lunedì 26 maggio 2008

Emigrazione: ciò che è grande ed essenziale richiede di essere ballato


(nb) Musiche, parole e danza per raccontare l’esperienza migratoria di otto donne siciliane negli anni Cinquanta. Lo spettacolo è stato messo in scena ieri sera dalla compagnia Passincanto, diretta da Angela Abbigliati, con testi, regia e coreografia di Patrizia Veneziano Broccia. L’iniziativa è stata patrocinata dalla Provincia Regionale di Palermo in occasione della festività del SS. Sacramento. «Finora – ha detto Patrizia Veneziano Broccia – lo spettacolo è andato in scena solo all’interno dei teatri. Questo di Marineo è il primo appuntamento itinerante in un paese della provincia, dove il fenomeno dell’emigrazione è molto sentito dalla popolazione. Questa sera, con la cornice del castello marinese, raccontiamo l’esperienza migratoria di alcune donne siciliane accomunate dalla scelta migratoria, ma con motivazioni ed esperienze di vita diverse».

1 commento:

Anonimo ha detto...

Le migrazioni, come fenomeno di spostamento di popoli o di piccoli gruppi da una zona all’altra, da una nazione all’altra, da un continente all’altro, hanno da sempre animato la vita culturale della terra, rappresentando un importante fattore di sviluppo, poiché hanno costituito una risposta positiva agli squilibri climatici, demografici, economici, sociali.

Nell’era moderna il ciclo più significativo di spostamenti è stato senz’altro quello dei flussi diretti dalla vecchia Europa alle nazioni nascenti dell’America. A fine Ottocento avvenne, infatti, la riscoperta di questo continente come potenziale mercato del lavoro.

Ma cosa succedeva quando, attraversato l’oceano Atlantico, l’emigrante si trovava di fronte "la Merica"? Il senso di impotenza era forse il sentimento più forte e l’estraneità sembrava insuperabile nel nuovo ambiente. Conseguenza di questo disagio era la formazione di comunità di connazionali isolate rispetto al nuovo contesto.

Così, nell’affrontare un paese sconosciuto, le famiglie, le parentele allargate, i rapporti di conoscenza dei paesi di origine diventavano ancora più importanti: addirittura vitali.

Gli italiani cercarono di ricreare gli ambienti di casa, dando vita alle Little Italies, disseminate di simboli nazionali, insegne nei negozi scritte in italiano, bandiere e immagini religiose votive agli angoli delle vie. In questo contesto, le tradizioni, la lingua, i momenti festivi collettivi erano occasione di comunione, coesione, ostentazione dell’intera comunità. Circoli e associazioni religiose favorivano, inoltre, l’incontro e la socializzazione tra connazionali.

Nel 1909, a Manhattan, in una vetrina di un negozio che si affacciava su Elisabeth street faceva la sua comparsa una statua d’argento di san Ciro.

La religione del paese e il sodalizio in nome del santo protettore costituivano l’unico punto di riferimento per la comunità e l’unico sostegno nei momenti di difficoltà.

Nell’associazionismo e nei rapporti di parentela, certo, ma è anche nella cucina, nella musica, nella danza, nella letteratura, nel cinema che si manifesta l’universo culturale e la rete dei rapporti sociali dell’emigrante.

Questi sono tutti mezzi per mantenere un legame con il proprio passato, ma anche solide basi per il presente e per il futuro.