martedì 30 dicembre 2008

Se questo è un uomo


«Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici: considerate se questo è un uomo che lavora nel fango che non conosce pace che lotta per mezzo pane che muore per un sì o per un no. Considerate se questa è una donna, senza capelli e senza nome senza più forza di ricordare vuoti gli occhi e freddo il grembo come una rana d'inverno. Meditate che questo è stato: vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore stando in casa andando per via, coricandovi alzandovi; ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa, la malattia vi impedisca, i vostri nati torcano il viso da voi».

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Non ci sono parole per descrivere queste crude realtà, ma oggi esistono ancora.
E' una vergogna per la dignità dell'umanità, ma la dignità l'uomo ormai non sà cosa è.

Salvatore I.

Francesca T. ha detto...

No, questo non è un uomo..

Nè quello che punta il dito senza fare nulla..

Nè quello che ferisce, senza curarsi di sapere davvero chi ha colpito, nella sua "sproloquiante" ansia di esternare il proprio disappunto contro un idea che non comprende.. o un sogno che non condivide..

Ed è sempre questo il punto: l'incapacità di sognare o di accettare che esistano sogni diversi dal prorpio, l'incapacità di costruire, l'incapacità di vedere "oltre" la punta (adunca, tonda o appuntita che sia) del proprio naso..

Su scala mondiale o su scala "paesana", il diritto/principio violato è lo stesso: la libertà degli individui..

Libertà di risiedere in un luogo
Libertà di credere e chiamare Dio con un nome diverso
Libertà di esprimere le proprie idee
Libertà di confrontarsi
Libertà di amare
Libertà di sognare e provare a realizzare i propri sogni..

Libertà di Vivere..

Meditiamo su questo stanotte, tra le 23.59 di questo anno difficile e le 00.01 di un anno di cui ancora non sappiamo nulla.. tranne quello che saremo in grado di trascinare da questa parte e quello che lasciamo sull'altra riva...

Concediamoci due minuti..

Tra i botti e i brindisi, la nostra mente è anche in grado di pensare..

Pensiamo se questo è l'Uomo che Dio ha sognato..

Anonimo ha detto...

Costatazioni pacate quelle di sopra. Ma chi pone i rimedi? Le guerre, le rivoluzioni e l'avidita' umana esistono da sempre, le nostre condanne, le preghiere e le contemplazioni serviranno poco per porre fine alle ingiustizie subite dai piu' deboli.

Anonimo ha detto...

