di Santo Lombino
MARINEO. Gli autori di questo interessante volumetto, che si legge tutto d'un fiato data la scorrevolezza e la gradevolezza dell'esposizione, hanno pubblicato una ricerca di storia locale senza cadere nel municipalismo e nell'agiografia.
MARINEO. Gli autori di questo interessante volumetto, che si legge tutto d'un fiato data la scorrevolezza e la gradevolezza dell'esposizione, hanno pubblicato una ricerca di storia locale senza cadere nel municipalismo e nell'agiografia.
Hanno inoltre saputo utilizzare all'interno della ricerca anche osservazioni che derivano da uno sguardo antropologico, capace di andare alla radice dei fenomeni esaminati, per esempio facendoci quasi toccare con mano lo stretto nesso tra le ricorrenze religiose legate al culto di San Ciro, medico eremita martire di Alessandria d' Egitto vissuto nel III secolo d.C., diventato nel 1665 patrono di Marineo (Palermo), e il ciclo stagionale che governa i lavori agricoli. “Ciascuna festa doveva essere celebrata - ha scritto l'antropologo Nino Buttitta - in un tempo preciso, nei momenti in cui in dipendenza dai mutamenti stagionali si passava da un'attività all'altra. L'aratura, la semina, la potatura, la raccolta dei diversi prodotti della terra venivano così a iscriversi in una dimensione religiosa, e i riti a questa connessi assolvevano precipuamente alla funzione di sacralizzare il tempo e lo spazio”.
Il cammino di San Ciro corrisponde anche al cammino di tantissimi che sono andati a vivere negli Stati Uniti, durante la grande migrazione transoceanica dalla fine dell'Ottocento agli anni '60 del Novecento. La comunità di Marineo ha battuto in breccia altri comuni e territori della Sicilia: già nel 1880 c'erano consistenti gruppi di marinesi nella Little Italy di New York e già nel 1891 una colletta tra emigrati aveva condotto alla realizzazione di una statua in bronzo di S. Ciro nella piazza antistante la Chiesa madre. Il “salasso” di popolazione avvenne però tra il 1901 ed il 1013: in quel periodo la cittadina passò da diecimila abitanti a quasi settemila. Sul fenomeno della “grande migrazione” italiana si sono diffusi molti stereotipi, alcuni assai duri a morire. Intanto, i territori italiani da cui cominciarono gli spostamenti significativi di popolazione non sono le regioni meridionali, come molti pensano, ma regioni come il Piemonte, la Liguria, il Veneto, che già dal 1861 diedero vita ad un esodo notevole verso altre parti d'Europa e fornirono masse di passeggeri alle navi in partenza per l'America del Nord e del Sud. Il meridione arrivò tardi, negli ultimi decenni del secolo XIX, mentre all'interno di esso la Sicilia resistette per decenni e partecipò massicciamente alla diaspora con cifre significative solo dal 1901 in poi. Per affrontare i disagi derivanti dalla differenza di lingua, dal carattere più industriale che agricolo della produzione, dalla diversità di costumi e comportamenti, gli emigrati costituirono delle associazioni di mutuo soccorso che ebbero un'interessante evoluzione nel corso dell'Ottocento e all'inizio del Novecento. All'inizio infatti si trattò, a New York come in altre città statunitensi, di organismi promossi dagli esuli risorgimentali con scopi di propaganda politica e di assistenza ai bisognosi. Poi si ebbe il tentativo di dar vita ad associazioni di mutuo soccorso a carattere “chiuso”, su basi regionali o interregionali, promossi in genere da notabili settentrionali. Dopo l'unità d'Italia si cerca di unificare, in genere sotto l'egida del consolato italiano, le precedenti associazioni, che resistono ad ogni tentativo di fusione. Nel ventennio finale del secolo XIX arrivano i meridionali: definiti “urban villagers” o “village-minded” in quanto continuano a vivere nella metropoli americana come se vivessero nel loro paese di partenza, essi conoscono all'inizio due tipi di interazione sociale: la famiglia e il campanile. Si arriva alla formazione di migliaia di sodalizi su base comunale “chiusa”, quindi fortemente campanilistica, che in linea di principio forniscono aiuti ai soci in stato di necessità e danno un sussidio per il biglietto di ritorno ai malati costretti a tornare in Italia. In pratica i club sostituiscono il paese di origine in quanto danno la possibilità di incontrare amici e conoscenti, discutere problemi comuni (lavoro, casa, viaggio), servono a “indirizzare la nostalgia”, consentono ai maggiorenti di essere insigniti di onorificenze altisonanti. Spesso gli organismi di emigrati serviranno a questi ultimi per tentare scalate sul piano sociale, economico e a volte politico, spesso avranno un ruolo nel “padrone system”, cioè nel lucrativo sistema di collocamento della manodopera proveniente dall'Italia sul mercato del lavoro nordamericano. Il culto dei santi e l'organizzazione di feste e processioni da parte dei Club servono a esprimere e conservare, sostiene lo storico Sergio Bugiardini, la lealtà campanilistica. Gli oriundi di Marineo presenti nello stato di New York danno vita, come gli oriundi di Mezzojuso o di Bolognetta, a una associazione di mutuo soccorso intitolata al loro santo protettore, ufficialmente “incorporata” nel 1905 per iniziativa di un notaio-banchiere, Giovanni Maccarrone. Il libro traccia con ricchezza di particolari le origini e le attività della Società San Ciro, presente a New York e a Garfield nel New Jersey. In quest'ultima città stendardi e statue del Santo sono stati trasferiti circa vent'anni or sono, dopo la chiusura per mancanza di soci del Club nuovaiorchese.
