venerdì 31 dicembre 2010

La fine del tempo e il gioco come imposizione dell’ordine sul disordine


di Nuccio Benanti
MARINEO. Juri Lotman chiama cultura l’insieme dell’informazione non ereditaria accumulata, conservata e trasmessa dalle varie comunità umane.
Partendo dalla realtà, che è uguale per tutti, è nel momento della organizzazione dell’informazione che si manifesta e prende forma la cultura, ovvero il patrimonio di conoscenze e norme condivise da un gruppo umano. Anche il gioco a carte consiste nell’esercizio di comportamenti individuali nell’ambito di un contesto preciso di norme da rispettare. E', infatti, esercizio di regole, imposizione dell’ordine sul disordine, conversione dell’ignoto nel noto. Nelle società tradizionali il tempo era identificato nei ritmi della natura. Tale abbinamento portava l'uomo a ritenere che, col concludersi del ciclo stagionale, a ridosso del solstizio d’inverno, si esaurisse la vita stessa. Da qui la stretta connessione tra le feste di fine anno, i rituali e i giochi, la cui funzione era proprio quella di aiutare la rinascita del tempo. Fine e principio del tempo sono presenti nelle nostre tradizioni di capodanno. Il vecchio oggetto sostituito col nuovo e il dono dei giocattoli ai bambini (un tempo dai vicchiareddi) simboleggiano, assieme a carte, tombola o lenticchie, la ciclicità della natura e la necessità della comunità umana di assicurare, attraverso azioni simboliche-rituali, la rinascita dell'anno e della vita.

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