La questione palestinese è sicuramente una delle vicende più complesse che la diplomazia internazionale si trova ad affrontare in questo tormentato inizio del 2009. Riepilogarne le tappe saliente richiederebbe libri interi di approfondimento.
Hamas il gruppo terroristico che politicamente è pure maggioranza nella striscia di Gaza ha rotto la tregua armata con lanci di razzi sulle cittadine israeliane di confine causando 5 morti. Dal suo canto L'esercito israeliano ha intrapreso una campagna di bombardamenti e raid aerei che fino ad oggi ha causato 400 morti di cui gran parte sono donne e bambini. Salta all'occhio la sproporzione della reazione. Ma al di là dei numeri(che rappresentano pur sempre vite umane trucidate barbaramente)ciò che fa pensare più di tutto è che se il lancio di razzi viene da gruppi terroristici di integralisti islamici la reazione è frutto di un'azione spropositata ad opera di un esercito regolare agli ordini di un governo nell'esercizio delle sue funzioni.
Sono circa tremila anni che gli ebrei sono in guerra con gli abitanti dell'attuale striscia di Gaza (nella Bibbia il popolo era quello dei Filistei). Con la distruzione del Tempio di §Gerusalemme ad opera dei Romani intorno al 70 dC il popolo ebraico si disperse in lungo e largo nel Mediterraneo e la Terra Promessa rimase in mano a popolazioni di pastori che troveranno una comune identità politica e religiosa con la diffusione dell'islam dal sesto secolo in poi. Se escludiamo gli intervalli dei regni cristiani nel periodo delle crociate, possiamo affermare che il territorio di israele per circa duemila anni ebbe una consolidata e diffusa egemonia arabo-islamica.
Alla fine della seconda guerra modiale, dopo la terribile esperienza della shoah, la comunità internazionale ritenne doveroso riassegnare agli ebrei dispersi nel mondo quella che originariamente era la loro terra non curandosi troppo del fatto che nel frattempo e per duemila anni quei territori erano stati ed erano abitati dai palestinesi diversi per cultura, lingua e religione dagli ebrei che da ogni parte del mondo incominciarono a giungere a migliaia costituendosi in nazione ed organizzandosi militarmente occupando territori limitrofi dove istallare nuove colonie per dare sfogo al flusso sempre più ampio di coloni che rientravano dopo duemila anni nella Terra Promessa.
Nacque così la questione palestinese con i paesi arabi confinanti sempre ostili al nascente stato e gli israeliani che in poco tempo divennero una potenza militare dotata di tecnologie all'avanguardia e forte del continuo appoggio degli Usa.
La soluzione? Temo che non esista!Tremila anni di odio e fiumi di sangue, di vendette e rappresaglie, di kamikaze e raid, intifada e bombardamenti hanno creato uno scenario assai complesso. Tra l'altro lo scenario dove si svolge questa vicenda è quel medio-oriente dove si misurano le forze di due mondi oramai in aperto conflitto: l'occidente cristiano e l'oriente islamico, quello scontro di civiltà che se non affrontato causerà gravi stravolgimenti nei prossimi anni.

nino di sclafani

Anonimo ha detto...

[...] «Shoah», in ebraico, non significa necessaria­mente olocausto: indica anche rovina, distru­zione, catastrofe. Ed è probabilmente a questo che ha voluto fare riferimento Vilnay. Ma quel­la parola, difficilmente pronunciata senza rife­rimenti diretti al genocidio nazista, ha fatto il gi­ro dei media arabi. Gli stessi che da mercoledì mostrano le foto degli otto bambini palestine­si uccisi negli ultimi due giorni dai soldati i­sraeliani (insieme ad altre 23 persone). Vilnay ha cercato di rimediare affidando un «chiari­mento» al suo portavoce, Eitan Ginzburg: «L’e­spressione che il vice-ministro ha scelto viene usata con il significato di “attirare su di sé la ca­tastrofe” », ha spiegato. E pa­zienza se «catastrofe» rimanda alla «naqba» con la quale i pa­lestinesi indicano il loro esodo da Israele avvenuto nel 1948. A Gaza ormai quelli di Hamas, di fronte a migliaia di palestinesi scesi in piazza per manifestare contro i raid degli ultimi gior­ni, già dicevano di «avere a che fare con dei neo-nazisti che vo­gliono ammazzare e distruggere il popolo pa­lestinese » [...]
Avvenire, 01.03.2008

Anonimo ha detto...

I Palestinesi non vogliono soltanto la loro indipendenza come stato, vogliono la distruzione di Israeli e degli ebrei. Malgrado la concessione territoriale che dopo le guerre avevano conquistato, Israeli si e' dimostrata volenterosa a convivere con gli arabi e dare loro i diritti umani che meritano. Ma a cominciare da Arafat, che si e' impossessato degli aiuti americani destinati ai Palestinesi, gli Hamas dimostrano dendenze terroristiche ai quali gli Israeliti rispondono a dovere. Putroppo i leaders Hamas hanno arsenali di bombe accanto alle scuole e si nascondono dietro i bambini sia nelle scuole che negli ospedali.

Nuccio Benanti ha detto...

Purtroppo... per i bambini delle scuole e per i feriti degli ospedali.
Prova a pensare, se lo stato italiano, in un momento di guerra cruenta contro Cosa nostra, decidesse di bombardare i territori ad alta densità mafiosa.
Purtroppo... farebbe una strage.