domenica 22 marzo 2015

Marineo, Francesco Greco raggiunge il traguardo dei 100 anni


di Ciro Guastella
Francesco Greco – don Ciccio come a Marineo lo chiamano con affetto gli anziani – raggiunge il traguardo dei cento anni, godendo di buona salute e perfetta memoria.
Francesco, quinto ed ultimo figlio di Maria Pecoraro e Carlo Greco, è nato a Marineo il 24 marzo 1915. Dotato di intelligenza e volontà, fin da giovane avrebbe voluto impegnarsi al meglio negli studi scolastici, ma fu avviato, come nel passato spesso accadeva, nell'economia e nella tradizione delle famiglie degli artigiani (il padre era esperto ebanista) al mestiere di fabbro ferraio, che per alcuni anni esercitò in verità senza eccessivo entusiasmo. Chiamato alle armi all’età di 22 anni, prestò servizio di leva a Verona per l’obbligatoria durata di due anni, congedandosi con il grado di caporal maggiore. Nel giugno del 1940, allo scoppio della seconda Guerra Mondiale, venne richiamato e, dopo avere conseguito a Palermo la specializzazione di telegrafista, fu, come tanti altri giovani, in attesa della temuta destinazione ignota decisa dalle autorità del regime fascista dell’epoca. Si trovò a Bari in procinto di essere imbarcato per l’Albania, dove prestò servizio nel Genio telegrafisti per oltre due anni col grado di sergente. Nel 1943, ignaro delle nuove vicende belliche che si erano verificate dopo l'8 Settembre con la caduta di Mussolini, in Serbia fu fatto prigioniero dagli ex alleati tedeschi vicino a Sarajevo, non senza la sorpresa e lo stupore che molti militari italiani sbandati provarono in quei frangenti. Spedito in Germania nel campo di concentramento di Oberkochen, nel bacino metallifero del land Baden-Wurttermberg, fu costretto a lavorare per due anni in un'officina meccanica che costruiva mitragliatrici. Francesco ricorda ancora oggi, col tono lieve e talvolta scherzoso che caratterizza il suo racconto, quei due terribili anni di lavoro coatto, di soprusi e di fame. Il 17 aprile del '45 morirono 59 persone: fu il giorno più terribile delle tre settimane di bombardamenti fatti dagli aerei americani su quelle stesse fabbriche dove era costretto a recarsi ogni mattina, con quel tumulto confuso di speranza e terrore che suscitava il suono delle sirene che annunciavano la gragnuola delle bombe americane. Lasciato a se stesso alla fine della guerra, tra le rovine di una Germania sconfitta, fu libero di tornare a casa nel settembre del 1945. Dopo un lunghissimo viaggio, su treni lenti e affollati, su binari semi-distrutti dai bombardamenti, rientrò finalmente, lacero e affamato, in Italia. A Marineo l’attendeva la famiglia rimasta per lungo tempo priva di sue notizie. Appena in grado di riprendere le forze, messe a dura prova dallo stato di denutrizione patita, trovò lavoro insieme al fratello Salvatore, già impegnato in attività forestali, nel bosco della Ficuzza. Inoltre, alla ripresa delle opere pubbliche che avrebbero trasformato le arretrate condizioni economiche della Sicilia, lavorò sempre col fratello nelle forniture dei materiali per la costruzione di strade e della diga dello Scanzano. Il padre Carlo, che dal 1948 al 1952 era stato sindaco di Marineo, alla fine del suo mandato, forte del prestigio guadagnatosi e della stima della cittadinanza, lo incoraggiò a dare anch'egli il suo contributo nell'amministrazione del Comune. Dal 1952, Francesco Greco ricoprì incarichi non secondari di consigliere comunale e assessore, compreso quello di vicesindaco, nelle giunte che si susseguirono. Dopo la morte prematura del fratello, diventato unico responsabile delle fortune della famiglia, ma soprattutto stanco delle lotte senza quartiere che nella politica locale andavano assumendo forme sempre meno condivisibili, Francesco prese la decisione di ritirarsi a vita privata. Don Ciccio conduce da diversi anni, quasi a ricompensa di una vita di travagli che i tempi duri della guerra gli hanno riservato, un'esistenza tranquilla, circondato com’è dalle cure e dall'affetto dei familiari e degli amici. Di recente, con visibile orgoglio, ha accompagnato all’altare la figlia Maria. Ora che ha raggiunto l'invidiabile traguardo dei cento anni, godendo di salute e una memoria da fare invidia a chiunque volesse misurarsi nel ricordo degli eventi del secolo passato, rappresenta nel paese un libro vivente di memorie, una rara fonte di notizie orali, proiettato com’è, ancor oggi, verso un futuro che gli auguriamo lungo e sereno.