martedì 10 settembre 2013
Documenti. Storia della Parrocchia di Marineo: il sacerdote Giuseppe Pilo
di Nuccio Benanti
MARINEO. Nella Storia della Parrocchia di Marineo, oltre alle vite dei parroci scritte da mons. Francesco La Spina, un capitolo a parte meritano tutti i sacerdoti marinesi che con le loro opere hanno dato un contributo significativo alla crescita sociale e culturale della nostra comunità.
“Non domando onori, ma che gli amici dicano un’Ave Maria per me dopo la mia morte”. Queste sono le parole che il sacerdote Giuseppe Pilo (1700-1763), figlio dei marchesi Girolamo Pilo Celestri e Orsola Migliaccio Sarzana, volle lasciare a futura memoria assieme al suo ritratto, un olio su tela oggi conservato in una delle salette del parlatorio nel Collegio di Maria. Appartenente alla famiglia che aveva il titolo del marchesato di Marineo, don Giuseppe verrà ricordato come una persona umile e pia, che agli inizi del Settecento contribuì alla fondazione del collegio delle suore. L'Istituto fondato dal cardinale Corradini (approvato da Clemente XI con la Lettera Ad apostolicae dignitatis), in Sicilia si era diffuso soprattutto nei Collegi di Maria, che ne presero lo spirito, le regole e la stessa forma nell'abito religioso. La caratteristica particolare della nuova congregazione consisteva nell'ascetismo personale per le religiose che l'abbracciavano e nell'attività sociale che dovevano nel contempo svolgere all'interno della comunità dove operavano: un vero e proprio rinnovamento nella vita religiosa di quel secolo. Le novizie venivano reclutate soprattutto tra le educande che si impegnavano «a procurare il bene e la perfezione delle fanciulle, prima col buon esempio e poi con le scuole pubbliche, coll'uso della dottrina cristiana, cogli esercizi spirituali, coll'istruir le figliuole per la Prima Comunione col tenerle in educazione». Un'educazione che consisteva, oltre che nella formazione cristiana, anche «nelle buone arti e lavori d'ogni sorta, leggere e scrivere, cucire e ricamare, far merletti, calzette e simili». L'avere dato vita anche a Marineo ad un ordine che ebbe come scopo principale la gloria di Dio e la formazione integrale della gioventù femminile, specie quella povera ed emarginata, «Formare la donna – di cui la famiglia è nucleo – per salvare la società» fu un evento veramente rinnovatore e salvifico per la piccola comunità. Così, le giovani donne che volevano apprendere l’arte del cucito e del ricamo avevano la possibilità di frequentare il collegio delle suore, dove venivano organizzati dei corsi formativi per la preparazione dei corredi. In questo contesto, non mancava mai un piatto caldo per educande. Nella scuola, l’attrezzatura impiegata era di una estrema semplicità: un telaio, composto da due travi e due bacchette, dove veniva tesa la tela da ricamare con ago e filo. Ma il religioso non si limitò solamente a dare vita al progetto: si adoperò anche per dotare l’istituto di tutto ciò di cui aveva bisogno. Così, nel testamento nominò erede universale del suo patrimonio, comprendente tra l'altro la sua casa, oro, argento, biancheria, carrozze, mule, libri (...) il Collegio di Marineo sotto titolo di S. Vincenzo Ferreri “ad esso tanto caro”. Don Giuseppe Pilo fu parroco della chiesa di Sant’Antonio Abate di Palermo dal 1757 al 14 luglio 1763, giorno della sua morte. L’umile sacerdote aveva anche espresso la volontà di essere sepolto a Marineo. “Affida l’anima a Dio, le ossa alla terra e il patrimonio alle pie religiose”, così riporta l’epigrafe posta sulla sua sepoltura all'interno della chiesa del collegio. Di lui sono rimasti pochi documenti, fra i quali il testamento redatto dal notaio Palumbo nel 1761.