mercoledì 30 aprile 2014
Consiglio, divergenze d’opinione e Coop.Sociali per raccolta differenziata
di Angela Costa e Fabio Cangialosi (Pd)
Un consiglio comunale, quello di lunedì 28 aprile, che si apre all’insegna della partecipazione del consigliere Alberto Cangialosi a noi tutti, delle motivazioni che lo hanno portato a consegnare la delega da assessore.
Ci aspettavamo questo passaggio, è vero, ed eravamo pronti a chiedere al Sindaco Barbaccia una seria riflessione sullo stato attuale della sua maggioranza, sulle tante “divergenze d’opinione” che esistono tra le varie componenti di quell’assemblement che è il gruppo che dovrebbe supportarlo. Ascoltare le ragioni di un così grave abbandono è stato destabilizzante, ma le parole addotte a propria difesa dal Sindaco, sono state incredibilmente puerili. Ci siamo ritrovati, per un paio di minuti, al centro di un contenzioso da... scuola materna. E quasi tutta la serata è continuata su questo tono. Poca, in verità, la possibilità di lavorare con serietà e serenità, forse dovuta all’atteggiamento di difesa del nostro primo cittadino e dei suoi assessori. Assessori che non hanno mostrato ben minimo imbarazzo a sorridere durante tutto l’intervento del loro ex compagno che, di fatto, li accusava di essere disinteressati all’azione politica preferendole i fatti personali. Già tutto questo è grave, ma non bastava. Continuando nella sua ‘Mission: Impossible’ il Sindaco ha elencato una serie di interventi che avrebbero seguito in questi 10 mesi di mandato; peccato per lui che è stato subito smentito da noi consiglieri, dimostrando punto per punto come per tutti i progetti citati il loro operato è stato solo quello di produrre documentazione di rito per opere di fatto già finanziate ancor prima del loro insediamento, frutto del lavoro dell'amministrazione Ribaudo. Che questa amministrazione ha l’ardire di far passare per propri interventi già praticamente conclusi, supporta l’accusa di incapacità e immobilismo di cui è stata incolpata dall’assessore dimissionario. Altro punto all’ordine del giorno, a nostro parere importante, la trattazione della nostra mozione sulla situazione degli operai che già lavoravano alla raccolta ‘porta a porta’. Abbiamo illustrato le direttive regionali che ci indirizzano a determinate scelte, ed abbiamo anche voluto sottolineare la valenza sociale dell’affidamento del servizio a cooperative del settore piuttosto che a ditte. Valenza che ha avuto riscontro nell’inserimento lavorativo e sociale di soggetti svantaggiati e che ad oggi potrebbe anche avere un riscontro economico per il Comune, avendo le Coop. Sociali gestione economica diversa da una normale ditta appaltatrice e dando la possibilità di acquisire ulteriore manovalanza a costo zero, essendo di appoggio anche a progetti come il nostro Restart. Saranno state le nostre parole? Sarà stato qualcos’altro, di fatto la mozione ha ricevuto 7 voti favorevoli ed è passata, impegnando quindi il Sindaco e la Giunta a dare mandato al funzionario di seguire queste linee guida. Sette sì e 6 astenuti, questo il risultato della votazione. E non ci sarebbe niente da ridire se non ciò che a tutti è immediatamente balzato agli occhi: l’assessore Salerno, assistente sociale con delega ai servizi sociali si astiene da una decisione che potrebbe essere importante per la programmazione che si è data. Almeno crediamo. Altrimenti… restiamo a pettinare bambole.
martedì 29 aprile 2014
Marineo, replica di Sindaco e Giunta all'assessore dimissionario Cangialosi
di Piazza Marineo
Il sindaco e gli assessori comunali di Marineo replicano, con una pesante nota, alla lettera di dimissioni dell’assessore Alberto Cangialosi.
“Spiace constatare – scrivono – che in un momento di crisi congiunturale che investe i piccoli comuni e quando si dovevano iniziare a raccogliere i primi importanti frutti di un’azione amministrativa iniziata all’indomani delle elezioni, l’assessore abbia ritenuto di gettare la spugna”. E aggiungono: “Per chiarezza, l’immobilismo di cui parla l’ex ‘compagno di avventura’ non esiste in quanto, pur con notevoli difficoltà, abbiamo garantito l’approvazione del bilancio di previsione entro la fine dell’anno”. Gli amministratori comunali elencano anche una serie di cose fatte in questi primi mesi di attività, per poi rimandare al mittente l’accusa di immobilismo: “E l’ex Assessore continua a parlare di immobilismo solo perché abbiamo voluto vederci chiaro, a ragione, prima di esprimere il pubblico interesse relativo alla costruzione del nuovo cimitero attraverso una procedura di project financing”. E aggiungono: “Ad ogni seduta di Giunta aspettavamo le sue proposte inerenti le sue competenze (inesistenti) sui progetti in tema di abbeveratoi, biodiversità e campo di calcio. Niente". Leggi il comunicato
lunedì 28 aprile 2014
“Sei un bullo? Sei un debole!" Conferenza sui temi del bullismo
di M. Antonina Rubino
“Sei un bullo? Sei un debole!” (Il bullismo come anticamera della delinquenza; buonismo, permissivismo delle famiglie; videogiochi violenti e messaggi diffusi dai media, come cause scatenanti del fenomeno).
Questi i temi che saranno affrontati nel corso dell’incontro “Insieme per capirci qualcosa” organizzato da Radio Studio Centro, martedì 29 aprile, alle ore 17, presso il teatrino della scuola elementare di Marineo. Insieme a degli esperti di settore si affronterà questo dilagante e sempre più crudele comportamento giovanile. Infatti si diffonde sempre più il convincimento che il comportamento aggressivo, rinomato come bullismo, sia un fenomeno in crescita, sia dal punto di vista della frequenza numerica, sia per l’intensità della violenza e delle crudeltà perpetrate, e sia infine dal punto di vista del clima di agghiacciante indifferenza che sfocia in pura disumanità che caratterizza i ragazzi proprio durante il delicato periodo della loro crescita e formazione, in particolare in ambito scolastico. L’educazione al rispetto dell’altro, seguito a ruota da momenti di confronto che permettono di affrontare e spiegare il problema, costituiscono sicuramente delle tappe indispensabili nel processo di sensibilizzazione delle giovani generazioni verso il bullismo. La rilevanza del fenomeno sarà introdotto dal dott. Carlo Greco; l’angolazione psicologica e psicoterapeutica sarà trattata dal dott. Michele De Lucia; mentre il prof. Giovanni Puma presenterà il fenomeno all’interno del contesto scolastico; infine la dott.ssa Francesca Salerno farà chiarezza sull’uso della tecnologia come strumento principale per nuove forme di bullismo. Questo incontro punterà soprattutto a far comprendere che il silenzio non è una soluzione, ma al contrario è l’implicita difesa del perpetuarsi delle prepotenze, dei soprusi, delle violenze e delle prevaricazioni. Bisogna aprirsi, denunciare, sicuri del sostegno delle Istituzioni e convinti che l’errore non sta in chi sta subendo, ma in chi sta abusando! Perché contro il bullismo l’unione fa la forza! Solo fermando il bullismo, terreno culturale e sociale favorente l’evoluzione di comportamenti devianti e delinquenziali si potrà sperare in una società migliore e a misura d’uomo in cui prevalga la tolleranza verso la diversità.
domenica 27 aprile 2014
Noterelle senza pretese sulla Valle del Milicia. Perché?
di Pippo Oddo
Provate a chiedere alle prime cento persone che incontrate casualmente in uno qualsiasi dei comuni citati in queste note se sanno dove si trova la Valle del Milicia.
