giovedì 26 dicembre 2013

Papa Francesco: Evangelizzare è rendere presente il Regno di Dio


di Nino Di Sclafani
MARINEO. Come promesso nel mio precedente intervento (leggi), ritorno a parlare degli stimoli suscitati dall’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium. (EG) In particolare cercherò di condividere con i lettori di Piazza Marineo i tratti salienti della parte più corposa del documento che ha suscitato contrastate reazioni da parte di molti osservatori: “La dimensione sociale dell’evangelizzazione”.
“Evangelizzare è rendere presente nel mondo il Regno di Dio”, con questo esordio il papa ribadisce come il ruolo dei cristiani non è esclusivamente votato alla trascendenza, al moto verticale verso Dio, ma necessita dell’instaurarsi di una relazione con i fratelli improntata ai valori del Vangelo. L’annuncio, o “kerygma, possiede un contenuto ineludibilmente sociale: nel cuore stesso del Vangelo vi sono la vita comunitaria e l’impegno con gli altri. Il contenuto del primo annuncio ha un’immediata ripercussione morale il cui centro è la carità.” Quando professiamo la comune figliolanza da Dio Padre non possiamo escludere la fraternità dell’intera famiglia umana, relazione potenziata dall’Incarnazione del Figlio che facendosi uomo, nel luogo e nel tempo degli uomini, “non redime solamente la singola persona, ma anche le relazioni sociali tra gli uomini”. A immagine dell’amore trinitario, la comunione divina deve estendersi a quella umana poiché “non possiamo realizzarci né salvarci da soli.” La potenza di questa affermazione scuote le radici stesse delle nostre consolidate convinzioni. Credevamo che una cheta e sonnolente militanza cristiana, tra messe, rosari e processioni, poteva garantirci il pass per il paradiso. Bergoglio sconvolge questa idea e riecheggia l’interrogativo divino lanciato a Caino “Dov’è Abele tuo fratello?”. Come allora, siamo soliti oggi rispondere di non essere noi i “custodi” dei fratelli, in realtà senza la dimensione orizzontale che ci orienta verso il prossimo a nulla vale il solitario e sterile esercizio di pie pratiche. A conferma di quanto detto il pontefice rafforza il proprio pensiero in EG 179 con numerosi riferimenti biblici, rimarcando come spesso la familiarità di certi brani evangelici, ripetuti meccanicamente, ci distrae dallo loro dirompente forza. Questa tensione prospettica verso il prossimo non deve “intendersi come una mera somma di piccoli gesti personali nei confronti di qualche individuo bisognoso”, bensì ha come obiettivo qualcosa di più grande: la costruzione del Regno di Dio sulla terra. Ciò visto in una prospettiva storica e non relegato ad una proiezione escatologica. Solo se Dio “riuscirà a regnare tra di noi, la vita sociale sarà uno spazio di fraternità, di giustizia, di pace, di dignità per tutti.” Ecco dunque che “tanto l’annuncio quanto l’esperienza cristiana tendono a provocare conseguenze sociali.” Così la Chiesa non può limitare la sua azione a “preparare anime per il cielo” ma ha il dovere di esprimere opinioni finalizzate alla promozione umana, che abbiano come oggetto l’ordine sociale ed il bene comune. “Una fede autentica – che non è mai comoda e individualista – implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo, di trasmettere valori, di lasciare qualcosa di migliore dopo il nostro passaggio sulla terra.” Compito della Chiesa non è quello di surrogare lo stato o la politica, ma ha l’obbligo di stimolare la società sui temi della giustizia e della pace. Da più di un secolo, e precisamente dalla Rerum Novarum di Leone XIII, il magistero è intervenuto sui temi sociali ponendo alla società interrogativi e denunciando storture. Tutti questi contributi hanno formato il corpus della Dottrina Sociale della Chiesa a cui fa continuamente riferimento l’EG. E' indiscutibile che l'uomo sia proiettato verso la vita eterna, vita di pienezza e di incontro definitivo con Dio, ma Egli da Padre buono "desidera la felicità dei suoi figli anche su questa terra", al loro servizio c'è l'intera creazione perché "tutti" possano goderne. Il papa chiude questo gruppo di riflessioni con una sintesi che in questo giorno di Natale ci rende la misura della nostra Speranza: "Amiamo questo magnifico pianeta dove Dio ci ha posto, e amiamo l’umanità che lo abita, con tutti i suoi drammi e le sue stanchezze, con i suoi aneliti e le sue speranze, con i suoi valori e le sue fragilità. La terra è la nostra casa comune e tutti siamo fratelli."