venerdì 5 settembre 2014

40° Premio Marineo, il riconoscimento a Erika Re­ginato per l’opera straniera


di Piazza Marineo
Nell'ambito del 40° Premio Internazionale “Città di Marineo” una targa premio è stata assegnata a Erika Re­ginato per l’opera straniera “Gli eletti”, tradotta in lingua italiana da Emi Rabuffetti, Raffaelli Editore. Nota di lettura di Loretto Rafanelli.
Un libro di poesie bilingue, spagnolo-italiano, quello di Erika Reginato (Gli eletti-Los Elegidos, Raffaelli, pag 120, euro 15, traduzione di Emi Rabuffetti), questo perché la poetessa è italo-venezuelana, dove lo spagnolo è la madre lingua. Tuttavia, i molti luoghi e gli scenari che fanno da sfondo a questa raccolta, sono prevalentemente veneti, dove ora vive, in particolare quelli di Bassano. Ma i veri ‘luoghi’ del libro sono quelli esistenziali, un vortice emozionale che porta l’autrice a dire delle vicende della vita, non sempre fortunata e comunque tesa a un continuo e sincero slancio amoroso. Speciale poesia la sua che racchiude anche la materialità di tanti semplici, delicati, incroci, come suggeriscono questi versi: “Una mattina di agosto/ ho attraversato le montagne/ in cerca delle pietre del purgatorio”, “Ho passato due giorni di fronte al vento della Valsugana,/ riesumando gli anni e tutto quello che si muove/ sulla strada in salita”, “ Una volta mi raccontasti/ che negli scavi del Monte Grappa/ i ragazzi nascosti/ sotto le foglie e i rami/ raccoglievano insetti”. La Reginato è una poetessa dal tono lieve che entra nel cuore di chi la legge. Sempre alla ricerca di una comprensione, di una gioia, forse troppe volte sfuggita. Eppure non si avverte il pianto rassegnato o la nefasta autocommiserazione che muove molta poesia, i suoi versi rimangono sempre nella sostanza di un alto decoro, di una piena dignità, specchio di una interiorità che non si abbandona al vittimismo. Si avverte senz’altro in questa poesia la grande lezione poetica sudamericana che la poetessa ben conosce, anzi ella ne è una esperta, avendo un diretto contatto con molti poeti di quella terra, alcuni da lei tradotti in italiano. Una scrittura quindi che sa darsi nel pieno di uno slancio, che sa tenere “viva la passione/ più intima”. Dice bene Milo de Angelis nella presentazione, quando afferma che la poesia della Reginato “è attraversata da una profonda tensione alla vigilia”, tesa quindi a qualcosa o a qualcuno, in un viaggio perenne in cui tenta di giungere all’amato o al miracolo di una situazione che sia profondamente radicata, perché anche l’essere tra due paesi è uno stato emotivo ricco ma pure precario. Ma questa sospesa attesa è vissuta con tutta l’umiltà e la modestia che solo i grandi sguardi possono garantire. La poetessa è racchiusa in una speranza muta, eppure vissuta con la solenne forza della vita: “Mi incrocerai durante il mio viaggio/ e spargerai il grano della misericordia”. Una vita da inseguire. Ecco forse questa è l’attesa a cui sempre la Reginato è chiamata. Siano: l’amore o la felicità del corpo o la sicurezza di una migrante. Sempre con la passione mite di una sognante realtà, come traccia in questi versi: “Mi chiedi di dipingere l’oceano,/ le madreperle,/ la foce del fiume/ e la stella che allontana il male./ Sai che porto schegge di legno,/ le note di un canto,/ un quaderno alla deriva./ Bisogna soltanto avere fede mi dici del mare/ quando la fatica legata al silenzio, parte./ Un acquerello su carta di cotone/ raggiunge la linea del tramonto,/ l’abbraccio continuo del respiro.” Erika Reginato esprime la sua poesia con un linguaggio pulito e leggero, moderatamente metaforico, ma pure immediato, sempre teso ad una ricerca stilistica. E’ un canto soave il suo, ma anche doloroso, per una complicata “traversata di anni”, con la forza però sempre viva di parlare, di scrivere, di sorridere all’inclemenza delle stagioni: “Oggi parlerò con te/ con la voce grave dell’universo…Respira l’aroma del samàn,/ la notte di questa estate./ La tua anima trova il Padre/ in un mucchio di sabbia.” C’è in questa poesia la profondità di un cuore. Un’abbondanza di sensazioni che iniziano appunto “quando si semina nel cuore”, è il bisogno narrato quasi sottovoce, una necessità che si fa verso, che si muove dalle piccole cose ma che poi sconfina nell’infinito, come si avverte in queste parole: “Vado al di là di questa ondata/ dove il mare non mi tocca/ e comincio l’orizzonte.” Una voce originale quella della Reginato, nata nel ’77, tra due lingue cosparsa, che mantiene una ricerca costante, arricchita anche da una intensa e alquanto importante attività di traduzione: la poetessa italo-venezuelana ha al suo attivo una serie di lavori che hanno permesso di far conoscere la poesia del nostro paese in America Latina, ricordiamo tra gli altri: Antologia di diciotto poeti italiani del secondo Novecento e Antologia di poeti italiani contemporanei, ambedue editi dalla prestigiosa Monte Avila di Caracas.