Sono pronto a scommetterci sopra qualsiasi somma di denaro che nel migliore dei casi a rispondere correttamente non saranno più di dieci. Figurasi poi se la stessa domanda venisse rivolta a gente che non abbia messo mai piede su questo pezzo di Sicilia dimenticata. Il più informato assocerebbe il nome del fiume a quello della sua parte terminale, posta ad ovest dell’abitato di Altavilla Milicia, al confine con il territorio di Casteldaccia, a un tiro di schioppo dello stupendo Capo Zafferano. Ma resterebbe quanto meno allibito sentendo pronunziare la parola “valle”. Sì, perché proprio valle non può chiamarsi la nostra, se per valle s’intende una depressione più o meno ampia e profonda del terreno delimitata da due pendii laterali montuosi. A voler essere pignoli, nel caso della Valle del Milicia si dovrebbe parlare di diverse piccole valli confluenti nello stesso bacino idrografico. Ma fin qui nulla di strano. Ci sono esempi ben più conosciuti che ci fanno sorvolare su questo piccolo dettaglio. Il fatto è che lo stesso fiume Milicia non è stato mai individuato una volta per tutte. Alla voce “Milicia” il Dizionario Enciclopedico della Treccani recita: «Corso d’acqua (25 km; bacino 123 km; 123 kmq) della prov. di Palermo; nasce presso Villafrati e con il nome del fiume dei Bagni riceve le importanti sorgenti termali che sgorgano a N di Cefalà Diana; sbocca nel Tirreno presso Altavilla Milicia, all’estremità O del Golfo di Termini Imerese. Le numerose derivazioni a scopo irriguo contribuiscono a renderne il letto in gran parte asciutto nella stagione estiva». Un’altra fonte autorevole, che peraltro descrive on line l’intero sistema idrografico italiano se la cava con questa annotazione: «Milicia (fiume). Provincia di Palermo. Nasce sul Cozzo Bileo (m 1007), col nome di fiume Mulinazzo. Sfocia nel Golfo di Termini Imerese ad Altavilla Milicia. Lung. km 25. Località: Altavilla Milicia, a 22 km da Palermo sulla SS. 113. Riceve a destra il torrente Sercia». Peccato, però, la cartografia ufficiale dell’Istituto Geografico Militare ci consegna una realtà diversa. È vero, l’affusto principale del misterioso corso d’acqua comincia a formarsi in prossimità del Cozzo Bileo (alto 1005 metri, non 1007) ma in territorio di Cefalà Diana e per giunta è conosciuto come vallone Buffa (che altre fonti indicano come affluente del Milicia). A Nord dell’abitato di Cefalà Diana – al confine con i territori di Villafrati e Marineo – il vallone Buffa (nel quale frattanto sono confluite le acque del torrente Cannizzaro e quelle della sorgente Favarotta) si arricchisce a spese del vallone Cefalà che a sua volta (avendo ricevuto le acque delle terme arabe) prende il nome di Bagni, per assumere subito dopo la denominazione di fiume Mulinazzo che resterà tale nel territorio di Bolognetta e fino alla confluenza del vallone Sercia (Passo Garretta) nei pressi di Altavilla Milicia. Soltanto da qui alla foce non c’è dubbio che si tratti del fiume Milicia. Né ai dubbi ha posto fine il decreto presidenziale 20 settembre 2006, “Approvazione del piano stralcio di bacino per l'assetto idrogeologico relativo al bacino idrografico del fiume Milicia e delle aree territoriali intermedie tra il bacino del fiume Milicia ed i bacini dei fiumi San Leonardo ed Eleuterio”. No davvero! Oltre a convalidare le carte tematiche in diverse scale approntate dai tecnici incaricati, quel decreto si limita a individuare in ordine rigorosamente alfabetico i comuni interessati: Altavilla Milicia, Bagheria, Baucina, Bolognetta, Caccamo, Casteldaccia, Cefalà Diana, Marineo, Misilmeri, Santa Flavia, Termini Imerese, Trabia, Ventimiglia di Sicilia, Villafrati, della Provincia regionale di Palermo. È appena il caso di aggiungere che tranne Termini Imerese e Caccamo (che peraltro restano fuori dal bacino del fiume Milicia) tutti gli altri comuni sono di recente fondazione. E già questo fatto offre da solo alcuni spunti per cominciare a domandarsi come e perché in quell’area nell’epoca moderna sono cambiati il paesaggio agrario e la geografia insediativa. Alla necessità di rispondere a questi interrogativi – ma anche e soprattutto al desiderio di approfondire la conoscenza delle proprie radici – corrisponde l’iniziativa di lanciare la rubrica “Noterelle senza pretese sulla Valle del Milicia” volta ad aggiornare nei limiti del possibile l’analisi sulla natura e la cultura di quel territorio a me caro.
sabato 26 aprile 2014
Tra storia e memoria. In mostra Santa Maria di Ogliastro - Bolognetta
di Piazza Marineo
Nell'ambito della Settimana della cultura promossa dal Comune di Bolognetta, si inaugura domenica 27 aprile, alle ore 17.30, la mostra "Tra storia e memoria. Santa Maria di Ogliastro – Bolognetta, 1600-1950".
Presso la biblioteca civica "Tommaso Bordonaro" saranno esposti documenti, foto, filmati, grafici, tabelle, ricostruzioni artistiche su 350 anni di vita della comunità locale. Nel corso della manifestazione saranno assegnate borse di studio a giovani laureati per le ricerche storiche sul centro abitato e la sua popolazione. Intervengono: il sindaco Antonino Tutone, Giuseppe Di Miceli e Santo Lombino dell’associazione culturale Nuova Busambra. L'iniziativa è realizzata dall'associazione culturale Nuova Busambra e dall'archivio Millestorie.
venerdì 25 aprile 2014
Al Santo Padre Giovanni Paolo II
di Antonietta Zuccaro
Domenica 27 aprile, festa della Divina Misericordia, Papa Giovanni Paolo II e Papa Giovanni XXIII saranno proclamati santi da Papa Francesco.
Un uomo, / scelto dal Signore / arrivò da lontano, / per diffondere la Parola di Dio, / non solo / al popolo cristiano. / Nel suo lungo / pellegrinare / su di un monte, / in pianura o dal mare, / il suo seme gettato, / puntualmente / si è radicato. / Ha commosso / principi e re, / ha ammansito dittatori, / ha alleviato e consolato / sofferenti umili cuori. / Anche / dal suo patire / ha attinto / forza e vigore, / per diffondere / con passione, / il Messaggio di Cristo / Nostro Signore. / Con quanto slancio / ha interagito / con la gioventù, / scuotendo / nei loro cuori / le sopite virtù. / Che struggimento / il suo ultimo tempo / ci ha suscitato, / quando appariva / sofferente, / stanco, / malato! / Alla fine, / la notizia / in prima serata, / con voce sommessa / fu annunciata: / La Sua anima / serenamente / è al Ciel volata. / Santo subito, / all’unisono / la gente in coro / ha sentenziato; / e la Chiesa, / prima Beato / e oggi Santo / l’ha proclamato.
Al Papa Buono Giovanni XXIII
di Antonietta Zuccaro
Domenica 27 aprile, festa della Divina Misericordia, Papa Giovanni Paolo II e Papa Giovanni XXIII saranno proclamati santi da Papa Francesco.
E’ detto / il “Papa Buono,” / il Papa del / Concilio Vaticano II, / l’eco della sua / magnanimità, / si è propagata / per tutto il mondo. / Di indole docile, / semplice, mite, / anima pura, / che ama il prossimo / la terra e la natura; / umili le sue origini, / nobili i suoi sentimenti, / trattava in egual modo / gli ultimi e i potenti. / Dal Suo cuore / pregno d’amore, / scaturiva anche / poesia; / e sublimava / dolci discorsi, / con valente / maestria. / Come, non ricordare / il discorso d’apertura / del Concilio Vaticano II? / Parlò alla gente / di tutte le razze / che popolano il mondo. / Parole immortali / consegnate alla storia, / che vivranno nei secoli / a futura memoria. / Egli così invitò / la folla presente: / Tornando a casa, / portate, le carezze / del Papa, / ai vostri bambini, / e ai sofferenti / e agli ammalati, / state loro vicini. / Poi volto / lo sguardo al cielo, / scorgendo su / un tetto di stelle / la fulgida luna, / incluse anche / l’astro d’argento, / in quel gioioso / storico commento. / Oggi che Santo / è diventato, / quella volta / la luna, / un presagio / ci ha annunciato: / Perché, / è dolce pensare, / che in quella / lontana sera, / è apparsa / più luminosa / e splendente... / Già, / vedeva un Santo / in mezzo alla gente.
giovedì 24 aprile 2014
Camicette Bianche, storie di donne morte alla Triangle di New York
di Piazza Marineo
Mercoledì 23 aprile alle ore 18.30, presso la Sala Magna dello Steri di Palermo, presentazione del libro “Camicette Bianche” di Ester Rizzo (edizioni Navarra). Intervengono Ottavio Navarra, Ester Rizzo, Giuseppina Tripodi e Silvana Polizzi.