Il cammino di San Ciro corrisponde anche al cammino di tantissimi che sono andati a vivere negli Stati Uniti, durante la grande migrazione transoceanica dalla fine dell'Ottocento agli anni '60 del Novecento. La comunità di Marineo ha battuto in breccia altri comuni e territori della Sicilia: già nel 1880 c'erano consistenti gruppi di marinesi nella Little Italy di New York e già nel 1891 una colletta tra emigrati aveva condotto alla realizzazione di una statua in bronzo di S. Ciro nella piazza antistante la Chiesa madre. Il “salasso” di popolazione avvenne però tra il 1901 ed il 1013: in quel periodo la cittadina passò da diecimila abitanti a quasi settemila. Sul fenomeno della “grande migrazione” italiana si sono diffusi molti stereotipi, alcuni assai duri a morire. Intanto, i territori italiani da cui cominciarono gli spostamenti significativi di popolazione non sono le regioni meridionali, come molti pensano, ma regioni come il Piemonte, la Liguria, il Veneto, che già dal 1861 diedero vita ad un esodo notevole verso altre parti d'Europa e fornirono masse di passeggeri alle navi in partenza per l'America del Nord e del Sud. Il meridione arrivò tardi, negli ultimi decenni del secolo XIX, mentre all'interno di esso la Sicilia resistette per decenni e partecipò massicciamente alla diaspora con cifre significative solo dal 1901 in poi. Per affrontare i disagi derivanti dalla differenza di lingua, dal carattere più industriale che agricolo della produzione, dalla diversità di costumi e comportamenti, gli emigrati costituirono delle associazioni di mutuo soccorso che ebbero un'interessante evoluzione nel corso dell'Ottocento e all'inizio del Novecento. All'inizio infatti si trattò, a New York come in altre città statunitensi, di organismi promossi dagli esuli risorgimentali con scopi di propaganda politica e di assistenza ai bisognosi. Poi si ebbe il tentativo di dar vita ad associazioni di mutuo soccorso a carattere “chiuso”, su basi regionali o interregionali, promossi in genere da notabili settentrionali. Dopo l'unità d'Italia si cerca di unificare, in genere sotto l'egida del consolato italiano, le precedenti associazioni, che resistono ad ogni tentativo di fusione. Nel ventennio finale del secolo XIX arrivano i meridionali: definiti “urban villagers” o “village-minded” in quanto continuano a vivere nella metropoli americana come se vivessero nel loro paese di partenza, essi conoscono all'inizio due tipi di interazione sociale: la famiglia e il campanile. Si arriva alla formazione di migliaia di sodalizi su base comunale “chiusa”, quindi fortemente campanilistica, che in linea di principio forniscono aiuti ai soci in stato di necessità e danno un sussidio per il biglietto di ritorno ai malati costretti a tornare in Italia. In pratica i club sostituiscono il paese di origine in quanto danno la possibilità di incontrare amici e conoscenti, discutere problemi comuni (lavoro, casa, viaggio), servono a “indirizzare la nostalgia”, consentono ai maggiorenti di essere insigniti di onorificenze altisonanti. Spesso gli organismi di emigrati serviranno a questi ultimi per tentare scalate sul piano sociale, economico e a volte politico, spesso avranno un ruolo nel “padrone system”, cioè nel lucrativo sistema di collocamento della manodopera proveniente dall'Italia sul mercato del lavoro nordamericano. Il culto dei santi e l'organizzazione di feste e processioni da parte dei Club servono a esprimere e conservare, sostiene lo storico Sergio Bugiardini, la lealtà campanilistica. Gli oriundi di Marineo presenti nello stato di New York danno vita, come gli oriundi di Mezzojuso o di Bolognetta, a una associazione di mutuo soccorso intitolata al loro santo protettore, ufficialmente “incorporata” nel 1905 per iniziativa di un notaio-banchiere, Giovanni Maccarrone. Il libro traccia con ricchezza di particolari le origini e le attività della Società San Ciro, presente a New York e a Garfield nel New Jersey. In quest'ultima città stendardi e statue del Santo sono stati trasferiti circa vent'anni or sono, dopo la chiusura per mancanza di soci del Club nuovaiorchese.
Nuccio Benanti-Ciro Guastella, “Il cammino di San Ciro. Dalle piramidi dell' Egitto ai grattacieli di New York”, PMbook - Marineo (distribuzione gratuita)
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