mercoledì 22 aprile 2015

L’importanza culinaria del grano siciliano perciasacchi o “farru longu”


di Antonino Barcia
Quando si scrive e si pubblica un articolo sui vari blog o su varie riviste, a parte il lavoro dei giornalisti, generalmente lo si fa per informare ed arricchire culturalmente il lettore mettendoci chiaramente la propria firma e, quindi, aprendo un possibile dibattito, anche mediatico, senza fare la guerra a nessuno!
Evidentemente, un articolo contenente alcune parole chiave e pubblicato sui blog informatici, nell’era dei potenti motori di ricerca, lo si può scovare in qualsiasi parte del mondo, e può, in tempo reale, andare a altresì a stimolare anche le “grandi” multinazionali. Vista la taratura storico-scientifica dello scorso articolo pubblicato dallo scrivente: “In Sicilia si afferma sempre di più la coltivazione dei grani antichi” lungi da me, dare delle informazioni “non del tutto precise che rischiano di creare confusione”. Dall’altro lato, la risposta da parte dell’Ufficio stampa della Kamut Enterprises of Europe mi inorgoglisce, perché non capita tutti i giorni, trovare sulla mia casella e-mail e su un normale blog di un paese di quasi 7.000 anime una risposta e maggiori delucidazioni da parte di una multinazionale americana. Premesso ciò, ribadisco che l’intento del precedente articolo è stato quello di sensibilizzare il lettore al consumo di alimenti di sicura provenienza, non modificati geneticamente che possano indurre ad intolleranze alimentari come la celiachia meglio specificati nell’articolo precedente e di “attenzionare” in generale i cibi commerciali “imposti” da alcune multinazionali alimentari. Grazie all’intervento della Kamut Enterprises of Europe, oggi apprendiamo che sono circa 100 le linee di grano khorasan note nel mondo, e fra queste, resiste, grazie al sapiente lavoro di conservazione dei nostri predecessori, anche il “libero” grano Perciasacchi - Khorasan - o “farru longu”. A proposito, per godersi l’importanza culinaria di questo alimento sublime e salubre, vi invito a degustare le “busiate siciliane di grano perciasacchi” che, grazie al coraggioso lavoro di alcuni agricoltori che hanno reintrodotto i grani antichi ed alcuni trasformatori “rivoluzionari”, si cominciano a scorgere anche negli scaffali di alcuni supermercati che presentano l’angolo dei prodotti a marchio “Bio”. In Sicilia, dobbiamo veramente essere grati ad alcuni nostri predecessori che con accortezza hanno pensato in passato di conservare i grani antichi: la straordinaria biodiversità rappresentata dai grani antichi è infatti conservata presso la “Stazione Sperimentale di Granicoltura per la Sicilia” nei pressi di Caltagirone (CT), e rappresenta oggi un prezioso patrimonio genetico ancora intatto. La stazione Istituita con R.D. n. 2034 del 12/08/1927, ebbe come Direttore anche il Prof. Ugo De Cillis, sino al 1948. L’illustre ricercatore siciliano Prof. De Cillis negli anni ‘30 e ‘40 del secolo scorso, meditò di conservare e catalogare le varietà di grano che oggi chiamiamo antiche. Sono circa cinquanta le varietà di grani antichi siciliani che Egli riuscì ad individuare (Timila, Russello, Realforte, Biancuccia, Bidì, Perciasacchi, Maiorca etc..). Nel suo importante libro: “I Frumenti Siciliani”- 1942-Editore Maimone Catania- sono riportate le classificazioni, le foto storiche di gran parte dei materiali genetici di grano ritrovati allora, nelle varie campagne siciliane. Le varietà di grano antiche sono delle varietà “locali” ed hanno una peculiarità che le distingue da tutte le altre risorse genetiche: oltre a caratterizzare un luogo, sono legate ad un agricoltore che le ha custodite nel tempo, di generazione in generazione. Si tratta, quindi, di un prezioso patrimonio non solo genetico, ma anche storico, culturale e sociale, che deve essere individuato, valutato e conservato. Questo lavoro è stato già avviato dal prof. Ugo De Cillis e conservato presso la Stazione Consorziale Sperimentale di Granicoltura per la Sicilia. Stà a noi ed alle future generazioni quello di valorizzare tale importante patrimonio, attraverso interventi opportunamente pianificati e coordinati per rafforzare la nostra preziosa dieta mediterranea, riprodotta ormai in tutto il mondo, talvolta, anche con parecchia superficialità.