Il 25 marzo del 1911 un rogo sviluppatosi alla Triangle di New York, spezzò la vita di 146 persone. Di queste, 126 erano donne di cui 38 di nazionalità italiana e, fra di esse, ben 24 partirono dalla Sicilia. Nell'incendio morì anche Vincenza Benanti, giovane operaia originaria di Marineo. Qualunque fosse il loro luogo di provenienza esse lasciarono, in molti casi per sempre, genitori, fratelli, figli e mariti. In seguito all'incendio alcune morirono arse vive, poiché i caporali della fabbrica, al soldo degli imprenditori, erano soliti chiuderle a chiave dall'esterno; molte altre si lanciarono dalle finestre, nel disperato tentativo di salvarsi. Parecchie di loro erano ancora giovanissime: quasi nessuna superava i trent'anni. Alcune morirono senza neppure un nome e i loro corpi non vennero mai identificati o chiesti indietro. Il processo a cui furono sottoposti i proprietari della fabbrica si concluse senza rendere loro giustizia. Donne e migranti. Donne in ogni caso sfruttate. La loro vicenda è il paradigma di ingiustizie sociali che sono cronaca ancora oggi... Il fuoco ha bruciato i loro volti e reso le loro vite invisibili. La Giornata Internazionale della Donna, che pure commemora la loro tragedia, non le ha mai nominate personalmente, lasciando che tutto fosse avvolto da una memoria generica e indistinta. Il libro di Ester Rizzo, Camicette Bianche, ricostruisce per la prima volta in Italia, i nomi e le storie di queste italiane, contribuendo a ridare loro il posto che le spetta nella storia del nostro paese. Inoltre, insieme con il gruppo Toponomastica Femminile, è stato lanciato un appello rivolto ai sindaci delle città di origine delle vittime, affinchè intitolino loro un luogo pubblico che ne onori la memoria.
mercoledì 23 aprile 2014
“Arsure di vita”, pubblicato il nuovo libro di poesie di Laura La Sala
di Giuseppe Gerbino
“Arsure di vita” è il nuovo libro di poesie di Laura La Sala, pubblicato nell’ambito del concorso letterario "Libri di-versi in diversi libri", in memoria di Lucia Sortino (Libreria Editrice Urso).
Fluidi, scorrevoli, musicali, semplici i versi della poetessa Laura La Sala. E' una poesia onesta la sua; Laura non ricerca, non sperimenta, ma si abbandona completamente alla sua Musa, quella Musa che ora parla in lingua italiana e ora in lingua siciliana; una Musa bilingue che, a seconda degli stati d'animo usa un lingua e un linguaggio diverso: sa che con Laura non può usare sempre la stessa tecnica, perché la poetessa non può essere ingabbiata, inquadrata o etichettata. Svariati sono i temi da lei trattati: la famiglia, l'amore (non solo inteso come Eros, ma in senso universale), il sociale, ecc. Molto attenta e sensibile nei confronti della Natura, dei più bisognosi, dei fratelli meno fortunati; anche la vena ironica non manca, infatti, viene fuori in parecchie delle sue poesie in lingua siciliana, confermando una capacità particolare, quella capacità comune a molti poeti siciliani, nell'affrontare temi anche di una certa importanza, ma resi leggeri e fruibili a tutti con l'ironia, quell'ironia che non solo mette di buon umore, ma ti porta a riflettere e a memorizzare, a ricordare il messaggio che la poetessa vuole fa passare. Ricorrente è il tema della fede, infatti, Laura, menziona spesso Dio, ma la sua non è ipocrisia, i suoi versi sono pregni di fede, quella fede vera, quella fede che le dà consapevolezza di essere peccatrice in quanto donna, moglie, madre e figlia allo stesso tempo. Laura non si erge a maestra, non vuole insegnare niente a nessuno; Laura, consiglia, prega, suggerisce con le sue poesie e sa come arrivare a toccare il cuore delle persone e lo fa con delicatezza, con dolcezza, non è mai dura e pungente, ma accarezza, sorride, rassicura... Chi conosce Laura La Sala personalmente, sa che si tratta di una persona di una sensibilità unica, sempre disponibile e sempre pronta a regalare un sorriso a chiunque, una poetessa insomma, capace di mantenere quell'equilibrio tra "uomo/poeta" che molti artisti spesso non sanno mantenere.
martedì 22 aprile 2014
E' tornato alla Casa del Padre il gesuita Padre Carmelo Pulizzotto
di Gaspare Ferrantelli (Resp. della C.E.M.)
All’età di 87 anni è venuto a mancare, a Catania, nella giornata di Pasqua, Padre Carmelo Pulizzotto, un sacerdote marinese che ebbe una vocazione adulta dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza ed avere esercitato la professione di avvocato civilista.
Agli inizi degli anni ’50 si dedicava in Marineo alla gioventù d’Azione Cattolica ed era stato nominato Segretario Politico della Democrazia Cristiana, ma sentì forte la chiamata al sacerdozio e chiese di entrare nella Compagnia di Gesù. Ordinato Sacerdote, il 12 luglio 1964, fu inviato, agli inizi degli anni ’70, missionario in Messico ed in Madagascar, dove svolse il suo ministero sacerdotale tra la povera gente. Successivamente tornò in Italia ed esercitò il suo mandato ad Alcamo, a Catania, a Palermo e a S. Agata Li Battiati (CT). Fondò nel 1968 a Mascalucia la Comunità Eucaristica Mariana (C.E.M.) e fu anche ispiratore dell’Associazione di Solidarietà Familiare “ Il Cireneo” nel 1997 ad Alcamo, valorizzando il ruolo dei laici ed in modo particolare quello della famiglia quale cellula fondamentale della società e della Chiesa. Inoltre, fu promotore regionale della Sicilia Orientale dell’Apostolato della preghiera ed il 7 luglio 2002 promosse la costituzione del primo centro dell’apostolato della preghiera familiare in Alcamo. Uomo di consiglio, fedele alla sua vocazione ignaziana, coltivò in modo del tutto singolare gli esercizi spirituali in forma comunitaria che diventavano luogo privilegiato per il sorgere di nuove vocazioni laicali e sacerdotali. I funerali in Marineo si celebreranno alle ore 17,30 di martedì 22 aprile presso la Chiesa Madre.
