venerdì 21 marzo 2014

La panchina di Guastella. Dennis DeCesaris: eroe di una guerra inutile


di Ciro Guastella
La famiglia Cesario proveniva da Latina una città della Ciociaria. Vittorio aveva studiato in Italia e prestato servizio nell'Esercito. 
Subito dopo la seconda Guerra si era trasferito in America, rendendosi subito conto che il cognome italiano, che finiva con una vocale, gli impediva di accedere a molti impieghi. Era la realtà di quei tempi: prevaleva un clima politico e sociale che portava a giudicare gli uomini semplicemente dalla provenienza d'imbarco. L'America, generosa quanto mai, ha dimostrato anche i suoi lati negativi quando ha lanciato il contrasto al crimine organizzato prendendo però di mira una intera etnia (quella italiana) nella quale c'era sicuramente una percentuale di gente appartenente a quella risma. Le antipatie e le discriminazioni sono continuate nel tempo: la stampa, la televisione ed il cinema in special modo sono stati responsabili per aver affibbiato all'italiano, e al siciliano in particolar modo, un profilo cinico di uomo dedito alla violenza. Oggi le cose sono migliorate, non si c'è più quello stereotipo che c'era prima, specialmente per la seconda generazione di italiani nati e cresciuti negli States e che ora occupano posizioni di prestigio in tutti i campi: politici, giuridici, finanziari, scientifici, educativi e commerciali. Vittorio Cesario, come tanti altri, americanizzò il proprio nome, cioè cambiò legalmente i suoi dati anagrafici in modo da firmarsi Victor DeCesaris. Dennis DeCesaris era il figlio più piccolo di Victor, un ragazzo molto vivace e solido come una roccia che di statura arrivava a solo mt. 1,53. Verso la fine degli anni '60, Dennis fu invitato a presentarsi all'ufficio di leva (in quell'epoca il richiamo era obbligatorio, mentre oggi arruolarsi è facoltativo). Malgrado la statura, e considerato che la Guerra del Vietnam continuava a falciare migliaia di vite della gioventù americana, a Dennis fu ordinato di partire per il Vietnam. Fu una Guerra inutile, spietata e senza speranze di vittoria, combattuta in una giungla dove i padroni di casa avevano il vantaggio di conoscere il terreno palmo per palmo. Dennis si fece onore durante un’azione sotto il fuoco nemico e riuscì a salvare la vita di tre commilitoni feriti. Egli amava ricordare un altro episodio, quando alcuni soldati di colore gli avevano salvato la vita e riconosceva in loro il coraggio di essere vissuti in luoghi dove la sopravvivenza era una lotta cruda che li aveva preparati quindi ad ogni tipo di sfida. In America la critica contro la guerra in Vietnam intanto aveva raggiunto un alto apice negativo nell'opinione pubblica. Il Presidente Johnson decise di non ricandidarsi alle nuove elezioni e Richard Nixon venne eletto Presidente dopo aver promesso il ritiro completo delle truppe dal Vietnam. Dennis rientrò in Patria con una certa amarezza. L'America ormai odiava quella inutile Guerra e, di riflesso, anche i militari. Così non ci fu alcuna parata o celebrazione per dare il benvenuto ai soldati che ritornavano. Per oltre trent'anni ho lavorato con Dennis. Avevamo un turno di lavoro che ci faceva rientrare verso casa a mezzanotte, viaggiavamo nella metropolitana. Ricordo una sera che ad una fermata del treno venne a bordo un colosso di uomo apparentemente ubriaco con la sigaretta in bocca. Senza esitazione Dennis l'apostrofò: "Se non spegni quella sigaretta io e l'amico mio (additando me) ti rompiamo la faccia". Mentr'io rimanevo esitante, quello buttò per terra la sigaretta scusandosi. I preparativi per l'evento sono in corso, ci troveremo in un ristorante dove si celebrerà il ritiro dopo 40 anni d'impiego di Dennis. Dennis DeCesaris: orgoglioso delle sue origini italiane, medaglia al valore, attivo in tutti i campi, che ha fatto volontariato senza cercare ricompense e che mai si è arreso di fronte alle difficoltà; un uomo che ha amato la sua Patria e crede di aver lottato per difendere il suo onore, finalmente potrà godersi un meritato riposo. Congratulazioni Dennis!