venerdì 12 febbraio 2010

Il soprannome (o nciuria) marchio a fuoco della fama e dell’infamia


di Nuccio Benanti
MARINEO. La nciuria: non c’è nulla di più effimero e fuggitivo; non esiste tuttavia nulla di più duraturo e vivo, in quanto deposito collettivo di esperienze umane.
Il soprannome, ossia il triangolo semiotico di significante significato e referente, è contenitore culturale, marchio a fuoco della fama e dell’infamia, parola d’ordine dell’onore o del disonore di una discendenza, di un intero lignaggio. Gli antichi greci usavano un oggetto spezzato in due metà e in possesso di due famiglie diverse che, incontrandosi e tornando a far combaciare i pezzi, si garantivano in maniera reciproca l’identità l’uno dell’altro. Anche dopo anni, dopo generazioni, il frammento custodito, che testimoniava del passato rapporto tra due famiglie, assicurava ospitalità ed aiuto da parte dei discendenti dell’ospite.
Anche la nciuria nostrana, in quanto segno, è strumento di cui l’umanità che popola piazze, vie, vicoli e curtigghi del nostro paese si serve per riconoscere il contesto che la circonda, creando un universo parallelo, una rete di significati, che include marinisi e stranii, gente affidabile e gente inaffidabile, burgisi viddanni comunisti nobili e gente basso o altolocata. Una ragnatela, per dirla con Geertz, in cui si vive imprigionati senza poterne più uscire. (continua)

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