lunedì 21 aprile 2014
La Pasquetta, ossia la festa della pace a Mongiuffi Melia (Me)
di Pippo Oddo
Per comprendere il significato del Lunedì dell’Angelo, detto Pasquetta (festività religiosa introdotta dallo Stato italiano nel secondo dopoguerra per allungare il periodo delle vacanze di Pasqua), bisogna far mente locale su questo passaggio del Vangelo secondo San Marco (16: 1-7), dove si può leggere:
1 E passato il sabato, Maria Maddalena e Maria madre di Giacomo e Salome comprarono degli aromi per andare a imbalsamar Gesù. 2 E la mattina del primo giorno della settimana, molto per tempo, vennero al sepolcro sul levar del sole. 3 E dicevano tra loro: Chi ci rotolerà la pietra dall’apertura del sepolcro? 4 E alzati gli occhi, videro che la pietra era stata rotolata; ed era pur molto grande. 5 Ed essendo entrate nel sepolcro, videro un giovinetto, seduto a destra, vestito d’una veste bianca, e furono spaventate. 6 Ma egli disse loro: Non vi spaventate! Voi cercate Gesù il Nazareno che è stato crocifisso; egli è risuscitato; non è qui; ecco il luogo dove l’aveano posto. 7 Ma andate a dire ai suoi discepoli e a Pietro, ch’egli vi precede in Galilea; quivi lo vedrete, come v’ha detto. Ora, la tradizione ha spostato questi fatti dalla mattina di Pasqua al giorno successivo (lunedì), forse perché i Vangeli indicano "il giorno dopo la Pasqua", anche se evidentemente quella a cui si allude è la Pasqua ebraica, che cadeva di sabato. Comunque sia, il lunedì dell'Angelo in Sicilia (ma anche nel resto d’Italia) è un giorno di festa non di precetto, che si trascorre in compagnia di parenti o amici con una tradizionale gita o scampagnata, pic-nic sull'erba e attività all'aperto. Con questa tradizione, che rende omaggio al risveglio primaverile della natura, è probabile che si voglia ricordare i discepoli l’apparizione di Gesù a due discepoli sulla strada che portava ad Emmaus, a pochi chilometri da Gerusalemme. Da qui l’assalto di Pasquetta al verde fuori porta e le pantagrueliche arrostite di salsiccia e carne ovina all’aperto. Ma a Mongiuffi Melia il lunedì di Pasqua si celebra la “festa della pace e degli Angeli”. «Tale festa – scrive Cosimo Giovanni Barra – ebbe origine nel 1830 per volere del Marchese Francesco Rao Corvaja, al fine di festeggiare la riappacificazione delle due comunità, fino ad allora divise a causa di un litigio avvenuto durante il palio. Purtroppo si svolse come istituita per soli quindici anni. Si cominciava quaranta giorni prima, con una riunione tra le due comunità avente luogo nella Chiesa del Marchesato, oggi San Sebastiano, durante la quale venivano scelti otto ragazzi; quattro per Melia, in onore del Cristo Risorto e quattro per Mongiuffi, in onore della Madonna. Veniva, inoltre, incaricata una persona per istruire questi ragazzi, i quali dovevano recitare un testo, in latino misto a dialetto siciliano, scritto dal sacerdote Giovanni Cuzari. Le famiglie si impegnavano per la buona riuscita della festa. Le donne si prodigavano a cucire le vesti bianche e gli addobbi per le ali con dei nastrini azzurri per Mongiuffi con la coccarda di San Leonardo, rossi per Melia con la coccarda di San Sebastiano. Gli uomini si occupavano, invece, di montare e addobbare il palco. Il lunedì mattina, giorno della festa, da Mongiuffi partiva una processione di quasi sole donne con abiti neri in segno di lutto. Ad aprire tale processione vi erano i tamburi, seguiti da una donna vestita di nero che portava una croce accompagnata da delle bambine le quali portavano gli strumenti della crocifissione (chiodi, martello, lenzuolo). Seguiva la confraternita delle Carmelitane in abito marrone e velo nero; la confraternita di Santa Lucia e i nobili con copricapo nero. Gli stendardi venivano coperti con un drappo nero. Tale processione, giunta a Melia, si portava nella chiesa Madre dove vi era la statua della Vergine anch’essa ammantata di nero; Il suo velo veniva sorretto da quattro ragazze vestite di celeste. A chiudere la processione era la banda musicale, seguita dalle donne del paese, ammantate con scialle nero. Contemporaneamente dalla chiesa del Marchesato usciva la processione composta in prevalenza da uomini, con la statua del Cristo risorto. Ad aprire tale processione era un uomo in camice bianco e cintura rossa con in mano un cero acceso, che si portava alla vista del mare. Se la fiamma andava verso la montagna si prevedeva un buon raccolto, se andava verso il mare si prevedevano brutti raccolti, se si spegneva si prevedevano sventure su tutto il paese. Usciva poi la confraternita di San Rocco, formata dagli uomini del Marchesato, con stola color amaranto, pantaloni sopra il ginocchio e calzettoni bianchi. Seguiva la confraternita dell’Immacolata, in abito celeste e copricapo bianco; I Sorores (ordine di casalinghe) con gonna blu camicetta bianca e veletta sulla testa. Poi era la volta dei nobili (famiglia del Marchese e ospiti) con abiti lussuosi. Poi era la volta dell’Arciprete, o il suo Luogotenente (poiché le due comunità erano sotto la direzione dell’Arcipretura di Taormina), seguito dalla statua del Cristo. Chiudevano la processione i contadini, provenienti dalle campagne circostanti, con in mano ceri addobbati con rami d’ulivo e alloro. L’incontro fra le due processioni avveniva nel cosiddetto “chianu di l’angiuli”. Dalla discesa di via Umberto, a quel tempo Gianfilippo, dove vi si era fermata la processione con il Cristo, ad un cenno del sacerdote partivano due bambini vestiti da angeli con in mano dei fiori e una bandiera bianco-rossa, che correndo andavano a chiamare la processione della Madonna fermatasi in via Ninfa Melia. Le due processioni avanzavano piano fino a raggiungere il piano degli angeli dove era stato allestito il palco degli angeli. Le confraternite si abbracciavano e mettevano via gli abiti di lutto. I primi ad incontrarsi di fronte al palco erano gli stendardi delle confraternite, il saluto avveniva facendosi l’inchino per tre volte. Dopo di che venivano tolti i veli che tenevano nascosti gli angeli sul palco, e veniva fatto cadere il velo nero della Madonna, lasciando quello bianco. A questo punto avveniva l’incontro delle Statue, che si venivano in contro quasi correndo e si facevano l’inchino per tre volte. Dai balconi addobbati con coperte e scialle di seta, venivano liberate delle colombe bianche e lanciati fiori e grano sulle autorità; il popolo sventolava fazzoletti bianchi e la campana del fondaco suonava a festa. Il clero si abbracciava, i nobili si complimentavano tra di loro e la confraternita di San Rocco distribuiva doni ai bambini. Venivano fatti salire sul palco anche i quattro angeli che reggevano il velo della Madonna. Da qui nasce la credenza che gli angeli non erano otto ma dodici e che non erano tutti vestiti di bianco, ma alcuni di celeste. Le autorità occupavano i primi posti di fronte al palco e aveva così inizio la recita. Alla fine si ricomponeva la processione, sulla destra in direzione del Cristo si disponevano quelli di Mongiuffi, sulla sinistra in direzione della Madonna quelli di Melia. Si procedeva così fino a raggiungere la chiesa di San Nicolò dove si celebrava la messa. La festa, come già detto all’inizio, si svolse così per circa quindici anni. In seguito ad un litigio tra clero e nobiltà per alcuni anni la festa non venne svolta. Riprese in maniera molto ridotta nel 1929». Non è dunque da escludere che nel ridente paesino peloritano le autorità civili e religiose dell’epoca volessero celebrare indirettamente anche il concordato tra lo Stato e la Chiesa. Ma ciò che più conta è che ancora ai nostri giorni la festa della pace è motivo di forte richiamo turistico.
sabato 19 aprile 2014
Il linguaggio del cibo: la Pasqua e l'agnello rigeneratore della vita
di Nuccio Benanti
Nella Settimana santa la storia umana del Cristo viene rappresentata per mezzo di un codice gestuale fondato sulla opposizione triste vs lieto.
