di Elisa Ribaudo
MARINEO. Quest’estate ho vissuto un mese in Tanzania per il campo di lavoro 2011 dell’Associazione Carlo Lwanga di Marineo.
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Il campo di lavoro è stato tanto bello quanto duro, diciamo intenso. Si lavora tutto il giorno. Ci sono momenti in cui dici “ma chi me l’ha fatto fare?!”, e altri in cui vorresti che non finisse mai. Ma alla fine, quando l’aereo atterra a Palermo, ti viene da piangere, perché è finito tutto.
Quando si pensa all’Africa, ci vengono in mente paesaggi differenti, animali diversi; ma sono soprattutto le persone ad essere diverse. Siamo abituati sin da piccoli, noi e loro – gli africani, ad affrontare la quotidianità in maniera diversa. Siamo inoltre abituati a relazionarci con il prossimo in maniera del tutto differente dalla loro. Un esempio? L’ospitalità. Tale parola, qui da noi, spesso significa “Ti offro un caffè?!”, anche quando in quel caffè vorremmo metterci del veleno. Bisogna ammetterlo, spesso lo facciamo per pura formalità, affinché poi gli altri non abbiano di che parlar male di noi.
In Africa capita che una persona non abbia nulla da offrirti, né caffè, né un salotto, nulla. Eppure ti apre tutto ciò che ha: il suo cuore.
(continua)