane, non si può manco affermare che siano tutti onesti. Ed è in frangenti come questi che i manovratori occulti, intercettano il "sacrosanto" malcontento della gente volgendolo a proprio uso e consumo. Aizzare le folle è occupazione assai semplice in tempi grami come quelli che stiamo vivendo, qualunquismo e populismo sono però armi a doppio taglio. Più impegnativo e serio è invece gestire l'indignazione e mantenerla nei sentieri della lucidità e della nonviolenza. Sarà più lungo ed articolato il percorso, ma sortirà una maturazione democratica e civile che nessuna rivoluzione può ottenere, è quella politica dei "piccoli passi" tanto propugnata proprio da Barbato che, nel suo discorso ai fascianti di Marineo del 31 luglio 1893, invitava alla calma ed alla conquista della rappresentanza con i mezzi della politica. La storia ci ha insegnato che, per quanto giuste siano le cause, le rivoluzioni violente hanno sempre un epilogo sanguinoso: possono essere domate con la forza, come accadde 120 anni fa a Marineo ovvero possono originare Terrore e sistemi totalitari peggiori di quelli che volevano demolire. Un invito a riflettere e un appuntamento per partecipare, una volta tanto, uniti al Consiglio di stasera.

giovedì 2 gennaio 2014

Ricordo di Mons. Francesco La Spina, da dieci anni alla Casa del Padre


di Ins. Lina La Spina
MARINEO. Una ricorrenza così importante, che ti interroga e ti lascia sorpreso per le meraviglie di Dio, non poteva passare inosservata sia per i marinesi che per tutti coloro che, a vario titolo, hanno conosciuto Padre Francesco.
In effetti, celebrare un anniversario sacerdotale significa lodare e ringraziare il Signore per questo grande dono fatto alla Sua Chiesa e al mondo, significa accostarsi al mistero del giovedì Santo "Fate questo in memoria di me" (Lc 22,19), significa provare la gioia del Natale e della Pasqua nella rinnovata frazione del Pane e del Vino come donazione la più alta, la più piena fatta da Cristo al Padre e ai fratelli; in ultima analisi, adorare il Mistero nascosto nel sacerdozio ministeriale per perdersi nell’infinito di Dio. Don Luigi Sturzo, il nostro siciliano, diceva: "Una Messa vale tanto" a chi gli suggeriva di sostare un poco. Ma non solo: il sacerdote ti immette nella Chiesa dopo averti purificato nell’acqua battesimale. Ti rende, "in persona Christi" nuova creatura nel sacramento della Riconciliazione, ti aiuta a scalare il monte della santità. Sì, il sacerdote è Cristo nei secoli, è lui che, fragile e povero, porta dentro di sé il segreto di mani consacrate dal Vescovo per il Regno. Popolo di Dio, perciò rispettalo, amalo, aiutalo! Il poverello d’Assisi ci ricorda: "Se incontrassi un angelo e un sacerdote, prima saluterei il sacerdote e poi l’angelo". Arrivederci, Monsignor La Spina.

mercoledì 1 gennaio 2014