Al primo gruppo appartengono tutti quei comportamenti tipici della quaresima, che denotano dolore, cordoglio, digiuno. Mentre all'altro capo si situano gli atteggiamenti caratteristici della Pasqua: gioia, sollievo, abbondanza. È il suono delle campane, il sabato, a fare da spartiacque. Suono che, simbolicamente, costituisce il momento del passaggio dalla morte alla nuova vita, dal triste inverno alla primavera. Ecco perché il giorno di Pasqua si presenta con specifici segnali di abbondanza e di fertilità: l'uovo è uno di questi (Omne vivum ex ovo). Ogni festa ha il suo dolce tipico, o più di uno: oltre ai "pupa cu l'ova", alla colomba pasquale e all’uovo di cioccolata, altro simbolo della festa è la pecorella di pasta reale, che ci ricorda le offerte sacrificali del Vecchio Testamento. Il cibo è sempre stato importante nella vita degli uomini, tanto che ha avuto un ruolo fondamentale soprattutto nella religione: a partire dall'antico sacrificio vedico indiano, poi in Grecia, fino a giungere ai banchetti romani. Nel Nuovo Testamento sono diversi i momenti in cui l'insegnamento di Gesù si collega alla consumazione comunitaria del cibo: L'ultima cena e La cena di Emmaus sono due di questi. Dunque, dietro ai sapori, agli odori e ai colori della cucina festiva si nascondono tantissimi significati, una trama fitta di segni. Il convivio rimanda, etimologicamente, a vivere insieme. Mangiare insieme ad altri uomini è un modo per trasformare un gesto individuale, nutritivo, naturale, in un fatto collettivo, simbolico, culturale. Quello che si fa assieme agli altri, come dimostra la religione, assume un significato collettivo, un valore di comunicazione forte e complesso. Il cibo pasquale è, quindi, rigeneratore della vita e dell'ordine cosmico, sociale e familiare.
venerdì 18 aprile 2014
Scala di lavureddi nella cappella della Società di San Ciro in Garfield
di Nuccio Benanti
MARINEO. Ecco la caratteristica scala di lavureddi realizzata quest'anno all'interno della cappella della Società di San Ciro in Garfield (New Jersey).
Anche in America la costruzione coinvolge numerose famiglie che realizzano i lavureddi, abbelliti con carta colorata e fiori, nel rispetto della tradizione. I semi vengono messi a germogliare in prossimità della festa di San Giuseppe e poi tenuti al buio fino alla Settimana Santa. Si tratta, come detto, di gesti compiuti per riaffermare l’ordine sociale, naturale e cosmico. Nei giorni che seguono la Pasqua, i lavureddi vengono presi nuovamente dai fedeli che, per tradizione, li portano nelle case o nei luoghi di lavoro (a Marineo nei campi di frumento). Segni per propiziare il buon raccolto. Nelle famiglie americane che osservano ancora le tradizioni di Marineo si preparano anche “i pupa cu l'ova”, dolci di Pasqua (a base di farina, uova e strutto) antropomorfi, che racchiudono all’interno delle uova sode. Anche questo, un gesto propiziatorio, di rinascita.
Gruppo Emmanuel: Luce del Calvario per illuminare l’oscurità del mondo
di Ciro Realmonte
MARINEO. La Pasqua è un’occasione straordinaria per rivedere, risaldare, alla luce della Sacra Scrittura e del Magistero della Chiesa, la nostra vita spirituale.
Non possiamo abituarci a vivere la Fede con superficialità, senza che il contenuto della rivelazione penetri nel nostro cuore, ci interroghi e ci metta in crisi. La Fede, se compresa, coinvolge tutta la nostra vita personale e comunitaria, trasforma, illumina anche le nostre relazioni. Purtroppo abbiamo rilegato, rinchiuso ermeticamente la freschezza, la novità della fede a semplici, poveri e inefficaci manifestazioni di fede, illudendoci, in tal modo, di vivere il nostro Credo in Cristo Risorto. Non c’è ambito della nostra vita che è esente, impermeabile nell’assimilare e nel testimoniare il nostro Essere Cristiani, dalla Politica a un semplice incontro di calcio. E’ tutto l’uomo chiamato alla Grazia, alla Santità. Bisogna che riempiamo di olio nuovo le nostre lucerne, ormai quasi spente, o con la fiammella tremolante. Dobbiamo, con volontà, approfittare delle diverse occasioni di formazione che la comunità parrocchiale ci offre in vari momenti dell’anno. La Luminaria del Calvario ci suggerisce anche questo, sii anche Tu Luce che illumina il mondo, il tuo piccolo ambiente, il tuo essere Chiesa. La "luce" del Calvario illumina l’oscurità del mondo. La luce che irrompe dalla croce di Cristo sana le nostre ferite, rafforza il cammino, dà senso al dolore. Cristo è la luce che illumina e riscalda il cuore del cristiano, di ogni uomo. E’ questo il messaggio che il Gruppo Emmanuel vuole comunicare alla nostra comunità, attraverso la Luminaria del Calvario, realizzata nella notte del Giovedì Santo. Il triduo pasquale è ricco di simbologie che richiamano ai profondi e attuali valori della redenzione di Cristo, la luminaria si inserisce nelle già ricche manifestazioni "marinesi" della Settimana Santa. Sono i marinesi che con il loro contributo, partecipano alla sua realizzazione. Sono già trascorsi 20 anni dalla prima Luminaria del 1994, quante preghiere sono state affidate dal nostro cuore alla luce di quella piccola fiammella, per ricordare al Signore il nostro amore e invocare la sua luce che spezza le tenebre dell’indifferenza, della superficialità, del disimpegno e dell’egoismo. Con la gioia e la certezza della resurrezione di Cristo, auguri di un cammino di santità a servizio del Regno di Dio.
Non possiamo abituarci a vivere la Fede con superficialità, senza che il contenuto della rivelazione penetri nel nostro cuore, ci interroghi e ci metta in crisi. La Fede, se compresa, coinvolge tutta la nostra vita personale e comunitaria, trasforma, illumina anche le nostre relazioni. Purtroppo abbiamo rilegato, rinchiuso ermeticamente la freschezza, la novità della fede a semplici, poveri e inefficaci manifestazioni di fede, illudendoci, in tal modo, di vivere il nostro Credo in Cristo Risorto. Non c’è ambito della nostra vita che è esente, impermeabile nell’assimilare e nel testimoniare il nostro Essere Cristiani, dalla Politica a un semplice incontro di calcio. E’ tutto l’uomo chiamato alla Grazia, alla Santità. Bisogna che riempiamo di olio nuovo le nostre lucerne, ormai quasi spente, o con la fiammella tremolante. Dobbiamo, con volontà, approfittare delle diverse occasioni di formazione che la comunità parrocchiale ci offre in vari momenti dell’anno. La Luminaria del Calvario ci suggerisce anche questo, sii anche Tu Luce che illumina il mondo, il tuo piccolo ambiente, il tuo essere Chiesa. La "luce" del Calvario illumina l’oscurità del mondo. La luce che irrompe dalla croce di Cristo sana le nostre ferite, rafforza il cammino, dà senso al dolore. Cristo è la luce che illumina e riscalda il cuore del cristiano, di ogni uomo. E’ questo il messaggio che il Gruppo Emmanuel vuole comunicare alla nostra comunità, attraverso la Luminaria del Calvario, realizzata nella notte del Giovedì Santo. Il triduo pasquale è ricco di simbologie che richiamano ai profondi e attuali valori della redenzione di Cristo, la luminaria si inserisce nelle già ricche manifestazioni "marinesi" della Settimana Santa. Sono i marinesi che con il loro contributo, partecipano alla sua realizzazione. Sono già trascorsi 20 anni dalla prima Luminaria del 1994, quante preghiere sono state affidate dal nostro cuore alla luce di quella piccola fiammella, per ricordare al Signore il nostro amore e invocare la sua luce che spezza le tenebre dell’indifferenza, della superficialità, del disimpegno e dell’egoismo. Con la gioia e la certezza della resurrezione di Cristo, auguri di un cammino di santità a servizio del Regno di Dio.
Marineo: la scala dei lavureddi, tradizione ricca di simboli ancestrali
di Nuccio Benanti
Nel libro sacro dello zoroastrismo, Zarathustra proclama: «Chi semina il grano edifica l’ordine». Il nome che i contadini di Marineo danno al campo di frumento è lavuri.
