sabato 5 aprile 2014

Papa Francesco: "Non sono comunista, bensì fedele al Vangelo"


di Nino Di Sclafani
Lo scorso 31 marzo papa Francesco ha ricevuto un gruppo di ragazzi belgi che gli avevano chiesto un'intervista. Il colloquio, che si è svolto in un'atmosfera rilassata e cordiale, ha toccato molti aspetti della vita quotidiana del papa, dei suoi sentimenti, della sua esperienza di pastore e delle sue aspettative e speranze. 
Al seguente link è visibile il video completo. Ciò che di questo evento ha più interessato la stampa di tutto il mondo è stata una frase pronunciata da Bergoglio durante l'intervista: "Ho sentito due mesi fa che una persona ha detto: con questo parlare dei poveri, questo Papa è un comunista! No, questa è una bandiera del Vangelo, la povertà senza ideologia, i poveri sono al centro del Vangelo di Gesù". Il papa si riferisce alle critiche mosse da Rush Limbaugh portavoce del Tea Party, ala oltranzista del partito repubblicano americano, e conduttore radiofonico con un contratto da 400 milioni di dollari che a sentir parlare di poveri viene sempre colto da orticaria. Molti anni fa, in Brasile viveva un vescovo Dom Helder Camara che si ritrovò a condividere la stessa sorte del papa. Una delle più celebri frasi di questo vescovo, definito da l'Abbé Pierre, il "Curato d'Ars del XX secolo", era: "Se do il pane ai poveri, tutti mi chiamano santo; se dimostro perché i poveri non hanno pane, mi chiamano comunista e sovversivo." Ciò nonostante egli continuò a lottare per i diritti dei diseredati e dei miseri, offrendo loro ricovero nel palazzo vescovile e dividendo con loro il suo pasto e la sua vita. Le due vicende sono espressione di un comune sentire, da parte dell'oligarchia plutocratica che di fatto domina il pianeta, la quale chiede alle chiese di legittimare la loro spasmodica ricerca di ricchezza, sovente conquistata a scapito dei diritti dei lavoratori, arrecando danno all'ambiente, circuendo con i subdoli strumenti dei media la libertà della gente offrendo loro paradisi artificiali. Si tratta di quelle "armi di distrazione di massa" attraverso cui la coscienza comune viene manovrata verso il consumismo sfrenato, assai redditizio per le multinazionali di loro proprietà. Una chiesa che riprende in mano il Vangelo è per questo sistema assai pericolosa. Pericolo che in passato è stato scongiurato dalle generose elargizioni che questa oligarchia non ha lesinato, comprando molto spesso il silenzio di tanti prelati. Certo le voci ribelli ci sono sempre state. Finché ci si è limitati a qualche vescovo di confine come, appunto, Camara o il nostro Tonino Bello, ovvero ai preti di strada come Alex Zanotelli o Andrea Gallo il fastidio è stato contenuto. Che un papa però tuoni contro l'egoismo dei capitalisti e lo sfruttamento dei poveri e del pianeta risulta insopportabile. Così alcuni di questi magnati e benefattori hanno già dato l'altolà al cardinale di New York Dolan ritirando i generosi contributi promessi per il restauro della cattedrale di San Patrizio. L'arma più temibile contro i pronunciamenti del papa rimane, però, quella di evocare il Nemico di sempre, non il demonio, bensì il comunismo. L'ideologia politica che la chiesa ha sempre avversato che improvvisamente germoglia nei sacri palazzi, che viene uscita dal freezer al bisogno per "ricattare" un pastore che vuole solo essere fedele ai comandamenti del suo Signore. Fa bene pertanto Bergoglio a precisare che il Vangelo è la guida, la bussola, del suo pensiero e che le categorie umane elevate in dignità e importanza dall'insegnamento di Gesù Cristo sono quelle che oggi sono vittime della tirannide del liberismo sfrenato che per assecondare il desiderio di benessere ed opulenza di pochi privilegiati non si fa scrupolo di gettare nella miseria la maggior parte dell'umanità. Offrire l'illusione di un mondo migliore ha generato, dunque, una dittatura di pochi; accade oggi con la globalizzazione, è accaduto nel secolo scorso con i regimi totalitari comunisti che hanno tradito le speranze di milioni di diseredati che avevano intravisto in essi quel riscatto che nessuna religione o altra ideologia sembrava in grado di assicurare. Non bisogna, infatti, dimenticare che l'idea di rivoluzione difficilmente si sviluppa in una società equa. Sono le ingiustizie, la miseria, la schiavitù, la violenza, la tirannia a generare l'insorgere dei popoli. Se a metà ottocento l'intraprendente capitalismo avesse rinunciato a massimizzare i profitti prendendosi cura degli operai, se i latifondisti avessero distribuito le terre ai contadini chiedendo loro una ragionevole rendita, se i sovrani assoluti avessero concesso le libertà costituzionali ai loro popoli e la chiesa avesse rinunciato al suo potere temporale ponendosi a fianco degli ultimi, probabilmente Marx sarebbe rimasto un anonimo professorino tedesco la cui memoria si sarebbe persa in una generazione.