martedì 9 settembre 2014

La panchina di Guastella. Vincenzo Li Castri, un sarto su misura


di Ciro Guastella
Vincenzo Li Castri nacque a Marineo il 9 ottobre del 1919 da madre palermitana e padre marinese. Dopo avere completato le scuole elementari e la morte del padre si trasferì per alcuni anni a Palermo, dove cominciò ad imparare l’arte del cucito presso una sartoria e, con l’aiuto di bravi maestri e testi sul soggetto, divenne un esperto anche del taglio.
Dopo essere ritornato a vivere a Marineo, a 18 anni si arruolò nella Marina Militare e per cinque anni venne assegnato nei sottomarini con mansione di radio-telegrafista. A Marineo, in via Portelluzza, apriva bottega di sartoria per abiti da uomo confezionati su misura. Vincenzo era conosciuto come “il sarto Palermitano”, ma lui si riteneva puro Marinese. Interessandosi alla politica locale, fu segretario di un partito e si candidava perfino in una lista elettorale per avanzare e migliorare le condizioni del paese. Il giovane, cresciuto con un fisico attraente, folti capelli neri ed occhi scuri penetranti, sposava la bella Pina Ficarra, alla quale promise il suo eterno amore. Pina diede alla luce Elisabetta, Antonina, Mario e Giovanni. La sartoria, intanto andava avanti, il lavoro non mancava e Vincenzo, quando poteva ottenere il biglietto d’ingresso, partiva la domenica per lo stadio della Favorita per godersi una partita e tifare per la sua amata squadra del Palermo. Il calcio era il suo passatempo preferito, con Padre Salvatore Pulizotto ed altri amici avevano tentato di promuovere lo sport fra i ragazzi del paese, cercando di migliorare le condizioni del campo sportivo comunale. Padre Pulizotto, a quei tempi era anche visibile mentre arbitrava alcune partite. L’opportunità arrivò mentre i bambini erano ancora in tenera età. L’America! Marito e moglie ne avevano sempre sentito parlare come la terra per farsi un avvenire migliore ed ora finalmente potevano raggiungerla per ritrovarsi con i parenti che avevano fatto loro l’atto di richiamo. Partirono tutti all’inizio del 1962 e si stabilirono ad Elizabeth Street nella Little Italy di New York presso alcuni parenti. Vincenzo trovò lavoro di cucito presso una sartoria di Manhattan, ma per poco tempo. Abituato com’era alla sua indipendenza, il lavoro a produzione di massa non lo soddisfaceva. Si trasferì così in un grande negozio di vendita di abiti già confezionati: lui era l’addetto alle modifiche. Qualche anno dopo apriva un suo negozio e la famiglia si trasferiva a Brooklyn. La moglie Pina con i figli andavano in Italia a passare un po di tempo in paese, ma Vincenzo, che avrebbe voluto anche lui visitare Marineo, preso dagli impegni, rimaneva in America. A Brooklyn qualche tempo dopo, Pina dava alla luce il figlio Vittorio. Due dei loro bambini morirono in tenera età. Gli altri figli frequentavano le scuole ed Antonina, in particolare, dimostrava una spiccata attitudine per le arti: studiò recitazione sotto la direzione di un maestro di teatro Sanford Meisner, noto per l’innovativo “Meisner method” e durante la crescita contribuì il suo talento ad alcune produzioni teatrali e cinematografiche. Anche oggi Antonina ha conservato la passione per le cose siciliane che aveva imparato dai genitori: è autrice di poesie e recita queste ed altre in siciliano con il gruppo di Arba Sicula, diretto dal prof. Gaetano Cipolla. La famiglia, avendo acquistato casa, si era definitivamente stabilita a Brooklyn dove visse per molti anni. Quando, sotto l’iniziativa di Pippo La Motta, si pensava di trasferire il club di San Ciro da Manhattan a Brooklyn, Vincenzo incoraggiò l’idea e, quando si ottenne il trasferimento, per anni fece parte del nuovo consiglio in qualità di socio, segretario e poi anche presidente della Società Religiosa San Ciro di Brooklyn. Durante la sua Presidenza riuscì a realizzare importanti traguardi, fra questi, la disponibilità di un locale più grande con tutti i conforti ed il rinnovo del certificato di incorporazione con lo Stato di New York. Il Club, proprio in quel periodo, raggiungeva l’apice per la numerosa presenza di membri. La Florida gli era stata descritta simile alla Sicilia, piena di sole con temperatura mite e tanti alberi di palme. La famiglia vi si era recata diverse volte ed aveva anche comprato una casa a Clearwater, era logico quindi che nel 1986, dopo essersi messo in pensione, ci andassero a vivere. Nel libro “Il Cammino di San Ciro” (Benanti-Guastella, 2009), la figlia Antonina racconta come nel 1989 dopo che il padre all’ospedale aveva subito diversi interventi, non riusciva a migliorare. Due sorelle della mamma partivano da Brooklyn per recarsi in Florida, portando con loro la statuetta di San Ciro, ritenuta miracolosa e portata di casa in casa dagli ammalati. Vincenzo, rimasto sempre fedele a San Ciro, quando li vide si mise a piangere, toccò la statua e si mise a pregare. Poco tempo dopo le sue condizioni migliorarono e la statuetta fu riportata a Brooklyn. Il 13 maggio del 1992 Vincenzo veniva a mancare a quanti l’avevano amato. Il Club della Società Religiosa San Ciro di Brooklyn dedicò una targa ricordo alla sua memoria. L’uomo aveva un cuore d’oro e possedeva la capacità di amare e di farsi amare. La sua onestà e modestia furono esempi per chiunque aveva avuto modo d’incontrarlo. Ricordo una sua vecchia tenera storia: da ragazzo giovane ebbe l’opportunità di fare parte del coro incluso nella rappresentazione dell’Aida al teatro Massimo di Palermo. Poche lire furono il ricavato che ottenne per la sua prestazione, ma con quelle andò subito dal macellaio a comprare del fegato per la mamma che era ammalata.