I lavureddi sono, quindi, piccoli campi di grano, di lavoro e di ordine. Vengono realizzati per adornare la scalinata dell’Altare della reposizione (comunemente detto del Santo Sepolcro), all’interno della chiesa Madre di Marineo. Il frumento viene seminato dai devoti nella stoppa umida e tenuto al buio per due settimane. Sono i confrati della confraternita del Santissimo Sacramento ad allestire la caratteristica Scala Illuminata addobbata con rami d’ulivo e fiori. Al centro della chiesa vengono sistemati un centinaio di piatti germogliati portati dalle famiglie e dagli alunni delle scuole. Attraverso una scala, gli angeli di Dio salgono e scendono nel sogno biblico di Giacobbe. La scala dei lavureddi serve, quindi, a favorire un contatto simbolico con l’aldilà, e a propiziare ritualmente l'innalzarsi delle messi, trattandosi di una forma di pensiero per analogie. Si tratta della tradizione legata alla Settimana Santa più ricca di simboli ancestrali, che affonda le radici in tempi molto remoti, antecedenti alla stessa venuta di Gesù. Nell’antichità i devoti di Adone, all'approssimarsi della primavera seminavano in contenitori di terracotta chicchi di grano, che facevano germogliare in assenza di luce. Con queste nuove piantine ornavano, nei giorni antecedenti l'equinozio di primavera, il sepolcro della loro divinità, il giardino di Adone, propiziandone la resurrezione.
Settimana santa in Sicilia: il "Cristo flagellato alla Colonna" di Ispica
di Pippo Oddo
Leonardo Sciascia sosteneva che «non c'è paese in Sicilia, in cui la passione di Cristo non riviva attraverso una vera e propria rappresentazione, in cui persone vive o gruppi statuari non facciano delle strade e delle piazze il teatro di quel grande dramma i cui elementi sono il tradimento, l’assassinio, il dolore di una madre».
giovedì 17 aprile 2014
Ferito da toro e travolto da bovini, muore allevatore di Marineo
di Piazza Marineo
Un bracciante agricolo di Marineo è rimasto vittima di un incidente sul lavoro in contrada Tagliavia.
Michele Spinella, 53 anni, è morto dopo esser stato ferito da un toro e poi travolto da altri bovini. Sul corpo dell'uomo sono state riscontrate dai soccorritori numerose ferite che fanno pensare a questa dinamica dei fatti. A dare l’allarme erano stati i familiari quando avevano visto che il loro caro tardava a rientrare a casa. La tragedia è avvenuta ieri in contrada Tagliavia, nella zona del Borgo Saladino a Monreale. Le indagini per ricostruire le fasi dell'incidente sono condotte dai carabinieri.
Nuova Busambra, presentazione della rivista a Termini Imerese
di SiciliAntica
Organizzato da SiciliAntica si terrà giovedì 17 aprile alle ore 18, presso la Libreria Caffè Punto 52 a Termini Imerese, la presentazione della rivista Nuova Busambra, quaderni di natura, culture e società.
In particolare il numero è dedicato a Francesco Carbone, intellettuale di alta levatura che ha operato nella seconda metà del Novecento, fondatore di Godranopoli. Previsti gli interventi di Alfonso Lo Cascio, della Presidenza Regionale di SiciliAntica, Ciro Cardinale, Vice Direttore della Rivista Espero e Santo Lombino e Paola Bisulca, Redattori. La rivista “Nuova Busambra” è frutto di un lavoro collettivo di analisi della realtà in cui si vive, caratterizzata da forti contraddizioni e ritardi, ma anche da buone pratiche da parte di minoranze attive in diversi settori della società. Sulla scia di un’intuizione di Francesco Carbone, intellettuale di alta levatura che ha operato nella seconda metà del Novecento, donne e uomini di diverso orientamento hanno costruito a partire dal 2012 uno strumento pluralista utile allo sviluppo di una coscienza critica, alla trasmissione della memoria tra le generazioni, alla conoscenza ed alla valorizzazione delle risorse culturali, storiche, ambientali, economiche dell’area geografica e umana che sta attorno a Rocca Busambra. Uno spazio aperto alla riflessione, alla creatività e all’immaginazione, un punto di osservazione e di documentazione che si rafforzi attraverso il confronto con la più vasta realtà contemporanea, in modo da “agire localmente, ma pensare globalmente”.
mercoledì 16 aprile 2014
Dopo le dimissioni di Cangialosi, treno Barbaccia sempre fermo al capolinea
di Barbara Cangialosi (Segretaria Pd)
A soli dieci mesi dall’insediamento dell’amministrazione Barbaccia, Alberto Cangialosi, l’ormai ex assessore con delega a Sport, politiche giovanili, agricoltura e zootecnia, rassegna le sue dimissioni.
Le motivazioni sono chiare e inequivocabili: lascia perché “invischiato nell’immobilismo di un’amministrazione che, ad oggi, sembra ancora versare in uno stato catatonico”. Oggi possiamo solo prendere atto che quello che abbiamo in tutti questi mesi ribadito e che abbiamo più volte sottolineato, trova riscontro nelle dure parole di chi ha vissuto dall’interno il disastro dell’amministrazione Spataro/Greco. L’immobilismo, la mancanza di iniziative progettuali, l’incapacità di gestire fondi già ottenuti e di valorizzare traguardi raggiunti dalla popolazione marinese, rendono il paese ostaggio di un gruppo che in questi dieci mesi si è solo preoccupato di placare i crescenti dissidi interni, dovuti a meri interessi personali. Oggi di fatto ci viene spontaneo costatare che l’unico ruolo evidente del Sindaco Barbaccia è quello di essere il liquidatore del fallimento del suo stesso progetto politico: non “un treno in corsa, perché questo treno, in realtà non è mai partito”. Chiediamo pertanto che si assuma, per la prima volta, la responsabilità di una scelta politica rassegnando le proprie dimissioni e rimettendo il mandato nelle mani dei cittadini.
martedì 15 aprile 2014
Settimana Santa a Marineo: la "troccula" scandisce i tempi dei riti
di Nuccio Benanti
MARINEO. La “troccula” è lo strumento sonoro che scandisce i tempi dei riti della Settimana Santa a Marineo.
Usata, come intermezzo, nei canti della Passione del giovedì. Impiegata per annunciare la processione del venerdì santo. Utilizzata nel corso delle giornate di venerdì e sabato per “segnare” strade e piazze con il suo suono metallico. Lo strumento marinese è realizzato con una tavola di legno duro, preferibilmente olmo, dalla quale, attraverso un foro rettangolare, si ottiene un manico per la presa del suonatore. Sui due lati della tavoletta vengono applicate delle maniglie in ferro, ognuna delle quali, una volta scossa, deve andare a battere, a destra e a sinistra del legno. Questo meccanismo ricorda quello usato nella “porta con mezzaporta” della civiltà contadina, sulla quale, appunto, veniva applicata una maniglia di ferro battente. Nel dialetto locale “trucculiari” significa anche «bussare alla porta». Ma i suoni possono essere anche interpretati come “lu scrùsciu di li catini” (il rumore delle catene) legate ai piedi di Cristo, condannato a morte. Così, nell’immaginario collettivo, le “troccule” (idiofono a percussione reciproca) percorrono le vie del paese per bussare, per chiamare a raccolta uomini buoni e peccatori che dormono, che sono distratti dal lavoro o da altre faccende, quindi insensibili al dramma che sta per compiersi: "Tri bboti cci ha passatu, ddu Gèsu di sta strata, chista è l'urtima chiamata, emulu a visitari".
lunedì 14 aprile 2014
MarineoSolidale, un concorso fotografico dal tema "Gli altri e noi"
di MarineoSolidale
MarineoSolidale onlus in occasione del decennale della sua attività a Marineo, in collaborazione con il Cesvop, lancia un concorso fotografico sul rapporto con gli altri, la percezione del sistema di relazioni con le persone, l’ambiente e le cose, invitando a guardare la realtà attraverso l’obiettivo di una fotocamera.
L’iniziativa vuole anche essere un’occasione di riflessione sul tema del volontariato, definendo il ruolo che ha nella crescita della coscienza civile e nella scoperta, da parte del mondo giovanile, dei valori condivisi di una società che si va profilando sempre più multiculturale. Vedere guardare agire, analizzare la realtà, fare emergere i sogni e i bisogni; mettersi in gioco per scoprire insieme cosa si può fare, cosa ciascuno può fare e come può essere protagonista nei processi di cambiamento e costruzione della società come cittadini attivi e responsabili. La proposta mira a coinvolgere i giovani della delegazione Cesvop di Marineo, i ragazzi dell’accademia di Belle arti di Palermo e i docenti di riferimento per la ricerca fotografica; adesioni già si sono registrate dai giovani dell’ oratorio salesiano BelleVille della capitale del Burkina Faso Ouagadougou e dai giovani di Sainte-Sigoléne, cittadina francese con la quale Marineo è gemellata da 30 anni. L’esito della ricerca mira a realizzare una Mostra fotografica ("Gli altri e noi") nella prossima estate dove gli scatti selezionati saranno accompagnati da un pensiero dell’autore sul suo vissuto in rapporto alla realtà presentata. Sono previsti premi per le prime tre opere classificate. Per maggiori informazioni e contatti visitate il sito dell’associazione MarineoSolidale.
venerdì 11 aprile 2014
L’aspra contesa. Scontri campanilistici nell’800 tra Marineo e Bolognetta
di Santo Lombino
Le relazioni di amicizia, di parentela, i matrimoni, i rapporti di lavoro e di commercio tra gli abitanti dei comuni limitrofi di Ogliastro-Bolognetta e Marineo sono stati assai intensi sin da quando sono nate le due comunità ed ai giorni nostri il loro ampliamento e sviluppo rendono ormai impossibile una separazione netta tra le due popolazioni.
Non molti forse si sorprenderebbero se venisse proposta l’unificazione amministrativa tra i due paesi. In passato i rapporti di buon vicinato hanno convissuto, come accadeva in tanti altri casi, con manifestazioni più o meno accese di campanilismo, con reciproci scambi di accuse, confronti e competizioni in ogni settore, battute più o meno salaci. Gli abitanti di Marineo, ad esempio, venivano apostrofati col dispregiativo tabbariati, ovverossia, come spiega il vocabolario di Antonino Traina, “linguacciuti”. Per tutta risposta, i marinesi marchiavano gli ogliastresi con l’appellativo di panzuti. La pancia di molti di loro, infatti, cresceva a causa dell’ingrandirsi del fegato dovuto alla malaria, causata della presenza di zone paludose a valle dell’abitato. “Il fegato man mano s’ingrossava e vedevi tutta questa gente qua... con la pancia grossa grossa. Panzarotti li chiamavano…”, ha scritto Antonio Pennacchi nel romanzo “Canale Mussolini” a proposito di quanto avveniva nel Lazio, nelle paludi pontine dei primi decenni del XX secolo. Capitò anche che si passasse dalle parole (e dai pregiudizi) ai fatti, e che si arrivasse perfino a scontri fisici di massa. A metà Ottocento una furibonda contesa portò abitanti della futura Bolognetta e di Marineo a comportamenti così gravi da indurre la magistratura e la polizia borbonica ad intervenire severamente. Due documenti conservati nell’Archivio di Stato di Palermo ci informano che tutto ebbe inizio a S. Maria di Ogliastro un lunedì di Pasqua, il giorno 12 aprile 1852, probabilmente nei giorni della festa straordinaria per il patrono sant’Antonio da Padova. Si tenne allora per le strade del paese la tradizionale corsa dei cavalli, a cui solitamente assisteva una folla di persone convenute da diversi centri. In quella occasione “accadeva briga tra Vincenzo Romano da Ogliastro e un marinese” non meglio identificato. Ciascuno dei due sosteneva infatti che era stato il fantino della propria scuderia a conquistare la palma della vittoria nella competizione. Gli animi si esacerbarono al punto che solo l’intervento di Antonino Castellini, giudice regio di Misilmeri, al cui mandamento apparteneva Ogliastro, evitò che si arrivasse ad aperta violenza tra sostenitori dei due gruppi. La tregua era però solo apparente: a tarda sera un gruppo di abitanti di Marineo fu cacciato via a sassate e i festeggiamenti furono prematuramente interrotti. Il fuoco covò sotto la cenere da aprile ad agosto, fino ai festeggiamenti in onore di San Ciro, patrono del paese sotto la Rocca, che si svolgono annualmente nella seconda metà di quel mese. Fu allora che il contendente marinese, unitosi ad altri compaesani intenzionati a vendicare l’offesa, sorprese col favore del buio, “a circa un miglio“ dal centro abitato di Marineo, e “malmenò forte a pietre” l’avversario Romano e i suoi amici, mentre questi facevano ritorno al loro paese. Per sfuggire all’agguato, riferì al Direttore di polizia ed al Ministero degli interni il giudice regio Vincenzo Vergallo, “uno di loro dovette precipitarsi per il pendio di una contrada che denominasi la guerra onde evitare che male ne venisse”. La riposta non si fece attendere. “Crucciati gli ogliastresi di una vendetta inopportuna, vandalicamente pensarono la dimani vendicare l’offesa sopra due marinesi che per azzardo trovavansi nel territorio di Ogliastro e che nessuna parte aveano avuto nei precedenti occorsi e li percossero gravemente sol perché erano naturali di quel comune”. Uno di loro “ebbe rotto il braccio e la scapola”. La banale diatriba nata durante una festa paesana si era trasformata in un serio problema di ordine pubblico che minacciava la tranquillità delle popolazioni. Le autorità del Regno erano seriamente preoccupate che la “gara municipale tra i due comuni oramai divenuti rivali” arrivasse a produrre nella zona gravi disordini con “tristi conseguenze”. La lite era degenerata in faida, rendendo impossibile non solo alle due tifoserie, ma a tutti gli abitanti dei due paesi la libera circolazione per motivi di lavoro, per commercio, per altre necessità, nel territorio confinante. Così i magistrati competenti ai primi di settembre concertarono di ricorrere alle maniere forti ordinando l’intervento delle forze dell’ordine. Il giudice di Misilmeri dispose l’arresto degli ogliastresi Vincenzo e Placido Romano, Antonino Bertola, Gaspare Oddo e Giovanni Fusillo, sospettati di avere percosso i due marinesi; il giudice regio di Marineo da parte sua fece ammanettare nel comune di sua competenza Giuseppe, Carmelo, Salvatore e Raffaele Delisi, Domenico Sciarabba, Giambattista Lo Proto, indiziati dell’agguato a Romano. Gli undici vengono reclusi nelle carceri circondariali e poi condotti ad Ogliastro, dove erano sorti i primi alterchi, e lì pubblicamente costretti a riappacificarsi “con promessa di stimarsi come a fratelli”. Immaginiamo che la conciliazione tra i due gruppi sia avvenuta in piazza, di fronte ai giudici, ai gendarmi e a grandi ali di folla. Marinesi e ogliastresi furono solennemente avvertiti che ad ogni minima ripresa della disputa avrebbe risposto l’apparato repressivo della “forza pubblica”: chiunque avesse continuato a farsi la guerra sarebbe inesorabilmente ritornato ai ceppi. “I suddetti arrestati”, comunicò con trionfale compiacimento il giudice Vergallo alle superiori autorità dopo aver scongiurato la continuazione all’infinito dello scontro, “sonosi dati un amplesso di pace e gli uni e gli altri hanno fatto solenne e pubblica promissione di guardarsi per lo avvenire come ad amici e fratelli in veneranza delle leggi e della tranquillità che il Real governo ha prescrittto”. Fu così interrotta la spirale di violenza e riportata la calma tra gli abitanti dei due “comuni vicinissimi tra i quali da tempo antichissimo hanno esistite relazioni di parentela, d’industria ed interesse”.
giovedì 10 aprile 2014
Marineo, proposta di referendum per cambiare i toponimi risorgimentali
di Pier Giuseppe Sciortino
Inviata al Sindaco, alla Giunta municipale e al Consiglio comunale di Marineo una proposta di referendum per cambiare i toponimi risorgimentali di alcune vie: Corso dei mille (in Corso del popolo meridionale), via Unità d’Italia (ex via del Re in via Francesco II), piazza Sainte Sigoléne (in piazza Beata Maria Cristina regina del Regno delle due Sicilie), via Bixio (in via delle Vittime di Bronte 1860).
Se non avessimo creduto che soli 1000 e poco più (1089) imbarcati su due vecchi piroscafi alla volta di Marsala non erano comandati da attenti ufficiali di un esercito (inventato) capaci di eludere la seconda potenza marittima mondiale e prima del Mediterraneo. La spedizione dei mille, dovevano rispedirli al mittente!. Se non avessimo creduto che pur dovendo sbarcare cavalli, armi, vettovaglie, cannoni, con un piroscafo che sfortunatamente arenato, questi mille eroi sono stati attenti a non farsi scoprire da un esercito allertato e organizzato. (Strano se si pensa che avessero pure le camice rosse e si muovevano nei paesaggi meravigliosamente verdi della Sicilia di maggio) Se non avessimo creduto che quei “patrioti” venivano a liberare uno Stato ricco e potente tecnologicamente avanzato in quel secolo. Se ci avessero raccontato che qui mille erano stati finanziati dalla massoneria inglese e quell’eroe dei due mondi che trafficava con le Americhe era diventato gran maestro massone a Londra poco prima di partire da Quarto riempendogli le tasche (regalandogli mezza Caprera e dopo l’altra mezza). Se ci avessero raccontato che un re Savoia cugino di un re Borbone decideva di invadere il suo regno senza alcuna dichiarazione di guerra e che il re Borbone invece aveva promesso al padre su letto di morte la neutralità in quel momento storico che spingeva potenze militari a nuove conquiste. Quel Borbone figlio di una beata: Maria Cristina di Savoia e regina del Regno delle due Sicilie. Se ci avessero raccontato che dopo la conquista (garantita da ufficiali borbonici comprati con oro promesso mai riconosciuto, meglio tangenti non pagate) era giusto che un popolo doveva pagare le spese che l’invasore aveva sostenuto per conquistare il suo territorio; era giusto pagare nuove tasse: di successione (per il 30% del valore ereditato), sul macinato; che era doveroso sottostare alla leva militare per cinque anni e non lavorare la propria terra; che si doveva cambiare moneta, unità di misura ed era pure vietato studiare. Se ci avessero raccontato che tutto l’oro delle casse del Banco di Sicilia e del Banco di Napoli era più del doppio di quello contenuto nelle casse del Piemonte, se nessun meridionale fino a quel maledetto 1860 era mai espatriato per trovare lavoro, se le industrie del Regno di Napoli erano state dismesse, smontate e trasferite al Nord. Si quel Nord che ieri era povero e indebitato oggi ricco e secessionista. Si, se la storia l’ avessero raccontata per come i fatti effettivamente andarono, oggi chiederemmo ai nostri politici di valutare diversamente. Ma a loro interessa conoscere la verità? Del resto a che serve loro? Certo da quel maledetto 1860 si iniziò a parlare di questione meridionale, si perché bisognava farne una questione, e adesso bisognava utilizzare i politici meridionali per una politica anti sviluppo meridionale, poi diamo un contentino e ci metteremo d’accordo. Il malaffare si organizza, proprio da quel maledetto 1860 la mafia si organizza in maniera sistematica. (qual cosa del genere fu detto dal giudice Chinnici in una intervista, siciliano di grande valore, che di mafia sicuramente ne sapeva parlare). Del resto di modi mafiosi ne parla il Manzoni, nella storia che conosciamo tutti ambientata nel 1600 in terra leghista, dove bravi (picciotti) e don (mafiosi) decidevano le sorti dei deboli. Anche quel generale “Garibaldu” chiamava i sui fidi uomini assoldati in Sicilia “picciotti”. E’ facile istupidire le masse impoverendole e opprimendole prima, poi raccontando falsa storia e promettendo ricchezza e libertà. Come quella libertà e ricchezza promesse a Bronte e restituita da quel Bixio con fucilazioni di innocenti esposti cadaveri per fare scena. Come quegli innocenti sciolti nella calce dalla guardia nazionale piemontese, pratica ispiratrice dei mafiosi , invidiata dai nazisti e che scandalizza addirittura l’opinione pubblica londinese del tempo. Perché non ci hanno raccontato la vera storia? Perché dopo 150 anni ci hanno costretti a festeggiare un’Unità così tanto ingiustamente sofferta senza riconoscere il giusto onore ai vinti? Perché ci fanno sembrare tanto meschini, noi che abbiamo accolto le più grandi civiltà del passato e che sappiamo essere tolleranti anzi accoglienti delle diversità culturali. (Costi della liberazione, per me invasione: 5212 condanne a morte, 6564 arresti, 54 paesi rasi al suolo, 1 milione di morti). Ho ritenuto così premettere ad una proposta di referendum online, si, qualcuno l’ha fatto chiedendo di separarsi dall’Italia senza che nessuno ne abbia riconosciuto l’illegittimità, io dico inopportunità. Di cosa si tratta? Un referendum per modificare alcuni nomi a vie e piazze, nulla di illegittimo, illegale, provocatorio, violento. Vorrei partire dal paese dove vivo e lavoro, Marineo provincia di Palermo, a 12 km da Ficuzza dove erge maestoso il Palazzo Reale Borbonico, opera architettonica di pregio per il territorio, progettato e realizzato da Marvuglia.
mercoledì 9 aprile 2014
Mostra mercato al "Don Colletto" di Marineo: tra riciclo e creatività
di Riccardo Monticelli e Massimo Treppiedi
I ragazzi del laboratorio artistico manipolativo “La scuola che vorrei” invitano tutta la collettività alla mostra-mercato presso i locali della Scuola Secondaria Superiore “Don Colletto” di Marineo.
L'iniziativa avrà luogo il 10 aprile, durante il ricevimento scolastico. Saranno venduti oggetti realizzati dagli alunni della scuola, utilizzando anche prodotti di recupero e di riciclo, e il ricavato andrà in beneficenza. Il laboratorio è stato creato per fare attività didattiche diversa, per valorizzare il saper fare e le diverse abilità e migliorare l’integrazione. Coinvolgendo studenti di tutte le classi della scuola.
martedì 8 aprile 2014
Canti del Giovedì Santo, incontro in Chiesa per un archivio della memoria
di Piazza Marineo
Giovedì 10 aprile alle ore 21, in chiesa Madre a Marineo, incontro sui canti del Giovedì Santo con le testimonianze di anziani e giovani cantori, a cura di Franco Vitali e Giuseppe Inguì.
Lo scopo di questi incontri è quello di far conoscere le tradizioni locali, valorizzarle per trasmetterle alle future generazioni. Di cosa si tratta? La notte del Giovedì Santo gruppi di cantori si riuniscono, intorno alla mezzanotte, presso la cappella della Santa Croce, per eseguire gli antichi lamenti dialettali della Passione di Cristo. Dopo le prime esecuzioni solistiche davanti ad un pubblico di fedeli, ogni gruppo segue un itinerario proprio e non prestabilito, che li porterà a girare per i quartieri del paese. Le esecuzioni dei canti tradizionali e dialettali sono intervallate dal suono della “troccula”. I canti più lunghi, come La Passione non vengono quasi mai eseguiti interamente: di volta in volta se ne estrapolano delle parti. I testi sono stati tramandati soprattutto per via orale. A Marineo esistono due libretti con alcuni testi: I Canti dei giovani di Marineo nella notte della Passione del Signore, 1973, curato dal mons. Natale Raineri, ristampato e ampliato nel 1990 a cura dell’associazione Mcl di Marineo. Nel 1997 è stato realizzato un cd rom intitolato Marineo, canti della passione, con 14 canti. Numerose altre testimonianze audio-video, che confluiranno in un archivio collettivo della memoria, sono state registrate, nel tempo, da diversi studiosi.
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